Luigi Pellegrini con il figlio Walter
2 minuti per la letturaCLETO (COSENZA) – «Ragioni assolute di carattere tecnico – così scriveva a penna sul suo primo giornale a Cleto – non ci danno più la possibilità portare il nostro Giornale murale dattilografato come lo fu. Speriamo, fra non molto, però, di trarre ulteriori miglioramenti e sviluppo tipografico. La direzione».
Correva l’anno 1946 e le «ragioni assolute di carattere tecnico» che impedivano la normale pubblicazione de “La voce sociale”, altro non erano che la rottura dell’unica macchina da scrivere, che Luigi Pellegrini possedeva. Il giornalista di Cleto, nel frattempo, non si fermò e scrisse a penna alcune edizioni del suo giornale murale in attesa dell’acquisito di una nuova e più moderna macchina da scrivere.
E fu proprio questa nuova macchina da scrivere il preannunciato «sviluppo tipografico», il primo passo avanti di una lunga e prestigiosa strada che partiva dal suo amato paese natio. Quella nuova macchina da scrivere fu il prologo di una stagione nuova che, a distanza di sei anni, il 21 marzo del 1952, proprio il giorno che arriva la primavera, si concretizzò con la nascita a Cleto della casa editrice Pellegrini, che ha festeggiato, ieri, il 70° compleanno.
L’aneddoto della rottura della prima macchina da scrivere, me lo ha raccontato mio padre, Franco Orofino, che da ragazzino ha passato tantissimo tempo assieme al maestro elementare-giornalista, aiutandolo nella diffusione delle sue pubblicazioni in paese e fuori, con spedizione postale. Luigi Pellegrini ha sempre voluto mantenere la sua passione per il giornalismo, lontana dal guadagno materiale.
Scriveva per passione redigendo e affiggendo personalmente il suo giornale murale nel centro abitato del borgo cletese. Pian piano però al suo primo mattone “puro” ne ha saputo aggiungere altri, costruendo così una grande casa, la sua casa editrice che ha dato e darà lustro alla nostra regione, in Italia e nel mondo.
Chi, oggi, scrive questo ricordo da Cleto, deve un grazie particolare a Luigi Pellegrini, a quel giornalista che da un piccolo paese calabrese non si scoraggiò e andò sempre più avanti senza fermarsi mai.
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