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PAOLA (CS) – La Conferenza episcopale calabra lavorerà per la stesura di una Nota Pastorale che possa offrire «indicazioni concrete che accompagnano scelte e prassi pastorali» per il contrasto alla criminalità organizzata. Dopo i casi di Oppido Mamertina, San Procopio e Vibo Valentia, solo per citare i più eclatanti, la Chiesa calabrese scende in campo con i suoi vertici e si appresta ad elaborare un documento concreto per evitare ingerenze della ‘ndrangheta nei riti religiosi.
INDAGINI SU TRE CASI NEL REGGINO
La Cec si è riunita oggi a Paola, alla presenza di tutti gli arcivescovi e i vescovi calabresi. La riunione si è aperta con un ringraziamento per la visita di Papa Francesco a Cassano all’Ionio. Ed è proprio dalle parole pronunciate dal Papa in Calabria, con la scomunica per i mafiosi (GUARDA IL VIDEO) che la Conferenza è partita per la sua riflessione, ribadendo che «la ’ndrangheta è negazione del Vangelo».
LEGGI LE PAROLE DEL PAPA SUL CASO OPPIDO
Il presidente della Cec, l’arcivescovo mons. Salvatore Nunnari, «ha esortato tutti i confratelli Vescovi – è scritto nella nota diffusa al termine della riunione – ad offrire ciascuno la propria riflessione sui problemi legati al fenomeno della mafia in Calabria e sugli atteggiamenti che le comunità ecclesiali devono manifestare di fronte a questa “disonorante piaga della società”, che deturpa da fin troppo tempo la vita dei calabresi. Il tutto al fine di prendere “decisioni condivise”, da offrire uno stesso stile di testimonianza cristiana perché venga vissuto ed incarnato all’interno di tutte le chiese calabresi».
LE LINEE DELLA NOTA PASTORALE – Dalla discussione è emerso che è necessario una Nota Pastorale, della quale sono state anticipate alcune linee. In particolare, la Cec ha sostenuto che la ‘ndrangheta «è non solo un’organizzazione criminale che come tante altre vuole realizzare i propri illeciti affari, con mezzi altrettanto illeciti, ma – attraverso un uso distorto e strumentale di riti religiosi – è una vera e propria forma di religiosità capovolta, di sacralità atea».
«Dal momento che la questione mafiosa ha assunto nuovi riflessi in questi nostri tempi – prosegue ancora la Cec – i Vescovi calabresi sono convinti dell’urgenza di un intervento ancora più chiaro e deciso: l’orologio della storia segna l’ora in cui – per la Chiesa – non è più solo questione di parlare di Cristo, quanto piuttosto si essere testimoni credibili di Cristo, luogo della sua presenza e della sua parola. Ciò dà ancor più forza al monito del Santo Padre: la mafia non ha nulla di cristiano ed è dunque fuori dal Vangelo, dal cristianesimo, dalla Chiesa».
LE INDICAZIONI CONCRETE – Nella Nota pastorale troveranno spazio «indicazioni concrete che accompagnano scelte e prassi pastorali. Sono indispensabili regolamenti più incisivi che prevedano preparazione remota e prossima ai gesti che si compiranno – evidenzia il documento – soprattutto prevedano una formazione cristiana vera e permanente. E’ stata espressa con ferma chiarezza condanna assoluta della ’ndrangheta e di ogni altra organizzazione che si opponga ai valori del Vangelo: rispetto per la vita, la dignità di ogni persona e l’impegno per il perseguimento del bene comune».
SPAZIO ALLA CONVERSIONE – La Chiesa calabrese è entrata anche nei termini del reinserimento dei detenuti, sostenendo: «Come per qualsiasi peccatore, nei confronti anche di chi ha subito una condanna definitiva, la Chiesa deve svolgere la sua opera di accompagnamento verso la conversione».
LE TRADIZIONI POPOLARI – «Con riferimento a tutte le espressioni della pietà popolare – dichiara ancora la Cec – occorre ribadire che il Vescovo competente territorialmente, con i suoi Organismi collegiali di partecipazione e corresponsabilità, è l’unico idoneo a valutare la realtà dei singoli fatti ed episodi. I Vescovi della regione sono determinati a darsi e a seguire criteri pastorali comuni, a partire dalla convinzione che la tradizione popolare è un tesoro da custodire e valorizzare come una genuina manifestazione di fede. Eventuali incrostazioni e deviazioni, rischierebbero, se non rimosse di minarne l’autenticità. Le nostre diocesi hanno già discusso nei loro Sinodi, ovvero hanno inserito nei Piani pastorali, gli opportuni antidoti alle infiltrazioni criminali nelle genuine forme della devozione e pietà popolare. Bisogna continuare ad applicarli con tenacia, fin dal primo momento dell’adesione di fedeli a confraternite e organizzazioni di processioni popolari».
SOLIDARIETA’ AI PARROCI – La Conferenza episcopale calabra ha espresso, anche, «solidarietà alla Chiese ed ai loro pastori chiamati a rispondere a letture parziali e forvianti, intensificatesi in occasione degli ultimi eventi che hanno, in questo particolare momento, segnato le Chiese di Oppido Mamertina-Palmi e Mileto-Nicotera-Tropea».
GALANTINO: «NOI SIAMO COL VANGELO» – In un commento rilasciato all’Adnkronos, il segetario generale Cei e vescovo di Cassano Nunzio Galantino afferma: «Mai con la ‘ndrangheta, noi siamo con il Vangelo. Lavoriamo per più Vangelo, carità e chiarezza». Aggiunge Galantino: «Abbiamo confermato il lavoro e la presenza che la Chiesa sta avendo non da oggi rispetto a questa realtà presente in Calabria come in altre regioni. Quello che Papa Francesco ha detto qui a Cassano e a Sibari, è servito soprattutto a chiarire la distanza incolmabile che c’è tra la logica del Vangelo e la logica della malavita».
Il segretario della Cei è chiaro: «Non esistono processioni o devozioni che possano creare un ponte tra queste due realtà. Come vescovi siamo chiamati a lavorare perché tutto questo diventi consapevolezza acquisita da parte di tutti – conclude Galantino – e nessuno venga tentato di fare confusione tra esperienza religiosa e forme deviate e strumentalizzate di religione».
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