La presentazione del libro al Comune di Cosenza
2 minuti per la lettura«Occorre avere della sana rabbia sociale». A dirlo è Michele Albanese, giornalista redattore del “Quotidiano del Sud” e collaboratore dell’Agenzia Ansa e de L’Espresso, minacciato dalla ‘ndrangheta e dal 2014 sotto scorta, durante la presentazione del libro “La ribellione di Michele Albanese”, scritto dalla giornalista Gabriella D’Atri.
L’incontro, che si è tenuto nel salone di rappresentanza del Comune di Cosenza, ha aperto l’iniziativa “Librincomune”, promossa dallo stesso ente. Il volume è il primo della collana “Sotto scorta”, edita da Castelvecchi, che raccoglie le storie e le testimonianze di chi è costretto al paradosso di una vita senza libertà solo per aver denunciato il malaffare e perseguito la strada della legalità. Pagine che ripercorrono alcune significative vicende di cronaca, avvenute nella provincia di Reggio Calabria e raccontate da Albanese, ma che hanno radicalmente cambiato la sua vita.
A narrare cosa accade ad un giornalista “di strada” quando perde parzialmente la sua libertà, le difficoltà personali e familiari nella gestione di una vita che non è più privata, perché costantemente sotto controllo da parte di “sconosciuti” uomini della scorta che – tuo malgrado – entrano nella tua intimità, ci ha pensato una collega: Gabriella D’Atri, volto noto della redazione calabrese della Rai, ha intervistato Albanese.
«In Italia ci sono 27 reporter sotto scorta – ha spiegato la D’Atri – un numero enorme ai quali si aggiungono i trecento giornalisti minacciati nell’ultimo anno. I cronisti minacciati devono sentire la categoria tutta vicina, per amplificare il loro lavoro ed evitare che su loro ricada il silenzio che i prepotenti vorrebbero».
Una storia che in definitiva racconta la testardaggine tipica calabrese e la voglia di credere che un cambiamento è possibile, anche se si rappresenta una goccia nel mare. Un libro composto da eventi di cronaca, aneddoti, ricordi, vite vere spese per far conoscere la verità, per creare “opinione” perché «quello che mi preoccupa – ha dichiarato Albanese – è il silenzio degli onesti. Dunque, quello che ho vissuto e vivo, vale sempre. Serve un giornalismo libero e impegnato, così come serve una scuola libera e una politica nuova, perché non tutto è perso. In quarant’anni qualcosa è cambiato, e dobbiamo fare in modo che questo processo, seppur lento, non si arresti».
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