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Diminuisce il volume dei sequestri di stupefacenti, aumentano solo quelli di cocaina mentre la ‘ndrangheta rafforza la leadership mondiale
CATANZARO – I traffici riprendono, allentatesi le misure restrittive per la pandemia, e il ruolo egemone della ‘ndrangheta nel narcotraffico internazionale si rafforza. Emerge dalla relazione annuale della Direzione centrale per i servizi Antidroga, che rappresenta il quadro riassuntivo delle attività svolte e dei risultati ottenuti dal nostro Paese, nella lotta contro il traffico illecito delle sostanze stupefacenti, nel corso dell’anno precedente.
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Il volume totale dei sequestri di droga è passato dalle 92,79 tonnellate, rinvenute nel 2021, alle 75,01 tonnellate del 2022, con un decremento percentuale del 19,17%; si può osservare, però, nei risultati, suddivisi per tipo di sostanza, una sensibile crescita dei sequestri di cocaina. Ma la cocaina è affare della ‘ndrangheta, «l’organizzazione mafiosa italiana più insidiosa e pervasiva, caratterizzata da una pronunciata tendenza all’espansione sia su scala nazionale che internazionale ed una delle più potenti e pericolose organizzazioni criminali al mondo», osservano gli analisti.
Grazie alla presenza di propri esponenti e broker operativi, stabilitisi nei luoghi di produzione e nelle aree di stoccaggio temporaneo delle droghe, non solo sul territorio nazionale, ma anche a livello europeo, la ‘ndrangheta continua ad essere «l’organizzazione più influente nel traffico della cocaina proveniente dal Sud America». La disponibilità di ingenti capitali di provenienza illecita ed una spiccata capacità di gestione dei diversi segmenti e snodi del traffico hanno permesso, nel tempo, alla ‘ndrangheta di «consolidare un ruolo rilevante nel narcotraffico internazionale, a cui altre reti criminali fanno riferimento per l’approvvigionamento dello stupefacente da destinare ai mercati di consumo». Persino le famiglie mafiose siciliane sono ormai subalterne alla ‘ndrangheta, leader su scala mondiale nel narcotraffico.
I traffici ruotano attorno agli scali portuali nazionali e strategico continua ad essere quello di Gioia Tauro, «per posizione geografica e per volumi di merci in transito». Il porto di Gioia Tauro ha confermato la sua importanza nel corso del 2022, emerge dalla relazione che ripercorre le principali operazioni antidroga dell’anno. Per esempio, l’operazione “Tre croci”, condotta dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che, con 36 misure cautelari, avrebbe consentito di far emergere le attività criminose di un gruppo che, a Gioia Tauro, in maniera ben organizzata e sfruttando le connivenze all’interno dello scalo marittimo di operatori portuali infedeli, era dedito, con sistematicità, all’importazione ed all’esfiltrazione di ingenti quantitativi di cocaina, occultati all’interno di container, trasportati da navi cargo in transhipment.
I carichi di stupefacenti, provenienti dall’America latina, venivano prelevati dai sodali, portati all’esterno della zona portuale e consegnati alle diverse organizzazioni criminali committenti. La scaltrezza degli indagati si esprimeva nella particolare attenzione adottata durante le comunicazioni, che avvenivano solitamente in modalità de visu, all’esterno di autovetture o di ambienti chiusi, ovvero attraverso l’utilizzo di radio ricetrasmittenti, nonché di apparati telefonici ritenuti “sicuri”, cioè i cosiddetti “criptofonini”, collegati a piattaforme a circuito chiuso, difficilmente permeabili da attività di captazione. Con l’operazione Tritone, conclusa dai carabinieri del Comando provinciale di Roma, che hanno eseguito 62 misure restrittive, sarebbe stata fatta luce su un “locale” di ‘ndrangheta attivo nell’area di Anzio e Nettuno e ritenuto un’articolazione periferica del clan di Santa Cristina d’Aspromonte.
