INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Eman, ha conquistato e infiammato il pubblico del Teatro Auditorium dell’Unical. Che legame si è creato con gli spettatori?
- 2 Non solo grandi successi, ma anche riflessioni profonde. Eman ha affrontato temi delicati come la salute mentale, parlando di depressione a un pubblico perlopiù universitario. Ha sottolineato l’importanza di rivolgersi ai propri cari e ai professionisti…
- 3 Una domanda un po’ più intima. Qual è il suo rapporto con la depressione?
- 4 Quanto è importante la musica nella sua vita per affrontare e superare la depressione?
- 5 Ha anche parlato di balbuzie…
- 6 I suoi brani sono estremamente profondi. Sono poesia! È ricorrente il riferimento alle mani. Dico bene?
- 7 Perché?
- 8 Nato a Catanzaro, qual è il suo legame con la Calabria?
- 9 Eman, la sua musica si intreccia con le sue origini. In particolare, il pubblico ha cantato “Svegliati”. Un brano che racchiude il dialetto calabrese
- 10 Il suo primo album risale al 2009. Nel 2016, è uscito “Amen”. Il disco “Eman” è uscito nel 2019. Nei titoli dei suoi album c’è un gioco originale con il suo nome Emanuele
- 11 I brani sono il risultato della sua penna, della sua creatività. Ma c’è una canzone a cui è particolarmente legato?
- 12 Di cosa parla?
- 13 Dal brano “Icaro”, qual è «L’occhio di fuoco» che punta lo sguardo su di lei?
- 14 Sul palcoscenico del TAU, ha anche parlato del fallimento e dell’importanza di non considerarlo negativamente…
- 15 Il tour estivo prosegue con successo. Prossima data in Calabria?
- 16 Progetti futuri?
In concerto al TAU, Eman ha regalato una performance straordinaria che ha coinvolto e fatto cantare i presenti, creando una magica atmosfera.
Il Teatro Auditorium Unical (TAU) è stato il palcoscenico di una serata indimenticabile, dove la musica ha avuto il potere di unire e toccare profondamente il cuore del pubblico. Emanuele Aceto, meglio conosciuto come Eman, ha regalato una performance straordinaria che ha coinvolto e fatto cantare i presenti, creando una magica atmosfera. Un viaggio tra i suoi più grandi successi come “Danziamo dentro al fuoco”, “Icaro”, “Distratto”, “Giorno e notte”, “Il matto”, “Svegliati”, “Tutte le volte” e tanti altri. Durante la serata, l’artista ha affrontato con coraggio e sensibilità temi delicati come la salute mentale e i fallimenti, parlando apertamente ai giovani. Le sue parole, cariche di empatia e comprensione, hanno risuonato profondamente tra il pubblico, creando un momento di connessione autentica e riflessione. Eman ha condiviso le sue esperienze personali con una sincerità disarmante, offrendo un messaggio di speranza e resilienza.
La serata si è aperta con il dj set di Epicsamu, che ha saputo riscaldare il pubblico in attesa del main event. Eman ha incantato tutti con la sua voce e la sua presenza scenica, accompagnato da Daniele Greco (guitar), Michele Santoleri (drum), Daniel Mastrovito (keyboards & synth). La magia della serata si è protratta fino a tarda notte, con il dj set di Dj Kerò che ha chiuso in bellezza la seconda edizione di UnicalFesta. L’anfiteatro di piazza Vermicelli si è trasformato in una pista da ballo sotto le stelle, dove la musica ha continuato a essere il filo conduttore di una notte memorabile. Al termine del concerto, Eman ha condiviso selfie e sorrisi con i suoi fan, rendendo ancora più profondo il legame con il pubblico. Per saperne di più sulla sua carriera e conoscere meglio le sfumature della sua anima, abbiamo intervistato Eman.
Eman, ha conquistato e infiammato il pubblico del Teatro Auditorium dell’Unical. Che legame si è creato con gli spettatori?
«Bellissimo. Io esprimo ciò che sento attraverso i miei brani e il pubblico lo comprende, creando un dialogo reciproco. L’energia che il pubblico ti trasmette è incredibile e tu devi essere pronto a restituirla. Alla fine del concerto, gli spettatori diventano tuoi amici».
