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ROSARNO – La casa del clan Pesce, il lussuoso ritrovo nel quale avvenivano i vertici con i boss, è ridotta ad un cumulo di macerie. A Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, carabinieri e polizia hanno isolato la zona mentre le gru portavano a termine la demolizione che nessuno, per anni, aveva voluto affrontare. Alla fine, a farsi carico dei lavori è stato Gaetano Saffioti, l’imprenditore di Palmi che vive da 17 anni sotto scorta dopo aver fatto arrestare con le sue denunce decine di ‘ndranghetisti della Piana di Gioia Tauro.

VIDEO: ECCO COME CROLLA LA VILLA DELLA ‘NDRANGHETA

A chi gli chiede cosa lo abbia spinto, lui risponde che l’ha fatto per suo figlio: «Ho paura solo di immaginare mio figlio in questo mondo malato», ha detto ai microfoni del Giornale Radio Rai. «Il futuro della mia terra – ha detto Saffioti – sarà positivo solo se ci sarà una ribellione di mentalità: è la ragione per cui sono rimasto qui dopo aver denunciato oltre cinquanta boss. Voglio dimostrare che la vita non solo continua, ma migliora. Solo restando, si può vivere in questa terra cercando di farla migliorare. E se vogliamo dare un futuro migliore ai nostri figli, – ha concluso – questa è la strada da fare. Se non lo facciamo noi calabresi, chi lo fa?».

Saffioti ha  saputo dire no ai soprusi e alle violenze di un sistema criminale, difendendo la sua dignità e la sua libertà. Ogni giorno a rischio della vita, nell’isolamento e nella solitudine di una vita sotto scorta. E ora, dalle ruspe della sua impresa, arriva un altro schiaffo alla ‘ndrangheta.

La casa demolita era stata realizzata a metà degli anni ’80 in piena zona archeologica senza che nessuno dicesse nulla. Circa 250 metri quadrati lussuosi che nel 2003 Peppe Lavorato, all’epoca sindaco di Rosarno, acquisì al patrimonio comunale per la demolizione. Un atto coraggioso quello di Lavorato che portò poche settimane dopo all’esplosione di decine di colpi di kalashnikov sulla facciata del nuovo palazzo comunale. 

Da allora si susseguirono una serie di bandi pubblici andati regolarmente deserti. L’ultimo lo fece l’attuale sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi lo scorso anno. Ma nessun imprenditore, nonostante la crisi, accettava quel lavoro. Fin quando non è stato contattato Saffioti.

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