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Secondo l’ultima relazione della Dia, la ‘ndrangheta mira ad infiltrarsi nei lavori del Ponte e in quelli per Giubileo e Giochi olimpici


CATANZARO – Arcaica e moderna al tempo stesso, in grado di guardare a scenari sofisticati ma di rispolverare, all’occorrenza, i metodi violenti, sottovalutata in passato e oggi così potente da essere divenuta un network criminale internazionale e da costituire una minaccia per la democrazia: perché i tentacoli della ‘ndrangheta potrebbero insinuarsi nei lavori sul Ponte dello Stretto, nei Giochi olimpici e paralimpici di Milano-Cortina del 2026, nei fondi Pnrr e nel Giubileo 2025. A lanciare l’allarme è la Direzione investigativa antimafia nella Relazione semestrale sull’attività svolta nel secondo semestre 2023.

«La ‘ndrangheta, nata come ordine malavitoso di tipo rituale essenzialmente ed esclusivamente calabrese, da tempo ha oltrepassato i confini regionali, diventando un network criminale capace di agire con grande disinvoltura nei contesti più diversificati, con un’accentuata vocazione verso i comparti economici, finanziari ed imprenditoriali», scrivono gli 007. La Relazione delinea l’evoluzione di un soggetto criminale transnazionale, che «trova nel narcotraffico l’espressione più immediata di guadagno illegale» e «ha dato un valore aggiunto macrocriminale alle cosche e ai “locali” presenti in Italia e all’estero».

LA ‘NDRANGHETA DIVISA TRA INTERESSI SUI LAVORI DEL PONTE E QUELLI PER IL GIUBILEO MA NON SOLO

Proprio «la disponibilità di ingenti capitali derivanti dal ruolo rilevante nel narcotraffico internazionale – spiegano gli investigatori della Dia – unita a una spiccata capacità di gestione dei diversi segmenti e snodi del traffico, hanno permesso alla ‘ndrangheta di consolidare rapporti con le più importanti organizzazioni criminali omologhe del Centro e del Sud America. Ma negli ultimi anni anche l’Africa occidentale è diventata per le cosche di ‘ndrangheta una «tappa sempre più importante per i propri traffici». In particolare, la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana sono diventate «cruciali basi logistiche per i narcos. A questi Paesi si aggiunge di recente anche la Libia».

Analoghe considerazioni valgono per gli Stati Uniti ed il Canada, Paesi in cui «l’infiltrazione criminale della ‘ndrangheta appare oramai compiuta». Centrale nei traffici di droga il porto di Gioia Tauro: non a caso la Dia cita i dati 2022 della Direzione centrale per i servizi antidroga che attestano che nello scalo calabrese si concentra l’80,35% dei sequestri di cocaina alla frontiera marittima, con un’incidenza del 61,73% sul totale nazionale, in uno scenario in cui si rafforza il ruolo egemone della ‘ndrangheta.

Tra arcaicità e modernità, dunque. Da un lato, la ‘ndrangheta «fa delle regole antiche, dei gradi, delle prassi, delle formule, dei giuramenti, dei santini bruciati ed intrisi di sangue, un elemento di solida coesione, in cui ogni sodale si riconosce e che percepisce come unicum». Dall’altro lato, l’organizzazione criminale è improntata alla «massima flessibilità» ed è caratterizzata da «elevata capacità operativa con un notevole intuito finanziario ed affaristico», al punto da divenire «globalizzata» per la competitività espressa anche nei «mercati internazionali dell’illecito».

UN POTERE CRESCIUTO GRAZIE ALLE SOTTOVALUTAZIONI DEL PASSATO

Grazie alle sottovalutazioni del passato, che le hanno consentito di «assicurarsi potere e risorse grazie anche allo sfruttamento clientelare dei cospicui finanziamenti pubblici di sostegno territoriale», la ‘ndrangheta oggi è in grado di «organizzarsi e svilupparsi in maniera così potente da essere divenuta particolarmente minacciosa per l’ordine economico e democratico, come un sistema attrezzatissimo, moderno, polivalente e policentrico, capace di cogliere, ovvero di creare, qualsiasi impulso finanziario in grado di agevolare le operazioni di money laundering (riciclaggio di denaro) e di reimpiego di beni ed altre utilità di provenienza illecita».

