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REGGIO CALABRIA – Frana il processo che vedeva tra gli imputati il cerimoniere dell’ex vescovo di Reggio Calabria Vittorio Mondello. Don Nuccio Cannizzaro, parroco di Condera, è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa e a quel punto i giudici hanno ritenuto di non doversi pronunciare sull’accusa di falsa testimonianza per l’avvenuta prescrizione.

Era una sentenza attesissima in città. In ballo c’erano posizioni importanti come quella del presunto boss di Condera-Pietrastorta, Santo Crucitti. Nei giorni scorsi il Tribunale di Reggio Calabria, presieduto da Andrea Esposito aveva rimandato la propria decisione per acquisire nuove carte, ritenute fondamentali dai legali della difesa per accertare l’esistenza della cosca Crucitti nella zona di Condera, così come sostenuto dalla Procura.

E’ in particolare la posizione di Crucitti su cui si muoveva l’attenzione del Collegio. Il collegio giudicante, alla fine, lo ha riconosciuto colpevole solo di intestazione fittizia dei beni. Per lui, quindi, a fronte dei 24 anni richiesti, c’è stata solo una pena lieve (4 anni), come per molti degli altri imputati. E per don Nuccio, che secondo l’accusa avrebbe dovuto scontare 3 anni e 6 mesi, è arrivata invece l’assoluzione. Assolto anche il direttore di una banca, Francesco Gullì, per il quale il pubblico ministero Stefano Musolino aveva chiesto la condanna a 12 anni di reclusione.

Gli unici condannati, insieme a Santo Crucitti, sono suo nipote Antonio Gennaro Crucitti, anche per lui 4 anni di reclusione per intestazione fittizia di beni, e Fortunata Loredana Barchetta: 2 anni di reclusione. 

 

Nel corso del processo l’accusa aveva sostenuto che don Nuccio Cannizzaro aveva fornito false dichiarazioni ad un difensore nel corso del procedimento penale “Pietratosta”. L’ipotesi dell’accusa era che il sacerdote si sarebbe attivato per evitare che a Condera sorgesse l’associazione culturale Harmos, promossa da Tiberio
Bentivoglio, commerciante esponente dell’associazione “Reggio non tace” che è stato vittima di numerose intimidazioni e di un ferimento.

L’atteggiamento di don Nuccio era, secondo la Dda di Reggio Calabria, un modo per evitare che la cosca della ‘ndrangheta dei Crucitti subisse fastidi a causa dell’associazione Harmos. Alla tesi accusatoria si erano fortemente opposti i difensori del sacerdote.

 

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