Non solo grandi successi, ma anche riflessioni profonde. Eman ha affrontato temi delicati come la salute mentale, parlando di depressione a un pubblico perlopiù universitario. Ha sottolineato l’importanza di rivolgersi ai propri cari e ai professionisti…
«Esatto! Ho la possibilità di raggiungere tante persone e, attraverso la musica, posso trasmettere messaggi importanti. La salute mentale è un tema cruciale ed è necessario parlarne apertamente. In un contesto universitario, spesso capita di non sentirsi all’altezza; magari, i tempi si fanno più lunghi e complicati. Credo sia importante che i giovanissimi sappiano che non sono soli. C’è un modo per andare giù e risalire!».
Una domanda un po’ più intima. Qual è il suo rapporto con la depressione?
«Credo che sia un “problema” dell’artista in genere: un fatto di empatia e sensibilità. So che arriverà ciclicamente e dovrò farci i conti. Ma non è più come prima. Ora, so come affrontarla».
Quanto è importante la musica nella sua vita per affrontare e superare la depressione?
«Non ha prezzo!».
Ha anche parlato di balbuzie…
«Sì, sono balbuziente come si può notare. Faccio un grande sforzo. Era molto più evidente in passato. Penso che sia uno dei limiti più grandi per chi vuole fare il comunicatore. Non so se desiderassi davvero diventarlo, ma forse questo è arrivato anche grazie alla balbuzie. Quando mi sono reso conto del limite che avevo superato, è stato bellissimo».
I suoi brani sono estremamente profondi. Sono poesia! È ricorrente il riferimento alle mani. Dico bene?
«Sì».
Perché?
«Non c’è un motivo ben preciso. Sono figlio di parrucchiere. Ho sempre visto le mani muoversi, anche in maniera elegante. Poi, con le mani io scrivo. Secondo me, sono poetiche».
Nato a Catanzaro, qual è il suo legame con la Calabria?
«È un legame indissolubile! È il luogo che sogno quasi ogni notte. Da emigrante per lavoro, ogni mattina, sento che i tempi sono maturi per ritornare».
Eman, la sua musica si intreccia con le sue origini. In particolare, il pubblico ha cantato “Svegliati”. Un brano che racchiude il dialetto calabrese
«Per me, il dialetto è la lingua della memoria. Qualcuno diceva che una volta perso il dialetto, hai perso qualche guerra in più. Alcuni termini sono molto più belli in dialetto; ad esempio, “gaccia” (ovvero “accetta”). Tutti mi chiedono cosa significa. Gaccia è molto più bello del termine in italiano».
Il suo primo album risale al 2009. Nel 2016, è uscito “Amen”. Il disco “Eman” è uscito nel 2019. Nei titoli dei suoi album c’è un gioco originale con il suo nome Emanuele
«Il terzo sarà “name”. Scherzo! (ride, ndr). In Amen, c’era qualcosa di prima. “Eman” è molto più intimo e complesso. Mi piace creare un filo conduttore. A volte, si percepisce».
I brani sono il risultato della sua penna, della sua creatività. Ma c’è una canzone a cui è particolarmente legato?
«Quella che deve uscire: si intitola “La peste”».
Di cosa parla?
«Affronta molte tematiche. Parla anche di malessere. Sembra una canzone d’amore ma in verità non lo è. O meglio, è d’amore ma nei confronti delle proprie scelte. A mio avviso, alla fine c’è un grande invito: smettere di pensare ad alcune cose e riprendersi le ali. Sono convinto che l’uomo possa “volare” in qualche modo. È complesso da spiegare. Dovremmo parlarne a lungo».
Dal brano “Icaro”, qual è «L’occhio di fuoco» che punta lo sguardo su di lei?
«Il Sole. Ho preso questa immagine da Baudelaire. La storia di Icaro, oltre ad essere conosciuta, è davvero interessante. Per me, Icaro è molto più “utile” del padre perché insegna agli altri come mantenere il volo. In qualche modo, devi cadere per poter insegnare agli altri. Essere debole è anche un modo per essere forti!».
Sul palcoscenico del TAU, ha anche parlato del fallimento e dell’importanza di non considerarlo negativamente…
«Assolutamente! Ogni fase della vita, anche la più difficile, col tempo acquisisce il suo fascino».
Il tour estivo prosegue con successo. Prossima data in Calabria?
«Sabato 13 luglio, a Taverna di Montalto».
Progetti futuri?
«Il nuovo disco è quasi finito. Non vedo l’ora di rientrare in studio».
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