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Medici aggrediti, serve una profonda riflessione culturale nella nostra società per recuperare il rapporto con gli operatori pubblici

CREDO sia giunto il momento d’interrogarci come opinione pubblica ed esperti del settore in merito alle continue aggressioni fisiche e verbali che subiscono i medici e gli operatori sanitari sul posto di lavoro nel nostro Paese ed in Calabria dove, purtroppo, abbiamo avuto anche degli omicidi. Abbiamo, ultimamente, letto dell’infermiera presa a pugni presso il Pronto Soccorso di un Ospedale della Campania o delle aggressioni verificatesi nella guardia medica di Soriano ed al Pronto Soccorso di Vibo. Ormai è un bollettino di guerra quotidiano, infatti nel 2022, secondo l’Inail, in Italia si sono verificati oltre 1.600 aggressioni sul luogo di lavoro nel settore della sanità, escludendo i medici di medicina generale ed i medici che operano nelle guardie mediche perché non assicurati con l’Inail; questa violenza è in continua crescita, infatti nel 2020 le aggressioni sono state 1.400 e nel 2021 1.500.

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Tra i medici o sanitari aggrediti, le vittime di questa inaudita violenza sono soprattutto le donne (7 su 10), ciò fa pensare ad una subcultura verso la donna come professionista. Lo Stato italiano ha cercato di porre rimedio con l’emanazione della legge 113 del 14 agosto 2020 che ha previsto l’istituzione presso il ministero della Salute di un Osservatorio contro la violenza nelle Strutture Sanitarie, l’inasprimento delle pene, protocolli tra le aziende sanitarie e le Forze dell’ordine, ma i risultati non sono incoraggianti, sembra che gli “angeli che lavoravano eroicamente contro il covid” siano svaniti dalla memoria del Paese!

Esaminando la mappa delle violenze, le Istituzioni Sanitarie devono impegnarsi a “ridurre il rischio”, infatti già nel lontano 2007 la “Raccomandazione” numero 8 del ministero della Salute individuava, con priorità, le attività a più alto rischio:

  • 1) Area Emergenza/Urgenza;
  • 2) Servizi Psichiatrici;
  • 3) Tossicodipendenze;
  • 4) Continuità Assistenziale (Guardia Medica).

È evidente che bisogna dare risposte in merito a:

  • a) Tempi d’attesa nei Pronto Soccorsi (Carenza del personale/ Codici bianchi e verdi che dovrebbero essere gestiti dai Mmg nelle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e dalle Unità Complesse di cure primarie (UCCP) all’interno delle quali potrebbero operare i medici di Continuità Assistenziale;
  • b) Lavoro in solitaria;
  • c) Ubicazione della struttura; d) Contesto sociale.

Pertanto, sarebbe importante l’incremento del personale, soprattutto nei Pronto soccorso, l’installazione di sistemi di videosorveglianza, di impianti antiintrusione per chi lavora in solitaria, ma, in primo luogo, una profonda riflessione culturale nella nostra Società per recuperare un rapporto positivo con i molti operatori pubblici aggrediti (insegnanti, medici, infermieri ecc.) che vivono questo profondo disagio.

*Comunità competente

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