La chiesa di San Francesco d’Assisi nel centro storico di Rende
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RENDE – Negli anni del regime fascista i dissidenti erano costretti a riunirsi, laddove possibile, nei luoghi più impensabili per sfuggire alla repressione. La principale accortezza era naturalmente di discutere lontano dagli occhi e dalle orecchie di eventuali delatori.
Nel centro storico di Rende negli anni Trenta ad ospitare le riunioni clandestine di un gruppo di antifascisti fu addirittura un convento. I dissidenti in questione erano guidati dal comunista Michele Aversa, figlio di un artigiano anarchico e gestore di una bottega per la vendita di libri e giornali, che trovò un insospettabile sostegno, in quei difficili anni, nel padre superiore del Convento di San Francesco d’Assisi Beniamino Bisogni.
Il comune denominatore tra il monaco e il gruppo di dissidenti era l’antifascismo.
UN MONACO ANTICLERICALE
La memoria popolare ricorda il frate come un uomo sanguigno e determinato. Non ebbe mai paura di condannare apertamente le contraddizioni del clero. Sosteneva «che i preti non predicano la vera religione perché vanno dietro ai soldi e i soldi sono la cosa più vile che possa esistere», ricordò lo stesso Aversa in un’intervista concessa nel 1988 a Isolo Sangineto per il Bollettino dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea.
I precetti monastici e la vita ritirata non gli impedirono di prendere una posizione e di schierarsi a fianco dei perseguitati. Nei cosiddetti anni del consenso in cui anche la Chiesa, in seguito alla firma dei Patti Lateranensi, si mostrò accondiscendente con la dittatura il frate del centro storico non esitò ad aiutare gli antifascisti rendesi correndo dei gravi rischi.
E così quel manipolo di comunisti, probabilmente atei e certamente anticlericali, trovò un aiuto concreto e disinteressato niente meno che da un monaco francescano. Un abisso ideologico li divideva ma c’era un grande rispetto che nessun credo e nessuna tessera avrebbero mai scalfito.
LE VIOLENZE SQUADRISTE
Il fascismo, d’altro canto, aveva mostrato la sua ferocia anche a Rende. Nel 1921 i fascisti della sezione locale, spalleggiati dagli squadristi di Cosenza e San Lucido, bruciarono quadri e vessilli del circolo comunista.
Successivamente in occasione della distruzione della sezione socialista vennero feriti Luigi Principe e Antonio Greco e e «venne dato l’ostracismo ad Agostino De Luca», ovvero gli fu impedito con la violenza di risiedere a Rende, episodi ricordati da Francesco Spezzano in “La lotta politica in Calabria (1861-1925)”.
GLI ANARCHICI DI SURDO
Nelle campagne di Rende, ancor prima dell’instaurazione del regime fascista, c’erano molti contadini anarchici, soprattutto nella zona di Surdo. Si trattava di persone che negli anni precedenti erano emigrate in America del Sud, particolarmente in Argentina, dove esisteva un forte movimento anarchico.
Uomini umili e laboriosi che rimasero fedeli alle loro idee rivoluzionarie anche durante il Ventennio. Riuscirono a esercitare una grande influenza sugli altri contadini. I loro consigli e giudizi erano ascoltati da tutti dimostrando di avere una grande autorevolezza.
Si ricordano in particolare i fratelli Vincenzo e Santo Turco e le famiglie De Rango e Nigro. Nel dopoguerra la rossa contrada Surdo guadagnò addirittura la reputazione di «Corea del Nord» nell’immaginario collettivo.
IL FRATE E IL COMUNISTA
Aversa, molto legato a Fausto Gullo, ricordò l’ottimo rapporto con padre Beniamino rimarcandone la lealtà e il coraggio. «Il convento, accanto alla chiesa, aveva una stanza a pianterreno di cui il frate ci aveva dato la chiave per poterci entrare in qualsiasi ora; anzi, ci aveva pure detto che, in caso di necessità, potevamo fuggire attraverso un’altra porta che metteva questa stanza in comunicazione con la chiesa», dichiarò Aversa. Quest’ultimo definì padre Bisogni un «sincero antifascista».
Il frate non era un marxista (non esistono fonti o testimonianze che attestino il contrario) ma avversava il fascismo senza tentennamenti. Passarono gli anni bui della dittatura e della guerra e anche Rende riconquistò la libertà e la democrazia. L’aiuto e la protezione offerti da padre Beniamino al gruppo di dissidenti non vennero mai dimenticato.
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