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“Paris, Texas” di Wenders, a 40 anni dall’uscita, ha portato al cinema 3 generazioni a Cosenza. Un film che non invecchia o lo fa troppo bene
Ci sono quelli che l’hanno visto nel 1984, altri lo hanno incontrato nei Vhs dell’Espresso. E poi quei ragazzi che l’hanno scaricato a loro modo e amato in maniera anarchica, irrituale, fuori dalla magia del grande schermo. In un martedì sera di pioggia battente c’erano un po’ tutte queste varie umanità all’uscita del cinema San Nicola di Cosenza, unica sala calabrese a proiettare “Paris, Texas”, pellicola immortale di Wenders a 40 anni dalla sua uscita.
COSENZA WENDERSIANA PER “PARIS, TEXAS” AL CINEMA SAN NICOLA
Due proiezioni strapiene restituiscono ancora la potenza del cinema d’autore. Merito del gruppo rodato del Cineforum Falso Movimento deciso a chiudere in bellezza il 2024 della rassegna Altri Sguardi, per questa occasione in sinergia con i Cinefamelici. Pochi giorni prima al teatro Universal di via San Francesco d’Assisi il gruppo dei cinephile aveva aspettato questo piccolo evento ascoltando la chitarra di Aldo “Al The Coordinator” D’Orrico interpretare le musiche di Ry Cooder, autore della colonna sonora del cult movie.
Cosenza ha suo modo è sempre stata una città wendersiana. Anche la Calabria, dove il regista tedesco ha girato “Il volo” sull’utopia di Mimmo Lucano a Riace. Qui ha trovato un sentiero di umanità, lui che di strade se ne intende.
ROAD MOVIE UN PO’ WESTERN
“Paris, Texas” è un film dove una serie di fattori e uomini hanno trovato una sintesi perfetta. La penna di Sam Shepard ha cucito un’altra specie di “Motel Chronicles”. La luce catturata da Robby Müller aggiunge qualcosa al Wim Wenders fotografo nel selvaggio West. Prove d’autore e d’attori brillanti in un road movie entrato nella storia del cinema. Non invecchia e torna a stupire nella pellicola restaurata dalla cineteca di Bologna e oggi disponibile in 4K.
La storia di “Paris, Texas” è costruita sullo spazio sconfinato di un deserto. Un uomo cammina sotto il sole, beve le sue ultime gocce d’acqua dal suo bidone di plastica, si sveglia nella pancia di un paese violento che non fa sconti. La chitarra di Ry Cooder racconta i colori intensi di una terra senza vita. Inizia l’Odissea di Travis lungo la Frontiera. Dal Messico entra in Texas. Questo uomo senza parola rompe il silenzio dopo un bel pezzo, quasi non ci credi possa farlo. E dice solo «Parigi» davanti al fratello arrivato da Los Angeles a riportarlo a casa. Dove l’aspetta un figlio di 8 anni che non vede da 4.
Guardano insieme un filmato in super8 quando i due erano tre. La madre è una splendida Nastassja Kinski che ormai vive a Huston dopo averlo abbandonato. Non c’è traccia di giudizi morali, non è nello stile del cinema di Wenders. C’è dentro la vita di tre persone. Padre e figlio si metteranno in moto alla ricerca della donna. Travis la troverà in un peep show che di erotico ha ben poco. Resterà nell’immaginario collettivo il caschetto biondo di una ventiduenne figlia di Klaus Kynski e quel suo vestitino fuxia. Da brividi, caldi. L’abbraccio col figlio e il ricongiungimento avviene come da classica drammaturgia occidentale. Travis ha portato a termine il suo compito. Non c’è più spazio per uno come lui. Si allontana in auto come un pistolero texano col suo cavallo. Non sappiamo dove, sappiamo solo che andrà.
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