Le capacità relazionali della ‘ndrangheta sono confermate anche dall’adesione al progetto stragista continentale di Cosa nostra, come emerge dalle condanne all’ergastolo confermate in Appello, a Reggio, ai boss Graviano e Filippone per gli attentati ai carabinieri Fava e Garofalo. Ma «l’unitarietà della strategia criminale ‘ndranghetista» viene poi riproposta tramite «le più raffinate metodologie illegali tese principalmente al reinvestimento dei capitali illecitamente acquisiti».

La Relazione mette in luce la particolare vocazione delle ‘ndrine ad «infiltrarsi in attività imprenditoriali sempre più elevate, un tempo neanche minimamente accostabili ad una mafia a lungo ritenuta rozza e fortemente limitata». La forza della ‘ndrangheta risiede, quindi, nella «capacità di coniugare il vecchio e il nuovo, come testimoniano gli atti di violenza ed intimidazione comunque perpetrati, anche se solo come extrema ratio e sicuramente successivi alle altre strategie di convincimento».

LA CAPACITÀ DI ADATTAMENTO DELLE COSCHE DI ‘NDRANGHETA

Proprio «la capacità di adattamento delle cosche ai luoghi e ai tempi (e quindi ai contesti socio-economici differenti da quello d’origine), rende la ‘ndrangheta competitiva nei mercati esterni ai confini regionali, ove nei contesti illegali vanta “autorevolezza e affidabilità”, riuscendo peraltro ad espandersi in quelli legali grazie ad una fitta rete collusiva». Da qui «un’alta capacità rigenerativa delle proprie fila», che consente di produrre «periodicamente una nuova generazione criminale in grado sicuramente di raccogliere il testimone per una più evoluta concezione dell’imprenditoria mafiosa».

Insomma, pur rimanendo «protagonista di assoluto rilievo del narcotraffico internazionale», la ‘ndrangheta potrebbe «ulteriormente moltiplicare i propri interessi criminali, così come già avvenuto in passato, sfruttando tutta una serie di ambiti a forte impatto sociale». Una minaccia che riguarda anche il terzo settore e tutta una serie di ambiti vitali per l’economia e la gestione amministrativa e finanziaria del Paese, quali, ad esempio, le procedure di gestione dei fondi strutturali e le assegnazioni di finanziamenti pubblici; contratti d’area e patti territoriali; piani di lottizzazioni per le realizzazioni edilizie, rivolti anche alla residenza turistica e a processi di riqualificazione dei centri urbani calabresi e delle zone industriali dismesse, comprese le azioni di bonifica e risanamento e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e speciali. Senza dimenticare, tra i settori esposti, green-economy, sanità pubblica e privata, gaming.

LA CAPACITÀ DELLA ‘NDRANGHETA DI INFILTRARSI

«Elementi contigui alle famiglie ‘ndranghetiste se non ad esse organici» sono, infatti, pienamente in grado di «inserirsi con capitali occulti (come più volte emerso dalle indagini) in società finanziarie attive nel mercato nazionale ed internazionale per pianificare progettualità che richiedono l’impiego di fondi di rilevante consistenza».
Ecco perché «nel Nord ma anche nel Centro Italia la ‘ndrangheta cerca di insinuarsi sempre più nel mondo dell’economia e della finanza», proiettandosi nelle aree più produttive del Paese meglio adatte a soddisfare le esigenze di riciclaggio e reinvestimento.

In Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Toscana e in altri territori si registrare sempre più spesso operazioni anti’ndrangheta. E cresce la capacità di condizionamento delle istituzioni che «non è più solo un problema a carattere locale, ma è una criticità ormai rivolta anche al Nord Italia, come testimoniato, negli ultimi anni, dallo scioglimento di diversi consigli comunali». Scioglimenti che in Calabria si concretizzano «con elevata frequenza e che danno la misura della vulnerabilità delle istituzioni». Un altro triste primato calabrese, quello dei Comuni sciolti per mafia, “grazie” alla presenza pervasiva di una ‘ndrangheta sempre più delocalizzata ma che non dimentica di mettere sotto scacco i territori della sua genesi storica.

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