Massimiliano Mirabelli (a sinistra) prima di ricevere un premio a San Lucido
7 minuti per la letturaPochi giorni di vacanza a Rende e a San Lucido per il direttore sportivo rossonero
SAN LUCIDO (COSENZA) – È sera. Massimiliano Mirabelli sprofonda in una poltroncina della piazzetta di San Lucido. È finita la mini vacanza calabrese. In questi giorni di pausa campionato è stato accolto come un vero profeta in patria. La parola “nemo” è spazzata via da abbracci, pacche sulle spalle, sguardi pieni di orgoglio.
Giornate intense per l’uomo nuovo del Milan, l’uomo di campo, l’uomo che dai terreni di gioco pieni di polvere, di serie D è riuscito ad arrivare ai vertici di una delle squadre più titolate al mondo, senza nessun tipo di raccomandazione.
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CARRIERA DI MASSIMILIANO MIRABELLI
La sua fortuna è l’amore per il calcio. Un calcio giocato che ha abbandonato a soli 26 anni, proprio perché aveva già ben in testa quello che avrebbe voluto fare da grande. Il suo ruolo era quello di Bonucci. A testa alta usciva dalla sua area di rigore, non spazzava, ma cercava il compagno, la giocata giusta, la ripartenza vincente.
Massimiliano Mirabelli è circondato dalla sua gente, dalla sua famiglia, da sua moglie Serena, conosciuta, proprio qui, nel borgo di una San Lucido bella come non mai. Ed è “marcato a uomo” dalle sue due figlie Loredana e Chiara che, in coro, spesso ripetono al padre: «Ma perché non ritorniamo? Papà, non era meglio il Rende o il Cosenza?». Parole innocenti giustificate da un padre che, in ogni caso, ha deciso di fare vivere la famiglia a Saronno. E Max (così lo chiamano gli amici) candidamente confessa: «Per andare a Milano ancora uso il navigatore». Al bar di famiglia del suo amico Damiano Paletta arrivano ancora ordinazioni, ma è arrivato il momento, di allontanarsi dal gruppo, per fare una chiacchierata sincera, senza rete, dove emerge chiaro il suo stato d’animo in questo periodo splendido, forse il più bello della sua vita, ma l’uomo di campo sa tenere i piedi per terra.
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Iniziamo da queste giornate. Cosa si porta dietro Massimiliano Mirabelli dalla mini vacanza calabrese?
«Tanta soddisfazione. Ho rivisto con piacere amici, ho riabbracciato gente che non vedevo da tempo. Devo dire che è stato un ritorno a casa in tutti i sensi. E poi si è avvicinata anche gente che non conoscevo, ma i loro sguardi, i loro occhi, mi hanno comunicato l’orgoglio, la loro felicità per me. Posso dire che è stata una bella sensazione».
Ogni tanto se la fa questa domanda fra se e se: ma sto sognando?
«Posso essere sincero? Non sono riuscito a fermarmi un attimo. La mole di lavoro in questi mesi è stata enorme. E poi le ore di lavoro per me non sono cambiate. Come lavoravo qui in Calabria, lavoro adesso a Milano. Il tempo che dedico al calcio è infinito. Sono stato catapultato d’un tratto in una situazione nuova, è vero, tutto molto bello, ma tutto è avvenuto in apnea».
Dove ha conosciuto Fassone? Possiamo dire che è stato il tuo treno veloce?
«Un treno super veloce. Fassone l’ho conosciuto all’Inter. Lì sono arrivato e avuto la fiducia di Piero Ausilio. Il mio ruolo era di capo osservatore, ma, da subito, ho avuto uno splendido rapporto anche umano con Fassone che all’Inter ricopriva il ruolo di direttore generale. Mi consultavo quotidianamente con lui: lunghe telefonate tra segnalazioni di giocatori promettenti e tanto altro. Poi quando è stato allontanato dall’Inter subito mi ha detto una cosa: dove vado ti porto con me. Così è stato. Posso aggiungere che lavorare con lui è un piacere perché per me non è umano, ma un vero e proprio extraterrestre».
Come ha vissuto la lunga attesa del closing? C’è stato un attimo di timore che tutto svanisse?
«Ricordo a tutti che avevo un contratto con l’Inter, quindi se non si chiudeva l’affare… Poi il mio tempo l’ho passato negli stadi di Europa. Ho visto partite, partite e ancora partite. Concentrato sempre e unicamente a vedere giocatori che potevano far parte di un progetto che per fortuna è partito».
Lavorare con i cinesi. Quale la differenza con gli italiani?
