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Sul Terrazzo Pellegrini di Cosenza, un pubblico attento e numeroso ha partecipato alla presentazione del libro “L’ultimo comunista. Enzo Lo Giudice. Politica, Diritto, Libertà” (Luigi Pellegrini Editore). Un racconto di passione politica, impegno civile e battaglie forensi, scritto a quattro mani da Francesco Kostner e Salvatore Lo Giudice, figlio del celebre penalista.


Sul Terrazzo Pellegrini di Cosenza, un pubblico attento e numeroso ha partecipato alla presentazione del libro “L’ultimo comunista. Enzo Lo Giudice. Politica, Diritto, Libertà” (Luigi Pellegrini Editore), risultato di un’intervista approfondita di Francesco Kostner a Salvatore Lo Giudice, figlio di Enzo. Un racconto di passione politica, impegno civile e battaglie forensi. Un ritratto che delinea con profondità la figura del penalista di fama nazionale, protagonista della storia giudiziaria italiana, noto in particolare per la difesa di Bettino Craxi.

L’evento, moderato dal direttore de “Il Quotidiano del Sud”, Massimo Razzi, si è aperto con i saluti istituzionali di Ornella Nucci (presidente dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza), Roberto Le Pera (presidente della Camera Penale) e del sindaco di Cosenza Franz Caruso. Autorevoli relatori hanno arricchito il dibattito con i loro interventi, tra cui: l’avvocato Franco Sammarco, l’avvocato e docente di Diritto processuale penale dell’Università della Calabria Alessandro Diddi e il presidente della Camera Penale di Paola Giuseppe Bruno.

TERRAZZO PELLEGRINI, L’OMAGGIO A ENZO LO GIUDICE

«Enzo Lo Giudice – ha dichiarato Ornella Nucci – aveva già profetizzato nel 1992 la deriva della magistratura italiana. Aveva denunciato la pericolosa distorsione del sistema democratico fondato sull’equilibrio dei poteri, lo stravolgimento dello Stato di diritto, la compressione delle libertà fondamentali. Quella che oggi alcuni magistrati denigrano è una riforma (separazione delle carriere, ndr) che si è resa necessaria».

«I libri di Enzo Lo Giudice non si leggono, si studiano», ha affermato Roberto Le Pera, sottolineando la visione innovativa del grande penalista. Le Pera ha evidenziato che, fintantoché i giudici considereranno il procedimento penale non come strumento per accertare un’imputazione, ma come un mezzo per combattere un fenomeno, il sistema resterà deviato rispetto ai principi voluti dal legislatore. Citando le parole di Enzo Lo Giudice e un richiamo del professor Sorrentino, Le Pera ha concluso: «Sii sempre studente. Mai ritenerti studioso. Soltanto nello studente alberga la curiosità che fa dell’avvocato l’essere curioso ma sempre con la toga addosso».

IL SINDACO FRANZ CARUSO RICORDA ENZO LO GIUDICE

Il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, ha ricordato con emozione Enzo Lo Giudice, definendolo un uomo straordinario, capace di lasciare un segno indelebile sia sul piano umano che professionale: «Ho avuto un rapporto di grande amicizia, oltre che di collaborazione professionale, con Enzo. Quando è scoppiato Mani Pulite, insieme a un gruppo di giovani avvocati cosentini, siamo saliti a Milano per contrastare il cosiddetto “rito ambrosiano”, che Enzo ha immediatamente affrontato con forza e lucidità. La sua battaglia gli è valsa il riconoscimento di un intero Paese. Da grande avvocato, non scendeva a compromessi né trattava la resa: difendeva la libertà e i diritti dell’imputato. E se l’imputato fosse stato Craxi, non avrebbe fatto alcuna differenza».

Caruso ha ricordato che: «Enzo Lo Giudice amava profondamente i giovani, soprattutto i giovani avvocati, e aveva una passione viscerale per il calcio e la politica. Fu protagonista di tante battaglie, un consigliere comunale attivissimo a Paola, e un profeta: le trasformazioni del rito penale del 1989, da inquisitorio ad accusatorio, Enzo le aveva previste con anni di anticipo». Infine, ha lodato il libro come una preziosa testimonianza del carisma e della forza di Enzo Lo Giudice.

