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MILANO – Si va dal «guarda che adesso vengo lì e sparo» all’«accendiamo un po’ di fuoco a uno là», dal «gli devo far passare un brutto quarto d’ora» al «gli faccio una faccia quanto un pallone». È lungo l’elenco di minacce di morte, di azioni incendiarie e di violenze perpetrate nei confronti di una serie di dipendenti e dirigenti di Spumador dai fratelli Antonio e Attilio Salerni, presunti affiliati alla ‘ndrangheta e, assieme al fratello Pino, titolari della ditta “Sea Trasporti”, con lo scopo di ottenere il controllo delle commesse dei trasporti delle bevande prodotte dall’azienda con sede nel Comasco.

È quanto emerge dal provvedimento con cui la sezione misure di Prevenzione del Tribunale di Milano, accogliendo la richiesta del pm della dda Paolo Storari, ha nominato per un anno un amministratore giudiziario il quale, quanto più possibile d’intesa con i componenti della governance, ha il compito di intervenire per «contrastare la contaminazione» della criminalità e restituire la società di bibite gassate soft drink «al libero mercato una volta depurata dagli elementi inquinanti».

Nel decreto i giudici dedicano un ampio capitolo agli «episodi estorsivi ai danni di Spumador» partendo dalla denuncia di quattro anni fa dei vertici della azienda in cui si parlava di «comportamenti intimidatori» e di aggressioni fisiche, come quella a un magazziniere, da parte dei fratelli Salerni, per «ottenere l’assegnazione di alcune tratte a discapito» di altre ditte concorrenti.

«Si tratta – scriveva l’ad della Spumador – di minacce di morte e di fare stragi all’interno dell’ufficio». Da lì le indagini che hanno portato lo scorso novembre a 54 arresti e che, attraverso le intercettazioni e le testimonianze, hanno consentito di ricostruire «la grave situazione che si era venuta a creare» all’interno della società del Comasco e che nel 2021 ha consentito alla “Sea Trasporti” di avere commesse che nel 2021 hanno rappresentato l’82 per cento del fatturato.

Un metodo che, tra i dipendenti, ha creato un «forte timore per la loro incolumità e, soprattutto per quella dei loro familiari» al punto da non dormire la notte o, come è capitato al direttore della logistica, da non riuscire più a parlare in quanto sarebbe stato «terrorizzato».

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