Pino Faraca
3 minuti per la letturaL’atleta aveva 57 anni ed era malato da tempo. Nel suo passato sono stati tanti gli importanti risultati raggiunti nel ciclismo
COSENZA – Lo sport, l’arte, la passione per la competizione e la voglia di combattere e confrontarsi con gli ostacoli della vita. Ieri un simbolo positivo della Calabria nella duplice veste di atleta e artista ed oggi ricordo doloroso per una città in lutto.
Giuseppe Faraca, il ciclista, il pittore, è morto a causa di un tumore nella sua Cosenza. Avrebbe compiuto 57 anni il prossimo 29 agosto quell’atleta che negli anni ‘80 era balzato agli onori della cronaca per aver vinto, al suo esordio da professionista, la maglia bianca, il simbolo del primato tra i giovani, del Giro d’Italia 1981, ottenendo anche un ottimo undicesimo piazzamento finale nella classifica generale. Un esordio da scommessa vincente in una gara tra le più dure e prestigiose del calendario, seconda, forse, solo al Tour De France, in cui per emergere devi avere una marcia in più perché per i bluff non c’è spazio in tre settimane di salite e chilometri, fatica e sudore.
Una corsa quella del 1981 vinta da Giovanni Battaglin capace di soffiare per 38 secondi la maglia rosa a Tommy Prim e soprattutto per 50 secondi a Beppe Saronni. Un anno d’oro per Battaglin che nel 1981 riuscì ad eguagliare il cannibale Eddy Merckx vincendo anche la Vuelta in Spagna. Giuseppe Faraca era giovane, aveva 22 anni quando prese parte a quel Giro d’Italia, ma mise in luce subito, dalle prime due tappe, delle qualità da ottimo corridore dimostrando di saper andare forte in salita, lui che però non era un vero e proprio scalatore quanto piuttosto un passista-scalatore, uno di quelli che seduti sulla sella mettono un rapporto e poi si va su di ritmo costante a macinare chilometri.
Al Giro d’Italia del 1981 Faraca dimostra di avere la stoffa del ciclista di qualità capace di soffrire ma modesto, disponibile a sacrificarsi ma determinato a raggiungere il suo obiettivo. Un vero esempio di carattere calabrese puro. Primo di sette figli, il ciclismo ce l’ha nel sangue visto che il padre, Francesco, è stato ciclista dilettante negli anni 50. Così negli anni 70 comincia a pedalare tra i dilettanti conquistando decine di successi fino ad ottenere nel 1981 l’accesso alla categoria professionisti. Al Giro d’Italia conquista la maglia bianca e si fa notare da chi conta, l’allora commissario tecnico Alfredo Martini, tanto da essere preso in considerazione per la convocazione nella nazionale italiana di ciclismo che avrebbe dovuto disputare i mondiali di Praga. Tutto sembra sorridere ma per Faraca il fato ha in serbo una brutta sorpresa. Al giro dell’Appennino, poco meno di un mese prima dei mondiali, è protagonista di una caduta che gli causa gravi ferite tra cui un trauma cranico, portandolo al coma, un stato in cui trascorre circa una settimana.
Malgrado l’incidente Faraca riprende a correre ma qualcosa nella sua macchina così promettente non è più la stessa e così, dopo altri quattro anni di attività (intervallati da un anno di assenza dalle scene) e diversi ulteriori incidenti che di fatto gli impediscono di tornare ai livelli del Giro d’Italia, decide di abbandonare il professionismo. La passione di Faraca a quel punto trova altri modi per esprimersi. L’uomo, infatti, sveste i panni del ciclista per vestire quelli dell’artista iniziando una carriera da pittore con tanto di studio e galleria d’arte aperta a Cosenza.
«Sin da piccolo ho sempre avuto la passione per il disegno – aveva raccontato a Mario Silvano alcuni anni fa – è un dono di natura che ho sempre posseduto. Mi sono diplomato al Liceo Artistico e già dipingevo quando facevo il corridore».
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