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Vulvodinia, endometriosi, vaginismo, malattie spesso ignorate e sottovalutate che portano le donne a scontrarsi con tabù e stereotipi per difendere la propria salute
È un tuo problema. Hai un blocco psicologico. Non vuoi davvero stare con il tuo partner. Su, beviti un bicchiere di vino e rilassati. Sono alcune risposte che le donne si sentono rivolgere, quando lamentano dolore durante la penetrazione sessuale o la visita ginecologica. Risposte che, alcune almeno, arrivano anche dagli specialisti. Nella migliore delle ipotesi, le pazienti vengono indirizzate dallo psicologo. Nella peggiore, si sentono dire da qualcuno che con un po’ d’alcol il problema è risolto.
«È capitato a una nostra paziente, giovanissima, che non riusciva ad avere rapporti sessuali perché avvertiva dolore. ‘Bevi e vedi che andrà meglio’. L’avevano convinta che il problema fosse nella sua testa e invece soffriva di ipertono del pavimento pelvico. Ma in ogni caso, davvero si può dire a una donna di ubriacarsi per avere un rapporto?» chiede Paola Sammarro, direttrice del centro ‘Io Calabria’, una realtà giovane che si occupa a Cosenza di benessere intimo e sessualità femminile, con l’obiettivo di far conoscere e curare quelle malattie spesso ignorate o trascurate dalla medicina.
VULVODINIA, ENDOMETRIOSI, VAGINISMO E I TABÚ SULLA SALUTE DELLE DONNE
Malattie che minano la salute e l’intimità delle donne alcune sarà più facile che le abbiate sentite nominare: è il caso di vaginismo, vulvodinia, endometriosi. Altre, però, può capitare che le leggiate per la prima volta, come la neuropatia del pudendo e l’ipertono del pavimento pelvico, una contrattura costante della muscolatura che sostiene vagina, utero, uretra, ano, da cui derivano disfunzioni fisiologiche e sessuali. Buona parte di queste patologie è sconosciuta al sistema sanitario nazionale: l’endometriosi stessa, probabilmente la più nota, è inserita nei Lea solo per gli stadi clinici più avanzati e per una diagnosi si stima un ritardo medio di sette anni.
Tutto il resto finisce in buona parte relegato tra i disturbi psicosomatici: il problema, insomma, è nella testa della donna. «Tanti tabù, troppi stereotipi. Le donne sono ‘isteriche’ e il dolore è ‘normale’: si riduce tutto lì. E c’è anche a volte poca conoscenza tra gli operatori sanitari, che non hanno una preparazione sul pavimento pelvico – dice Sammarro – Del resto quando si parla di salute intima femminile, l’approccio ‘classico’ è la visita ginecologica, con ecografia interna. Importantissima, certo, ma limitata: ciò che si va a vedere sono solo utero e ovaie».
“IO CALABRIA” PER OFFRIRE ALLE DONNE UNO SPAZIO DI CURA DIVERSO
“Io Calabria” nasce quindi con due obiettivi: offrire alle donne uno spazio di cura diverso dal tradizionale ambito ostetrico-ginecologico e fare divulgazione, attraverso eventi e una rivista digitale. Il centro ha aperto nel 2020, ma – a causa del Covid – ha avviato davvero le attività un anno dopo. Per Paola Sammarro è stata una sfida. Fino a sei mesi prima viveva a Milano, dove da tempo si era trasferita. Giornalista, ha sempre lavorato sui temi della sessualità e del benessere femminile, scrivendo per riviste di settore o occupandosi della comunicazione di aziende che vendevano, ad esempio, coppette mestruali.
Fino ad aprire, sempre a Milano, un negozio dedicato alle mestruazioni: ‘La bottega della luna’, con la scritta a neon ‘I love my vagina’ che campeggiava sulla parete. Sugli scaffali libri, coppette mestruali, assorbenti compostabili, sex toys. «Mi si è aperto un mondo – racconta – Ero abituata a dialogare con le aziende, ora mi confrontavo con le persone. E dalle domande mi sono accorta che c’era ancora una scarsa conoscenza del proprio corpo da parte delle donne, indipendentemente dal loro percorso di vita e istruzione. Si faceva confusione tra vagina e uretra, per dirne una».
Da lì nasce l’idea di aprire un centro che aiutasse le donne a scoprirsi e a conoscersi e tenesse insieme pratica sanitaria e culturale. «Un’azienda con cui collaboravo era entusiasta, mi propose di aprirlo a Genova. Ma io mi sono detta: sfida per sfida, lo faccio nella mia regione, lo faccio in Calabria» spiega. Nessuno sponsor, nessun finanziamento: il centro «è anche una sfida imprenditoriale».
Con Paola lavorano Marta Maiolo, che collabora con lei nella gestione del centro, e dello staff fisso fanno parte le ostetriche Teresa Mastrota e Maria Rita Genovese – esperte in riabilitazione e rieducazione del pavimento pelvico – e la nutrizionista Iolanda Frangella. C’è poi una rete di professionisti di riferimento con cui il centro collabora: ginecologi, endocrinologi, psicologi, neuropsichiatri. «Non inserire ginecologi nello staff fisso è stato anche questa una sfida. Dopo due anni ancora ci capita di scontrarci con una certa diffidenza: c’è chi non si fida di una donna o di una professionista giovane o del fatto che, appunto, non ci sia un ginecologo fisso» spiega Sammarro.
UNA ESPERIENZA POSITIVA CON CALABRESI CHE DA FUORI REGIONE VENGONO IN CALABRIA
«Abbiamo raggiunto un equilibrio, seppur precario. E devo confessare – aggiunge – che non credevo di arrivare a questo risultato. Peraltro abbiamo dato vita a una forma di turismo sanitario al contrario. Calabresi che vivono fuori tornano qui per visite specialistiche. Una nostra paziente vive a Madrid, ma è venuta qui per avere una conferma della diagnosi ricevuta in Spagna. Collaboriamo con un centro di Verona, a cui indirizziamo pazienti che soffrono di endometriosi e loro mandano da noi donne con altre patologie.
Raggiungere questi risultati in una regione come la nostra non è scontato. Ne siamo fieri, del resto al centro abbiamo dato questo nome, ‘Io Calabria’, per una ragione: la Calabria siamo tutti noi e sta anche a noi contribuire al suo cambiamento».
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