La cellula criminale si interfacciava con narcos sudamericani, recatisi, in alcuni casi, finanche ad Anzio, per prestare la propria assistenza nelle complesse operazioni di estrazione della cocaina, trasportata frammista a carichi di carbone. Sarebbe emerso anche il legame del sodalizio con il clan camorrista dei Senese attivo a Roma e rapporti con gruppi albanesi. Nell’area cosentina viene, invece, segnalata l’operazione Reset, conclusa nel settembre 2022 con oltre 200 arresti Un’operazione interforze che, oltre a sgominare la struttura criminale della ‘ndrangheta nella città di Cosenza e nel suo hinterland, avrebbe accertato traffici di droga e l’approvvigionamento delle piazze di spaccio del capoluogo cosentino, gestito da membri della famiglia Abbruzzese, propaggine del clan degli Zingari.
La cocaina destinata in Italia giunge prevalentemente – via mare – nei porti e nelle aree costiere ma è Gioia Tauro che ha un ruolo assolutamente centrale. «Nel biennio 2020-2021, l’incidenza dei sequestri frontalieri rispetto al totale nazionale è passata dal 78,54% al 69,13%. In particolare, la cocaina sequestrata in frontiera, nel 2021, risulta provenire dall’Ecuador (4.515,07 kg), dalla Colombia (2.323,79 kg), dal Nicaragua (2.318,40 kg), dal Brasile (1.595,26 kg) e dal Guatemala (985,40 kg). La frontiera marittima, con 13.709 kg, si conferma lo scenario operativo ove sono state intercettate le maggiori quantità complessive di cocaina. Nello specifico, il porto di Gioia Tauro, che incide per il 97,49% (13.364,94 kg), è stato quello in cui è stata sequestrata la più grande quantità di tale sostanza stupefacente, seguito da quello di Vado Ligure (138,29 kg) e di Livorno (118,53 kg)».
Anche nel 2022 i sequestri più significativi di cocaina sono avvenuti nel porto di Gioia Tauro: nel mese di giugno (1.515,40 kg e (1.437,81 kg) e di gennaio (1.181,60 kg e 1.123,42 kg). Nell’ultimo biennio sono state 30 le tonnellate di cocaina sequestrate nel porto di Gioia Tauro.
Uno sguardo globale. In America Latina, grazie ai contatti diretti con i fornitori nei Paesi di produzione della cocaina, la ‘ndrangheta opera con proprie cellule che «si garantiscono le migliori condizioni di acquisto, intrattengono proficui rapporti con le organizzazioni criminali locali e gestiscono il traffico illecito dal luogo di origine fino a quello di destinazione finale». Tra le organizzazioni italiane, anche la camorra risulta essere presente in Colombia, ma non in maniera strutturata, a differenza della ‘ndrangheta. La ‘ndrangheta è attiva anche nella Triple Frontera, cioè la zona di confine tra Paraguay, Argentina e Brasile, caratterizzata dalla poliedrica concentrazione di varie organizzazioni criminali.
Qui le ‘ndrine cono in contatto con il Primero Comando da Capital, struttura terroristica paramilitare brasiliana, organizzazioni albanesi, la camorra e la mafia siciliana.« Nella zona della Triple Frontera, queste consorterie creano alleanze trasversali: diversi clan criminali, dai cartelli colombiani e sudamericani, alla Yakuza, agli Hezbollah, alla ‘ndrangheta», è detto nel dossier. Ma sono note anche le connessioni tra ‘ndrangheta e narcos messicani. Nel paragrafo relativo a Costa Rica, si parla di «gruppi criminali autoctoni» che «stabiliscono alleanze finalizzate al traffico di cocaina, cannabis e armi con organizzazioni criminali transnazionali, come il Cartello di Sinaloa messicano, la ‘ndrangheta italiana e i membri delle ex Forze Armate Rivoluzionarie colombiane».
Sinergie tra varie organizzazioni criminali sono attive anche in Australia. «Potenti organizzazioni criminali sudamericane e centroamericane, come il Cartello di Sinaloa e gli Urabeños in Colombia, in stretta collaborazione con sodalizi criminali attivi in loco, che ricevono, immagazzinano e ridistribuiscono la droga verso i mercati illeciti del Paese, si spartiscono il grande mercato di consumo della cocaina della regione oceanica. Le bande di motociclisti, le organizzazioni criminali italiane (in particolare la ‘ndrangheta), mediorientali e cinesi operano tutte nel business della cocaina sudamericana».
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