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COSENZA – Dopo il successo della prima nazionale di “4×25”, lo spettacolo scritto, diretto e interpretato da Lorenzo Praticò, la quinta edizione di “Sguardi a Sud”, la rassegna di teatro contemporaneo curata dalla compagnia Porta Cenere e patrocinata dal Comune di Mendicino ha presentato un nuovo imperdibile appuntamento.
Domenica 9 ottobre al teatro Comunale di Mendicino è andato in scena lo spettacolo “Medea, Desìr”, scritto e diretto da Fabio Tolledi con Roberta Quarta, Simonetta Rotundo, Matteo Mele e Giovanna Kapodistria. Direzione tecnica di Sandrone Tondo, organizzazione a cura di Ivano Gorgoni e Cosimo Guarini, costumi di scena realizzati da Donatella Sulis e Sacha Fumarola.
Il direttore artistico di “Sguardi a Sud”, Mario Massaro, ha dichiarato che «La nostra attenzione si è posata su una storica compagnia dalla Puglia, con cui da oggi nasce un rapporto di scambio culturale. Nelle nostre stagioni, c’è sempre la riscrittura di una tragedia; quest’anno tocca a Medea, personaggio che ha sempre affascinato grandi autori».
La compagnia “Astragali Teatro” di Lecce ha accompagnato il pubblico alla scoperta di un nuovo volto di Medea, celebre figura della mitologia greca che ha ispirato scrittori, musicisti e pittori e che continua a suscitare grande interesse. La storia di Medea, figlia di Eeta (re della Colchide) e della Oceanide Idyia, si moltiplica nei secoli rendendo il mito sempre vivo. Un mistero da svelare e rivelare. Un intreccio di storie che desta sempre grande curiosità negli spettatori.
L’immagine di Medea che si è vista sul palcoscenico non è più quella dell’infanticida, della donna inquietante, vittima dell’ossessione d’amore. Si è scoperta infatti una donna forte, carismatica e generosa. Punto di partenza di questa visione innovativa: gli scritti di Christa Wolf che, dopo aver scoperto fonti antecedenti ad Euripide, ha ribaltato l’immagine tramandataci dalla tradizione.
La scrittura teatrale della compagnia salentina si muove su diversi piani: «Medea è donna, straniera e selvaggia, creatura altra che resiste e ama. Ama aldilà di ogni valore, aldilà di ogni morale. Resiste e sfugge al potere, regina adolescente a cui tutto si può chiedere, depositaria di un sapere profondo e antico. La radice del suo nome, med, richiama la parola medicina. Il pharmakon che cura e avvelena. Che può salvare e uccidere. Radice del venenum, di qualcosa che trasforma e muta. Medea, scacciata e bandita dal potere, stigma della donna selvaggia, rivendica il solo orizzonte che incrina e mette in crisi il potere: il desiderio. Medea ama, Medea ama l’amore, Medea vive nel desiderio che prende e dona forma alla vita».
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