POLITICA, GIUSTIZIA E LIBERTÀ

L’avvocato Franco Sammarco ha suggerito di eliminare le virgole nel sottotitolo per la seconda edizione del libro, che recita “Politica, giustizia e libertà”. Secondo lui, nel caso di Enzo Lo Giudice, questi tre concetti sono così intrecciati da non potersi separare. La caratteristica distintiva di Enzo Lo Giudice, per Sammarco, era il focus sulla persona, più che sul processo: «L’attenzione nei confronti dell’individuo la esplicita nella perenne contraddizione tra la suggestione e il tentativo di imprigionare l’individuo in una verità assoluta e la necessità di andare alla ricerca di quella verità relativa che attiene al rapporto tra l’individuo e l’ambiente». «Enzo afferma in maniera perentoria che nel mondo non c’è giustizia, che la giustizia, intesa in senso storico, politico, non si è mai realizzata. Ritiene che il processo sia dimostrazione di una crisi e di un deficit endemico strutturale laddove non si pone quale strumento di salvaguardia della pace sociale e della promozione del progresso sociale», ha concluso l’avvocato Sammarco.

I DUBBI, LE RIFLESSIONI, L’UMANITÀ DI ENZO LO GIUDICE

Il presidente della Camera Penale di Paola, Giuseppe Bruno, ha descritto il libro come un’opera affascinante e attuale, che esplora il pensiero di un giurista capace di prevedere gli sviluppi che stiamo vivendo oggi. «Una parte del libro, in particolare, è emozionante: il figlio Salvatore racconta i dubbi e le riflessioni di Enzo sul nuovo processo penale del 1989, sulla nascita e sullo sviluppo del nuovo Codice di procedura, e sulle sue speranze in relazione a tali cambiamenti».

Il presidente Bruno ha sottolineato che questo libro racconta anche l’umanità di Enzo Lo Giudice, la sua passione per il calcio e il suo impegno politico. «Enzo viene definito “L’ultimo comunista”, un termine che non si riferisce al partito o al sindacato, ma al comunismo nelle sue radici. Radici che lo connotavano per la risoluzione dei conflitti sociali. Il libro include una lettera di Gramsci e riflette su come la sua figura fosse un punto di riferimento in un periodo segnato da conflitti sociali, dalle Brigate Rosse fino a Tangentopoli». «Enzo aveva già intuito – ha evidenziato il presidente della Camera Penale di Paola – la gravità del reato ambientale e l’importanza dell’aggravante mafiosa, che per lui rappresentava il male più grande di quel periodo». Dall’intervento del presidente Bruno emerge un altro aspetto centrale del suo pensiero: «credeva fermamente che la speranza risiedesse nei giovani, nella lettura e nella cultura».

Nel corso dell’evento è stato proiettato un toccante video in memoria dell’avvocato Enzo Lo Giudice. Un omaggio che ha ripercorso i momenti più significativi della sua vita e della sua carriera, emozionando profondamente i presenti.

ENZO LO GIUDICE: «UN AVVOCATO SENZA PADRONI»

In qualità di professore universitario e avvocato, Alessandro Diddi ha sottolineato che la libertà di pensiero è una delle caratteristiche principali della professione legale, soprattutto quando esercitata in modo autonomo, come ha fatto Enzo Lo Giudice, senza subordinarsi a “padroni”. Nonostante abbia difeso figure di grande notorietà, Lo Giudice è stato sempre un avvocato indipendente, che ha lavorato seguendo valori assoluti che non appartenevano né a una parte politica né a una posizione religiosa, valori che oggi sono spesso smarriti. Diddi rifiuta l’etichetta di “ultimo comunista” per Lo Giudice, sostenendo che sarebbe stato un grande liberale, più lungimirante di molte forze politiche.

