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Gioacchino Criaco

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Lo scrittore di Africo interviene sulla polemica: «L’orgoglio nostro è una lama che si spezza contro il petto duro di ciò che siamo diventati»


“Una faccia, una razza”. È più o meno quello che deve aver pensato Romano Prodi, ex Presidente del Consiglio e della Commissione Europea, nel lanciare, al programma “Di Bella sul 28” su Tv2000, la provocazione (supponendo che lo sia) sull’aprire campi migranti in Calabria invece che in Albania.

«Lo stesso campo, se lo volevano fare, non si poteva fare in Calabria, così tra l’altro si dava lavoro a delle persone in zone che ne avevano bisogno? – ha detto l’ex premier Romano Prodi – Perché in Albania? Non ha alcun senso: si spende di più, ci sono traffici internazionali, si fanno costruzioni che poi rimarranno in Albania, ci sono costi di trasferta. Puramente per dire “abbiamo mandato gli immigrati all’estero”, che non c’era nessun bisogno», ha dichiarato Prodi, parlando di pura “propaganda” dell’esecutivo sulla loro pelle.


Tanto è bastato per scatenare le ire del centrodestra, soprattutto nostrano. Dalla Lega a Fdi al Garante infanzia Regione Calabria, Antonio Marziale.

Ma sulla vicenda è intervenuto anche, pungente e mesto allo stesso tempo, lo scrittore calabrese, di Africo per l’esattezza, Gioacchino Criaco, che riporta tutto nel giusto alveo o visione di noi, della nostra terra, del perché o del come dovremmo realmente risentirci.

IL POST SU FACEBOOK DI GIOACCHINO CRIACO


«So per certo di avere un tot di sangue albanese nelle vene. Perché ci si dovrebbe offendere del paragone Calabria-Albania? Pure se minoritaria, la comunità arbereshe, è parte importante del popolo calabrese. Andando da destra a sinistra, l’orgoglio stride con chi sta in forze politiche nate sulla differenziazione fra nord e sud, fra loro e noi. Stride l’orgoglio con chi, da destra e da sinistra, faceva le barricate perché i nostri ragazzi in fuga dal covid non potessero valicare i confini del Pollino e rientrare a casa; con chi chiudeva Reggio ai siciliani in transito sullo Stretto. Prodi, ovviamente, non voleva offendere, ha pensato ai risvolti economici positivi di un miliardo e rotti da spendere meglio in Calabria che in Albania».


Criaco, dal suo profilo facebook, ricorda i motivi per cui in effetti, da calabresi, dovremmo offenderci, oltre l’atavico complesso da periferia del mondo.

CRIACO: «QUANDO ERAVAMO RIFUGIO»


«L’offesa – spiega l’autore del best seller “Anime nere” – è inconsapevole da parte sua, e noi nemmeno lo ricordiamo più perché dovremmo, invece, e sul serio, offenderci. Ci dovremmo offendere perché non ci stanno nella nostra cultura i centri di detenzione per chi cerchi tregua. Ci dovremmo offendere, contro noi stessi, perché non ce lo ricordiamo più cosa sia stata la nostra terra, che il suo nome vero era Rifugio, che ognuna delle nostre storie è una storia probabilmente nata in una qualunque delle sponde del Mediterraneo, una storia che è continuata, che è divenuta contemporanea perché i calabresi di un tempo non schedavano e non rinchiudevano nessuno».

«Avevano l’orgoglio di mantenere un mondo aperto, fratello, umano. Prodi non mi offende – conclude Criaco – perché mi avvicina ad un albanese, col quale c’è più coincidenza che vicinanza. L’offesa ce la facciamo da soli facendoci assimilare a un modello occidentale che ragiona solo per utilità, opportunità, cinismo. L’orgoglio nostro è una lama che si spezza contro il petto duro di ciò che siamo diventati»

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