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Aiello

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Cosentino di nascita, romano d’adozione, legato alla sua terra e alle sue origini. È considerato il simbolo del new pop e nel giro di due anni ha scalato le classifiche collezionando dischi di platino. Aiello adesso è uno dei protagonisti del Festival di Sanremo 2021, che lo ha visto sul palco dell’Ariston con il brano “Ora”.

Qui racconta della sua performance sanremese che ha fatto il giro del web, del suo urlo di dolore, dei suoi sogni e delle sue aspettative, e anche un po’ della sua Calabria.

“Ora” è il brano con cui gareggia a Sanremo. Un testo significativo con una frase in particolare che è sulla bocca di tutti: “quella notte io e te, sesso ibuprofene”. A questo punto viene da chiedersi cos’è questo sesso ibuprofene?

«È un sesso molto libero, in tutti i sensi, soprattutto nell’interpretazione. In generale nelle canzoni non voglio dare una lettura personale, ma spero che ognuno trovi la propria chiave di lettura. In questo caso è un sesso che è stato tossico, liberatorio, anche curativo ma non abbastanza, perché poi da questo sesso sono scappato e ho fatto la figura dello stronzo. Specialmente perché, come dico nella canzone, “mi sono perso nel silenzio delle mie paure”. È un sesso speciale che non ho dimenticato e che ho definito ibuprofene. Ma è stato bellissimo che quella che era una mia personalissima visione del sesso, ora è diventato un manifesto condiviso da tutti».

Durante l’esibizione di martedì era visibilmente emozionato. C’è rimasto male per chi non lo ha compreso o se l’è presa con se stesso?

«La verità? Me la sono presa con me stesso, perché non ho realizzato dall’impeto che avevo, che stavo mettendo la faccia attaccata all’obbiettivo (ride; n.d.r.). Perché il problema di fondo non è stato l’urlo che è proprio della canzone. Io ho scritto l’urlo, perché è un urlo di dolore, c’è nel pezzo e ci sarà di nuovo anche venerdì. Solo che venerdì sarò un po’ più furbetto, anziché mettermi con la faccia all’obbiettivo, me ne starò più lontano; perché qualsiasi urlo risulta grottesco se lo attacchi allo schermo della tv. Ovviamente i social di cui siamo tutti fruitori e a volte anche vittime, hanno giocato su questa cosa, si è scatenata la viralità. Io devo dire la verità, ho sorriso. Ovviamente i leoni da tastiera hanno fatto il loro lavoro gratuito e quello mi è dispiaciuto un po’, ma hanno stimolato frotte immense di difensori del mio talento, che forse questi meme dovrò ringraziarli».

Cantautore, calabrese, esordiente al Festival di Sanremo. Questo era Rino Gaetano con la canzone “Gianna” nel 1978. A distanza di 43 anni, sale sul palco dell’Ariston un altro calabrese, cantautore, esordiente: Aiello. È un caso che per la serata delle cover, lei abbia scelto proprio “Gianna” di Rino Gaetano?

«I 43 anni dopo non li avevo calcolati, e neanche all’inizio ricordavo che lui avesse portato Gianna a Sanremo. Ma io sono così devoto a Rino Gaetano, assieme a Dalla e Battisti, che quando mi hanno chiesto una cover e un pezzo del cantautorato italiano, non ci ho pensato due volte. Mi sono detto: porto Rino, porto casa, la Calabria e un pezzo che sembra scanzonato e leggero, ma in realtà è bello tosto. E mi sono fatto affiancare da Vegas Jones in questa impresa, per una versione che io definisco “The dark side of Gianna”».

In un post recentissimo sui social, ha scritto che è andato a salutare il mare. Questo mare che cita sempre, anche nelle sue canzoni. È per caso quello della Calabria?

«Ovviamente nel mio immaginario il mare è sempre riconducibile a quello della Calabria. In questo caso ho salutato il mare di Sanremo, e sono andato a ringraziarlo. Lo ho di fronte la stanza dell’hotel, e per me è sempre fonte di ispirazione, consolazione, confessione. E anche quando non voglio citarlo, è lui che trova me e si inserisce nelle canzoni. Abbiamo un rapporto stretto io e il mare».

Il 12 marzo esce il suo secondo album, Meridionale. Cosa si aspetta da questo progetto discografico e da questo Sanremo?

«Mi auguro che tutti possano apprezzare e ascoltare la mia visione del pop. Io ho un sogno grande, quello di lasciare una traccia nella musica italiana, e di farlo a modo mio. Sogno che un giorno qualcuno possa scrivere “il pop di Aiello”, e in questo caso il pop di Aiello, e sarà sempre così, è un pop contaminato. È una mescolanza di generi, è il mio modo di scrivere e di cantare, e in questo disco lo esprimo veramente in maniera ancora più viscerale. Perché faccio un viaggio nelle mie radici, culturali, terrene, valoriali. Da Sanremo mi aspetto un abbraccio gigante. Allargare ancora di più queste frotte di persone che si stanno avvicinando alla mia musica e che mi stanno regalando un amore infinito. E mi auguro di fare anche dei live pazzeschi, perché è quello che più mi manca».

A proposito di live, da tifoso del Cosenza come lo vede un concerto al San Vito Marulla?

«Ma magari! In questo momento però ci sono una serie di limitazioni, rispetto alla burocrazia e alle regolamentazioni anti covid; quindi non è facile organizzare proprio in tutte le location. In generale il team che lavora con me si sta impegnando per farmi avere delle tappe anche al sud, oltre a Napoli dove abbiamo raddoppiato la data. Ma non è facile. Lo stadio magari! Ma comunque forse sarebbe troppo» (ride; n.d.r.).

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