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Due sole strutture in Calabria, le Rems, per il trattamento dei detenuti in carcere con disagio mentale: l’allarme della Corte d’appello

CATANZARO – Rems, queste sconosciute: tra i tanti problemi che affliggono l’esecuzione della pena nel nostro Paese e nel distretto della Corte d’Appello di Catanzaro, la presidente facente funzioni, Gabriella Reillo, ha individuato il settore «più critico» proprio nel trattamento dell’autore di reato affetto da infermità di mente. Nella relazione pronunciata durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, la presidente Reillo ha constatato la «drammaticità della situazione nelle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza».

Nonostante sia trascorso ormai un decennio dall’abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari, «le soluzioni apprestate risultano quantitativamente e qualitativamente insufficienti rispetto all’utenza, e al bisogno di curare e custodire questa categoria di autori di reato, come drammaticamente più volte denunciato anche dalla Corte Costituzionale».

Nel territorio del Distretto ci sono soltanto due strutture destinate a servire tutta la Calabria: una nel Cosentino, a Santa Sofia d’Epiro, l’altra a Girifalco, in provincia di Catanzaro. Entrambe le strutture sono state progettate per ospitare 20 pazienti, dunque sono previsti 40 posti complessivi nel territorio.

«I posti letto in Rems risultano, in linea con il preoccupante trend nazionale, largamente insufficienti a gestire il fenomeno sempre più dilagante della malattia mentale nel sistema penale», denuncia la presidente Reillo. Una situazione che ha «ricadute gravissime sulla gestione degli autori di reato affetti da patologie psichiatriche» e che configura una «lesione del diritto alla salute». Questo perché molte persone che dovrebbero essere ricoverate nelle Rems sono detenute in carcere, altre restano libere nonostante la pericolosità. Insomma, «una situazione certamente non confacente ad uno Stato di diritto, che pone il magistrato di sorveglianza, nonché il giudice di merito, quale giudice dell’esecuzione, in grandi difficoltà allorquando riscontri che il soggetto sia affetto da disagi psichici incompatibili con il regime carcerario».

Spesso, osserva la presidente, si sopperisce alla mancanza di posti in Rems con la libertà vigilata arricchita di prescrizioni di carattere terapeutico e con obbligo di risiedere in una struttura idonea ad accogliere il condannato al carcere con disagio mentale ma questa è «una soluzione che non può considerarsi soddisfacente, in primis, per ragioni logistiche, stante la difficoltà di trovare strutture disposte ad accogliere un soggetto per definizione socialmente pericoloso, in secundis, soprattutto in Calabria, per ragioni giuridiche, atteso che la libertà vigilata non è una misura di sicurezza detentiva». Ci sono due strutture alternative alle Rems nel distretto, dove dovrebbero essere accolti ospiti meno pericolosi, ed è in cantiere una terza struttura, seppure con un numero inferiore di posti letto.

Intanto, la Corte d’appello, per sopperire alle criticità, sta contribuendo alla redazione di un protocollo d’intesa con il Dipartimento di salute mentale finalizzato ad avviare una interlocuzione tra l’autorità giudiziaria e una équipe altamente specializzata che si occupi della presa in carico del paziente giudiziario, che rediga i progetti terapeutici e, soprattutto, individui la migliore collocazione per le persone che difficilmente riescono ad autogestirsi in case private e ad essere gestiti dalle famiglie.

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