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Maxi blitz antimafia su tutto il territorio nazionale: 18 arresti, 57 indagati tra cui 8 calabresi e sequestri per oltre 131 milioni


ROMA – Su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, questa mattina (9 luglio 2024) una vasta operazione della Direzione Investigativa Antimafia su tutto il territorio nazionale. Coinvolti oltre 500 operatori, per dare esecuzione a un’ordinanza, emessa dal Gip del Tribunale di Roma su richiesta della Procura di Roma – Direzione Distrettuale Antimafia. Disposte misure cautelari nei confronti di 18 persone, ritenute gravemente indiziate di far parte di due associazioni, con l’aggravante mafiosa, radicate a Roma e finalizzate alla consumazione di estorsioni, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego in attività economiche di proventi illeciti. Reati aggravati dall’aver agevolato i clan di camorra Mazzarella – D’Amico, le cosche della ‘ndrangheta Mancuso e Mazzaferro e il clan Senese.

L’ORIGINE DELLE INDAGINI NEL 2018 CHE HANNO PORTATO AGLI ARRESTI E AI SEQUESTRI NEL MAXI BLITZ ANTIMAFIA

Più in particolare, nel corso della attività di indagine, avviata nel marzo 2018 dalla Direzione Investigativa Antimafia – Centro operativo di Roma con il coordinamento della Dda della Procura di Roma con il procuratore aggiunto Ilaria Calò, sono stati raccolti elementi gravemente indiziari in ordine alla esistenza di una vera e propria centrale di riciclaggio, operante in Roma e con interessi in tutto il territorio nazionale, che si è avvalsa della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento derivante sia dagli stretti legami con le organizzazioni criminali mafiose tradizionali che per l’immediata disponibilità di armi da guerra e comuni da sparo.

SEQUESTRI PER OLTRE 131 MILIONI NEI CONFRONTI DI 57 INDAGATI

Unitamente alle misure cautelari personali il Giudice per le Indagini Preliminari ha disposto il sequestro preventivo di 3 società e per equivalente fino alla concorrenza della somma complessiva di 131.826.000 euro profitto dei reati, nei confronti di 57 indagati, da eseguirsi sui beni nella disponibilità degli stessi.

Questi i nomi degli indagati calabresi coinvolti:

Francesco Addesi, 33 anni, di Soriano (Vibo)
Andrea Betrò, 41 anni, di Tropea (Vibo)
Antonio Cristofer Brigandì, 31 anni, di Vibo
Giuseppe Mario Grillo, 58 anni, di Mileto (Vibo)
Girolamo Audino, 61 anni, di Cittanova (Rc)
Sergio Gangemi, 50 anni, di Reggio Calabria
Samantha Elvira Martino, 37 anni, di Praia a Mare (Cs)
Nicolò Sfarà, 30 anni, di Locri (Rc)

TRA GLI ARRESTI ANCHE I FIGLI DI NICOLETTI (BANDA DELLA MAGLIANA) E DI SENESE

Ci sono anche i figli dell’ex storico componente della Banda della Magliana Enrico Nicoletti e del boss Michele Senese, Antonio Nicoletti e Vincenzo Senese, tra gli arresti nel maxi blitz della Direzione Investigativa Antimafia, coordinata dalla Dda di Roma, che ha portato a 18 misure, 16 in carcere e due agli arresti domiciliari, e a sequestri per oltre 130 milioni di euro. Le accuse contestate, a vario titolo e a seconda delle posizioni, sono di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa, finalizzata a commettere reati di estorsione, usura, armi, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego in attività economiche di proventi illeciti. Aggravati dalla finalità di aver agevolato i clan di camorra Mazzarella-D’Amico, delle cosche della ‘ndrangheta Mancuso e Mazzaferro e del clan Senese.

I FIGLI DEI BOSS A CAPO DELLE ASSOCIAZIONI DI STAMPO MAFIOSO

Nel corso dell’indagine, sono stati raccolti elementi su due associazioni per delinquere. Queste, attraverso una strategia di sommersione, riciclavano ingenti profitti, infiltrando progressivamente attività imprenditoriali in apparenza legali in molteplici campi come la cinematografia, l’edilizia, la logistica, il commercio di auto e di idrocarburi. Sono state costituite così numerose società “fittizie” per emettere false fatturazioni grazie al supporto fornito, tra gli altri, da imprenditori e da liberi professionisti.
Accusati di essere al vertice della prima associazione, sulla quale si è focalizzata fin dall’inizio l’attività investigativa, sono Antonio Nicoletti, figlio di Enrico Nicoletti, e Pasquale Lombardi, insieme a soggetti come Salvatore D’Amico e il figlio Umberto, e Umberto Luongo. Secondo l’accusa, avvalendosi della partecipazione di numerosi soggetti appartenenti agli ambienti della criminalità autoctona romana e di matrice camorristica, sarebbe stata creata una complessa rete di società “cartiere” intestate a prestanome attraverso le quali riciclare ingentissime somme di denaro proveniente dai clan campani.

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