Alessandro Diddi ha osservato che: «Il successo degli avvocati non è dato dalla dichiarazione dei redditi ma dai clienti che hai. Sei bravo se Bettino Craxi si rivolge a te. Nel diritto penale, ha un’importanza enorme perché i clienti mettono nelle mani di noi penalisti uno dei valori più preziosi dell’uomo: la libertà».

L’avvocato Diddi ha analizzato anche gli sviluppi di Mani Pulite, ha trattato temi come l’abuso della carcerazione preventiva per estorcere confessioni, il ricorso massiccio ai collaboratori di giustizia, nonché l’uso sapiente e spietato dei meccanismi mediatici.

MEDIA E PROCESSO

«Chi può negare che oggi i processi sono innanzitutto fatti dalla stampa? Chi può negare che questi sono alimentati dai pubblici ministeri (pm)? Pensiamo alle conferenze stampa fatte dai pm dopo le mega operazioni in cui vengono criminalizzati gli indagati ancora prima di essere imputati. Basti pensare al caso del rapimento della piccola Sofia. Ci sono intere trasmissioni televisive sull’argomento. Stanno facendo il processo in televisione. Si è arrivati a criticare i magistrati perché hanno scarcerato il marito: il popolo ha sete di giustizia. Non è corretto. Significa alterare gli equilibri., Enzo Lo Giudice lo ha vissuto difendendo Bettino Craxi, individuato dall’opinione pubblica come il male dei mali».

IL CASO CRAXI: LE OSSERVAZIONI DI SALVATORE LO GIUDICE

Salvatore Lo Giudice ha riflettuto sul significato della professione legale e sull’eredità di suo padre entrando nel merito del caso Craxi: «Era stato già deciso che dovesse essere condannato prima che il processo avesse luogo. La storia è stata raccontata al contrario. Craxi ha confessato in Parlamento. I magistrati, nei provvedimenti, hanno cristallizzato che si parlasse di confessione stragiudiziale. Non ho mai visto che a un indagato reo confesso, addirittura prima delle indagini, si potessero integrare i presupposti per l’applicazione di una misura cautelare, peraltro restrittiva».

Ripercorrendo i fatti, Salvatore Lo Giudice ha precisato: «Craxi è stato condannato con prove acquisite in un procedimento connesso, senza che la sua difesa potesse intervenire. Craxi, grazie all’opera di mediazione di mio padre e di qualche soggetto istituzionale, aveva organizzato un percorso che portava a una collaborazione piena. Attraverso più interrogatori doveva raccontare la storia del finanziamento illecito in Italia, quindi della politica italiana. Questo portò a 5 interrogatori in 5 diverse caserme. I verbali dovevano essere custoditi. Noi non ne ricevemmo copia per evitare che si potesse attribuire ai legali la divulgazione illecita. Ma poi furono pubblicati su un settimanale. La collaborazione si interruppe. Craxi si rifiutò di raccontare le verità nascoste dell’Italia che solo lui poteva conoscere. Verità che non riguardano solo i finanziamenti illeciti alla politica. Ricordiamo che Craxi si occupò della liberazione di Aldo Moro. Ne avrebbe raccontate di cose».

Salvatore Lo Giudice ha parlato di una latitanza forzosa. «Si inventarono la misura di divieto di espatrio. In quel momento, lui si trovava all’estero per curarsi all’ospedale di Tunisi. Non poteva rientrare. Ed è così che è stato creato il mostro Craxi, lo scoop mediatico del cinghialone in Tunisia».

OMAGGIO ALL’AVVOCATO ENZO LO GIUDICE: IL LIBRO “L’ULTIMO COMUNISTA”

A chiusura dell’incontro, il giornalista Francesco Kostner ha spiegato che, con l’imminente decennale della morte di Enzo Lo Giudice, ha sentito il dovere di omaggiare la sua figura: «Nel mio piccolo, ho inteso dare il mio contributo al ricordo e alla valorizzazione di questa straordinaria figura che appartiene alla nostra identità e ricchezza culturale con l’indispensabile aiuto di Salvatore».

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