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Nicola Gratteri a Cutro nei giorni scorsi per la consegna del premio "Diego Tajani"

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CATANZARO – “Altro che celebrazioni. Nell’anno del Trentennale delle stragi, il cammino per sconfiggere le mafie è lungo e tortuoso. Su alcuni territori sono ancora molto forti, in altri si stanno insinuano in modo subdolo”. A dirlo in un’intervista a Repubblica è il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.

Per Gratteri “le mafie continuano ad essere governo del territorio; continuano a condizionare le scelte politico-amministrative. La legge andrebbe rivista, dando più poteri ai commissari prefettizi chiamati a traghettare i consigli comunali sciolti per mafia verso nuove elezioni”.

Secondo il procuratore molto c’è ancora da fare anche sul tema dei beni da confiscare alla criminalità organizzata, soprattutto in Europa “dove si riesce a confiscare meno dell’1% dei beni illegalmente conseguiti. Non penso ci sia, in questo momento, la volontà politica di combattere le mafie, soprattutto i capitali mafiosi”.

“L’economia sommersa – aggiunge Gratteri – non contribuisce soltanto a calcolare il Pil, ma diventa ossigeno per l’economia legale, specie in momenti di crisi, come quello di oggi. Le mafie sono globalizzate, l’azione di contrasto ancora no. Le resistenze sono tante e aumentano con la mancata percezione del pericolo. Le mafie oggi hanno meno bisogno di sparare e, in molti Paesi, non vengono percepite come reale minaccia. Ma bisogna sempre ricordare che le mafie sono molto più pericolose quando si muovono sotto traccia?”.

La riforma Cartabia per il procuratore di Catanzaro non va nella direzione giusta. “Occorre realmente semplificare i processi e mettere tutti i magistrati nelle condizioni di lavorare modificando la geografia giudiziaria – dice –: le mafie temono i processi veloci. Le proposte della riforma Cartabia non contribuiscono a snellire i processi e a dare risposte ai cittadini. I processi per i reati contro la pubblica amministrazione, inclusa la corruzione, avendo quasi sempre imputati a piede libero, verranno messi in coda e rischiano di finire inequivocabilmente sotto la mannaia dell’improcedibilità”.

Per Gratteri “bisognerebbe avere il coraggio di codificare il concorso esterno e mettere a nudo le relazioni che le mafie da sempre intrattengono con politici, imprenditori e professionisti. Le relazioni esterne costituiscono l’ossatura del potere mafioso”.

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