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REGGIO CALABRIA – Una sessantina di capi d’imputazione relativi ad altrettante truffe, per un guadagno netto che si agirerebbe intorno ai 500 mila euro. Ora però Pietro Grasso, vigile urbano di Reggio Calabria, è finito in manette, arrestato ieri mattina dalla Guardi di Finanza che ha scoperto come l’uomo abbia truffato un bel gruppo di persone. Soldi in cambio della promessa di un posto di lavoro. 

Singolare anche il trucco utilizzato per accreditarsi. Grazie all’omonimia con Pietro Grasso, Presidente del Senato e ex capo della Direzione nazionale antimafia, di cui diceva di essere il cugino. Secondo le accuse, con le sue vittime, l’agente di polizia municipale di Reggio Calabria Pietro Grasso ha millantato di avere importanti conoscenze politiche, rapporti con magistrati e contatti con uomini dei servizi segreti. 
Insomma il vigile Grasso (come riporta oggi il Quotidiano in edicola) si sarebbe presentato, oltre che cugino di Grasso, anche come colui che è in grado di garantire un posto di lavoro a chi non ce l’aveva, millantando di essere in grado di offrire assunzioni nel corpo dei vigili urbani, al Comune di Reggio Calabria e in altri uffici. Grasso, secondo l’accusa, avvicinava le vittime prospettando loro la possibilità di un’assunzione se però, avessero unto gli ingranaggi giusti. Le cifre richieste variavano da 10.000,00 euro sino ad arrivare anche a 30.000,00 euro, denaro necessario, a dire del Grasso, per ottenere i favori del potente di turno.
Già nelle scorse settimane il vigile aveva ricevuto un avviso di garanzia e la sua abitazione era stata perquisita da Guardia di finanza e polizia municipale, sotto il coordinamento del pm Stefano Musolino. Dopo la perquisizione (tra gli elementi considerati utili sono state rinvenute carte intestate e timbri che riscontrerebbero il giro d’affari confermando l’ipotesi accusatoria della Procura) per l’agente indagato erano scattate le ferie d’ufficio. Il Comando gli aveva ritirato tesserino e pistola ed era stata chiesta la sospensione immediata dal servizio con apertura di un’inchiesta disciplinare.

Sui documenti venivano apposti timbri, anche quello originale della Polizia Municipale sottratto da Grasso agli uffici del Comando dove prestava servizio. Altri timbri, come quello del Comune di Reggio Calabria e della Guardia di finanza risultano contraffatti. Le vittime sottoscrivevano il documento convinte di avere ottenuto il desiderato posto fisso. 

L’agente deve rispondere inoltre del reato di rivelazione del segreto d’ufficio per aver informato un suo amico dell’esistenza di un esposto anonimo arrivato al Comando di Polizia Municipale di Reggio Calabria per presunti abusi edilizi. L’accusa di peculato deriva dall’avere utilizzato anche l’auto di servizio per la sua attività illecita. Le indagini di natura patrimoniale sono tuttora in corso.
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