La sede Asp di Cosenza
2 minuti per la letturaCOSENZA – Il telefono squilla a vuoto per due giorni. Da questo capo c’è Stefania, di Paola, e dall’altro c’è – o dovrebbe esserci – il Cup, il Centro unico di prenotazione dell’Asp. Tramite Cup Stefania deve prenotare una visita con eco-addome per il marito. Ha una certa urgenza e prova con insistenza, ma senza risultato. Le premesse, in realtà, non erano state incoraggianti. Il medico che deve visitare il marito l’aveva avvertita al telefono della tortuosità dell’iter: «Deve prenotare tramite Cup. Chiami… se le rispondono – perché non sempre rispondono e non capisco perché – è bene, altrimenti deve venire a Cosenza o mandare qualcuno».
Una telefonata, pensa Stefania, che sarà mai. Basterà aspettare il proprio turno in linea. Digita il numero e segue le indicazioni fornite dalla voce registrata. Dopo due giorni è ancora lì a provare, ma dall’altro capo non risponde nessuno. Al terzo giorno decide di affidarsi al numero “reclami” che la voce guida registrata le indica. Niente da fare, perché il numero risulta sempre occupato. Le resta solo il centralino dell’azienda ospedaliera. Il telefono squilla e all’altro capo c’è anche qualcuno che risponde stavolta. Stefania spiega che vuole prenotare la visita e, ovviamente, le viene risposto che deve rivolgersi al numero del Cup.
«Sono tre giorni che provo, è inconcepibile. Non risponde nessuno. Ho provato anche con il numero per i reclami. Abito a Paola, come devo fare? È insostenibile» spiega Stefania.
Le parti a quel punto si invertono: non è più lei a lamentarsi del disservizio, ma la centralinista a sfogare le propria stanchezza. «Sto impazzendo – dice al telefono – Il servizio del Cup è affidato all’esterno. Ci sono venti, trenta ragazzi. Non so perché non rispondano. Io sono sola eppure le ho risposto. Qui tra le chiamate che arrivano da fuori e le urgenze interne non so più come fare. A volte non ho neanche il tempo per andare in bagno, mi crede? La scorsa notte c’era caos al Pronto soccorso e non mi è stato possibile spostarmi: alla fine non l’ho trattenuta. Ho anche sbattuto con un braccio e sa che alla fine, dopo qualche giorno di convalescenza, ho firmato per rientrare prima in servizio? Lei ha ragione, ma non so proprio come aiutarla».
Stefania non può fare altro che esprimerle la propria solidarietà. Armata di pazienza, poi, si riattacca al telefono per contattare il Cup. Stavolta è più fortunata. Digita il numero e finalmente alle 10 e 18 parte una voce registrata che prega di restare in linea in attesa di un operatore. È un segnale incoraggiante dopo due giorni di silenzio. Mezz’ora più tardi riesce finalmente a prenotare la visita. Dopo “appena” tre giorni d’attesa e di tentativi.
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