POCO più di un anno fa si era rivolta alle istituzioni chiedendo una cosa ovvia, una cosa che ad una madre non si dovrebbe negare: la possibilità cioè di vedere almeno per una volta, prima di perdere completamente la vista, la figlia Viviana. Si tratta di una diversabile di 22 anni che all’età di otto le era stata sottratta dal tribunale di Torino ed affidata ad una casa di accoglienza di Cirié, grosso comune dell’hinterland del capoluogo piemontese. La donna e il marito (poi deceduto) erano stati infatti ritenuti incapaci di accudirla in maniera adeguata.All’epoca raccontammo in esclusiva sul Quotidiano la storia di Teresa Bazzacco, 50enne di origini pavesi ma residente a Filadelfia dove faceva la badante, e il suo appello fece subito rumore. Oltre alla stampa locale, se ne occuparono infatti anche vari giornali e tv nazionali, lei stessa venne chiamata a Milano negli studi Mediaset dove a Canale 5 raccontò a parole sue la dolorosa vicenda nel programma “Pomeriggio Cinque”. Ricordiamo ancora, inoltre, il collegamento in diretta fatto da Rai 1 Mattina con l’umile dimora di Filadelfia dove la donna lavorava.
Su giornali e tv si sprecarono gli attestati di solidarietà, avvocati e psicologi s’impegnarono pubblicamente ad attivarsi con chi di competenza per far sì che il sogno di Teresa si concretizzasse: poter finalmente vedere la figlia, da tempo costretta su una sedia a rotelle. Per facilitare la decisione del giudice tutelare e della dirigenza della casa di Cirié la poveretta aveva proposto la mortificante limitazione di poterla vedere da dietro un vetro a specchio. Impegni roboanti, quelli ascoltati in Tv e sui giornali, con tanto di inevitabile ritorno mediatico per gli intervistati), un’avvocatessa si offrì addirittura per il patrocinio gratuito… Purtroppo però risultati zero. Già questo, e cioè le promesse mancate e gli impegni disattesi, sarebbe un motivo valido per tornare ad occuparci di Teresa Bazzacco ma c’è una ragione ancora più grave, drammatica: come riferiscono le assistenti sociali dell’Asp che da sempre seguono il suo caso, alla donna, per via della grave forma di diabete dalla quale è da tempo affetta, sono state amputate entrambe le gambe e lei è ormai quasi cieca. E allora, torniamo a chiederci: perché ad una donna così sfortunata le istituzioni non hanno concesso di vedere la figlia? Una domanda alla quale non riusciamo a trovare una risposta logica. Come ogni persona di buon senso, crediamo che non esista una risposta logica e convincente.
«Nel maggio 2013 – raccontano all’ufficio dell’Asp vibonese – Teresa, dopo una sua intervista a Canale 5 si è sentita male ed è finita in ospedale a Milano, rimanendo ricoverata fino a novembre. Le era stato assicurato che avrebbe visto la sua Viviana in un video (sic!), con la ragazza insieme ad altre assistite, ma nemmeno questa promessa si è poi concretizzata». Tornata da Milano ed incapace ormai di lavorare, la donna, grazie all’impegno delle assistenti sociali che dovettero penare non poco per allestire tutta la documentazione burocratica, venne sistemata prima in una casa di riposo di Limbadi e poi, dopo un’odissea sanitaria tra l’ospedale di Vibo e quello di Reggio Calabria per via di incipienti problemi di deambulazione, in un’analoga struttura di S. Vito sullo Jonio, dove tutt’ora si trova. «A causa del diabete, trascurato e mai curato – continuano le assistenti sociali – le sue condizioni sono andate peggiorando finché circa tre mesi addietro all’ospedale di Soverato sono stati costretti ad amputarle prima la gamba destra e poi la sinistra. Come non bastasse, è sopraggiunta un’altra drammatica conseguenza della malattia, ossia la perdita ormai quasi completa della vista». Impossibilitata dunque a muoversi, immobilizzata su una sedia a rotelle, ormai quasi cieca, Teresa Bazzacco pensa certamente, e lo dice, alle promesse ricevute e non mantenute, a quella sua figlia che avrebbe voluto vedere almeno una volta prima di morire, prima di perdere del tutto la vista.Pensa a tutto ciò ma è impotente. Questa donna minuta, triste e indifesa non può fare nulla contro le colpevoli disattenzioni di chi potrebbe ridarle un sorriso, piccola consolazione ad una vita di amarezze e di stenti. Non può nulla contro le pastoie burocratiche, contro l’habitus mentale di chi mostra di privilegiare l’ossequio ai cavilli legali piuttosto che il diritto di una madre di vedere, sia pure con le dovute cautele, la propria unica figlia il cui ricordo non l’ha mai lasciata.E allora, eccoci qui ad amplificare il suo ultimo e disperato appello: «Vi scongiuro, voi che potete: fatemi vedere mia figlia».
Non ci vede quasi più Teresa ma crediamo ugualmente sia umano accontentarla. Un appello disperato, dunque. Rivolto a chi? Ai media locali e nazionali, al giudice tutelare di Torino, alla dirigenza della casa di Cirié, a qualche politico vibonese particolarmente attento, allo stesso presidente Napolitano. Sarebbe auspicabile anche un passo del prefetto Giovanni Bruno, molto attento finora ai disagi sociali, sia singoli che collettivi, della popolazione vibonese. «Spero nel suo buon cuore, signor giudice tutelare – così Teresa concluse il suo appello all’epoca – glielo chiedo con le lacrime agli occhi». Quegli occhi, a distanza di un anno e mezzo, continuano a piangere.