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Andrea de Goyzueta e Lello Arena nella celebre scena degli spaghetti

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RENDE (COSENZA) – Dopo i sold out di reggio Calabria e Lamezia Terme, anche Rende tributa un tutto esaurito a “Miseria e Nobiltà”, il classico di Eduardo Scarpetta diretto da Luciano Melchionna e con Lello Arena nei panni del protagonista, Felice Sciosciammocca. Lo spettacolo era inserito nel cartellone del Rende Teatro Festival, organizzato dalla DeDo eventi di Alfredo De Luca e ha davvero divertito il pubblico del teatro Garden che si è lasciato trasportare dalla verve dell’attore campano (GUARDA LA SUA INTERVISTA VIDEO).

Sicuramente un allestimento originale, quello di Melchionna, che ha rappresentato la miseria del primo atto in un ambiente buio, sottomesso, sporco e disordinato all’interno del quale gli attori erano costretti a muoversi agilmente e rapidamente un po’ come topi nella tana. Nel secondo atto, invece, la luccicante nobiltà di casa Semmolone altro non era che un falso e ostentato benessere che proprio su quella tana, su quella miseria, poggiava le proprie radici. Una miseria dalla quale non a caso fisicamente emergevano i falsi parenti del marchesino Eugenio nel tentativo di riscattare le proprie esistenze. Ma il confronto tra i due universi pende in maniera pesante dalla parte della miseria, e miseri sono anche quegli uomini che per farsi accettare dalla società si sforzano di mostrare una nobiltà posticcia e ignorante.

Lello Arena non tradisce le attese e fa ruotare attorno a sè un cast composto da molti giovani, alcuni dei quali sorprendenti. Peppiniello, per esempio, personaggio da sempre considerato “da bambini” per la sua ingenuità è qui invece interpretato da una bravissima Veronica D’Elia che, quando viene cacciato di casa, scende in platea e si scaglia contro quelli che vorrebbero i bambini costretti a lavorare mentre i bambini, dice “dovrebbero tenere in mano solo le matite colorate”. Oppure il marchesino Eugenio: Raffaele Ausiello ne fa un esaltato dal ghigno malefico (“ride sempre” dice Lello Arena/Scioscammocca), sicuramente inquietante.

Uno spettacolo godibile, insomma, che ha rinverdito le battute rese indimenticabili dal film di Totò ma che non ha mancato di aggiungere qualcosa di proprio, di attuale e di nuovo a un testo scritto più di 130 anni fa e che continua a divertire e a suscitare spunti di riflessione.

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