«Hanno le idee chiare. Vanno sempre diritti per la loro strada e non rispondono a nessun tipo di provocazioni o note stonate sulla stampa. Preferiscono, insomma, arrivare diritti al risultato. La loro ambizione è quella di riportare il Milan sul tetto del mondo entro cinque anni. Noi subito gli abbiamo detto che non sarà facile, ma siamo il Milan calcio e abbiamo il dovere di provarci».
Fin da subito si è dovuto misurare con Raiola. Quando il buon Mino è andato in conferenza stampa e ha detto: con Mirabelli non voglio parlare, sinceramente come si è sentito?
«Da gigante del calcio mercato, con quella frase Raiola, è diventato un uomo piccolo nei miei confronti. Esordire con l’affare Donnarumma non è stato facilissimo, ma ne siamo venuti fuori alla grande».
Come ha fatto a convincere i genitori di Donnarumma, qual è stata la frase magica?
«Possiamo andare avanti con le domande? Ne vorrei un’altra…».
Agli ordini. Casa Milan, li dentro tutto parla di Berlusconi, ha conosciuto il Cavaliere, ha parlato con la vecchia guardia? C’è qualche piccolo racconto da lasciare al Quotidiano?
«No. Ancora non ho avuto il piacere di incontrarlo. Ci sarà sicuramente occasione. Se per vecchia guardia si intende Maldini, Costacurta, Baresi… sì, abbiamo parlato, la storia del Milan non si cancella, resta la grande storia. Galliani, invece, viene ancora allo stadio ed è sempre un grande tifoso del Milan».
In questo periodo gli amici sono aumentati, arrivano telefonate dei padri calabresi orgogliosi dei loro figli in carriera?
«È normale che “gli amici” aumentano. Il mio telefono è sempre acceso per tutti. Se posso dare una mano la do con molto piacere, i padri vedono i propri figli campioni, ma non è sempre facile arrivare fino in fondo».
La sua famiglia, punto centrale, quante volte sente sua moglie al giorno? Qualcosa è cambiato?
«La mia famiglia è sempre al centro del mio mondo. Anche se nel periodo di calcio mercato ci sono state giornate che non sono riuscito a sentire nessuno. Nemmeno mia moglie. È stato tutto molto intenso, forte, con delle difficoltà elevate, ma siamo ancora in piedi».
Crotone, Cosenza, Rende, le squadre calabresi, ha da dare qualche consiglio?
«Inizierei a parlare della storia del Crotone. Una storia bellissima. I fratelli Vrenna meritano un applauso infinito. A Crotone hanno fatto un vero e proprio miracolo sportivo. Con promozioni su promozioni e poi hanno salvato il Crotone in serie A. Se ne parla ancora molto poco di questa storia, ma vi posso assicurare che è una roba straordinaria».
Il Cosenza?
«Ogni tanto riascolto quel grido nelle mie orecchie: lupi, lupi, lupi. in quello stadio quando arriva tutta la provincia c’è una magia particolare. Una bolgia pazzesca. Auguro al Cosenza veramente di rientrare presto nel calcio dei grandi. Lo merita la città, lo meritano questi tifosi che non si risparmiano mai».
Il Rende?
«Società seria ed organizzata. Ho fatto avere al Rende già due ragazzi del Milan. Sono i fratelli Modic e non è escluso che a gennaio possano arrivare nella squadra biancorossa altri giovani interessanti di casa Milan. Nel calcio tutto è possibile. La società biancorossa è partita con il piede giusto. Bisogna restare con i piedi per terra, ma sognare non costa nulla».
Il Milan e i giovani. Questo bomber Cutrone è una bella realtà, vero?
«Lui faceva parte del settore giovanile del Milan, ma è un ‘98 in scadenza, poi lo abbiamo visto negli allenamenti e sinceramente il ragazzo ha grandi doti e può fare veramente bene. Crediamo in lui, come crediamo nei tanti giovani che sono in prima squadra. Poi Montella con loro ha un rapporto splendido. Siamo sulla buona strada, ma c’è tanto lavoro ancora da fare».
Il suo rapporto con l’Inglese?
«Sto studiando».
Qual è l’altro sogno di Mirabelli?
«Regalare presto ai tifosi del Milan quella musichetta della Champion’s. Questo adesso è il mio più grande sogno».
Mirabelli ritorna sulla sua poltroncina. La piazzetta di San Lucido si è lentamente svuotata. L’ultima granita ancora. Poi a letto. L’aereo per Milano in partenza. Con la Calabria sempre nel cuore.
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