Gianni Amelio a Cosenza insieme al sottosegretario alla Cultura Anna Laura Orrico
3 minuti per la letturaCOSENZA – Quando Gianni Amelio arriva al cinema Citrigno lo attende un gruppo di giornalisti in attesa di intervistarlo. Sceglie di parlare singolarmente con ogni testata e pazienza se il film, programmato per le 20, inizierà con qualche minuto di ritardo. Quando è il turno del Quotidiano dice di ricordare Sandro Tito e la redazione di Reggio Calabria.
E allora partiamo proprio da qui, dal suo rapporto con la Calabria: «Tornare in Calabria per me è straordinario e inquietante. Le mie radici sono qua, qua ho vissuto vent’anni, tutta la parte di vita che ti forma. Ci vengo ogni estate. Stranamente invece che nel Reggino o nel Catanzarese, mi capita di venire più spesso a Cosenza per via dell’università e del rapporto di amicizia con Pino Citrigno e perché mio figlio, che è il direttore della fotografia di questo film, con la sua famiglia, viene in vacanza qui».
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Dopo l’intervista il regista salirà sul palco e riceverà il riconoscimento della Calabria Film Commission direttamente dalle mani di Anna Laura Orrico, sottosegretario alla Cultura e fresca di delega proprio al Cinema: «Esistono tanti talenti calabresi, lo garantisco – dice Amelio – sono stato loro insegnante al Centro Sperimentale. Solo io ne ho già individuato almeno tre. Il mio desiderio è che lavorino qui, proprio perché hanno un grande talento». «Da sottosegretario alla Cultura – ha aggiunto la Orrico – è un grande orgoglio avere ricevuto la delega al Cinema. Siamo la regione più povera d’Europa ma siamo anche una regione molto ricca di talenti. Il cinema ha un’anima, racconta il nostro modo di essere italiani e può essere un’industria molto interessante anche per questa regione».
E veniamo al film: il dibattito e le polemiche (soprattutto) suscitate se le aspettava? «Le avevo messe in conto – la risposta di Amelio – io sono tranquillo con la coscienza, perché è un film fatto con totale onestà, non ho falsificato nulla. Ho solo omesso i nomi perché mi sembrava pleonastico chiamare Bettino Craxi la figura che si vede sullo schermo e che è Craxi in maniera impressionante, non solo per il trucco ma per la grande forza che Pierfrancesco Favino ha dato al personaggio».
A proposito di polemiche Amelio ha qualche sassolino nella scarpa da togliersi: come il furto della sceneggiatura «ad opera di qualcuno che dice di fare giornalismo e che ha cominciato a dare giudizi sulla mia posizione sul Craxi uomo e politico. Senza neppure vedere il film. Io avevo solo voglia di raccontare una storia, è il diritto di ognuno».
Di Favino e del suo trucco tutti parlano. Ma Amelio ha mai avuto il dubbio che un trucco così pesante potesse limitare l’espressività del volto? «Assolutamente no. Ci siamo arrivati per gradi. Volevamo un trucco perfetto ma che dovesse lasciare spazio all’anima del personaggio. A questo ci ha pensato Favino, un attore che conoscevo e del quale conoscevo la capacità di lavorare sulla voce e sui piccoli gesti».
Perché parla spesso di questo accostamento tra Craxi e Re Lear? «Perché è un accostamento naturale. Craxi del film è un uomo di potere in un momento di caduta, di conflitto anche con se stesso, con una figlia che gli sta accanto, una Cordelia che, a differenza delle altre due della tragedia di Shakespeare che lo amano senza porre questioni, lo ama e lo stimola anche contro le sue idee e la sua volontà».
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