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Fedele ed Elwira

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CLETO (CS) – Matrimonio a distanza a Cleto. Una storia a lieto fine in piena pandemia. È la storia di Fedele ed Elwira iniziata venti anni fa.

Lo scorso 5 maggio i due cletesi si sono sposati in “dad”, a distanza, cioè, davanti a due schermi di computer, proprio come una lezione fra professore e alunni, in tempo di coronavirus.

Fedele Vena, segretario comunale a Belmonte, Aiello, Falconara Albanese e San Pietro in Amantea, comuni del basso Tirreno cosentino, a metà aprile ha contratto il Covid e ben presto le sue condizioni son diventate critiche, tanto rendere necessario il suo trasporto in ospedale.

Veniva ricoverato nel reparto “Valentini”, del nosocomio cosentino, destinato ai malati Covid. Passati alcuni giorni dal ricovero, però, le sue condizioni si aggravavano ulteriormente, tanto da far temere il peggio. E così Fedele ed Elwira, mercoledì 5 maggio, hanno deciso di sposarsi, dopo un ventennio di convivenza, amore e famiglia, con due figli Serafina e Giuseppe, rispettivamente di 20 e 15 anni.

Il matrimonio, come prevede la legge in questi casi, è stato celebrato in punto di morte di uno dei due sposi. Fedele sul letto di un ospedale, Elwira a casa e il sindaco di Cleto in Municipio, a officiare le nozze a distanza. Tutti davanti a uno schermo di computer, dove è stato pronunciato il fatidico “sì”.

Oggi, siamo qui a raccontare questa vicenda a lieto fine e questa storia d’amore che proseguirà ancora. Fedele, infatti, è riuscito a sconfiggere il virus e nei giorni scorsi, dopo quasi due mesi si permanenza in ospedale, è ritornato casa dove ha potuto, finalmente, riabbracciare la sua famiglia.

«L’evento – ci ha detto il segretario Vena – è avvenuto in un momento drammatico. Ma molto emozionante. Non solo per la mia famiglia, ma anche per il sindaco di Cleto e per gli altri che hanno partecipato. Sì, è uno di quei momenti che per la loro drammaticità e unicità lasciano il segno. Di bello? Forse solo il sì, tra il pianto. E l’emozione di tutti. Anche in ospedale è stato così e c’è stata una ragazza, ricordo il suo nome, Ida, che ha assistito emozionatissima pure lei. Sai di matrimoni contratti “in articulo mortis” non è che se ne vedono molti in giro. Io devo ringraziare il sindaco di Belmonte, Ciccio Bruno, che in quel momento era l’unica persona con cui parlavo e ha raccolto la mia volontà di sposarmi. Poi ringrazio il sindaco di Cleto, Giuseppe Longo che con emozione forte ha celebrato, quindi, il segretario comunale, i testimoni, i funzionari municipali, medici e infermieri che hanno collaborato.

E infine ringrazio Elwira che ha detto sì e i miei figli Giuseppe e Serafina che hanno assistito attoniti e silenziosi, ma compiaciuti. Di vedere i loro genitori unirsi in matrimonio. Certo niente fedi, niente fiori. Niente bei vestiti. Niente di niente. Solo un “sì” detto in una situazione in cui non si sapeva ancora se avessi superato questo terribile virus».

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