Lorenzo Pupo
4 minuti per la letturaCOSENZA – Non sempre la nostra terra racconta di emigrati e giovani con la valigia in mano pronti a partire per “trovare fortuna” altrove. Ce ne sono tanti, troppi, è vero. Ma non sempre è così.
Lorenzo Pupo, ad esempio, 26 anni ed una laurea in Scienze turistiche conseguita all’Unical racconta al Quotidiano del Sud esattamente il processo inverso a quello di molti suoi coetanei. Si laurea nei tempi giusti e senza esitazioni lascia la sua Calabria per approdare a Londra, in cerca di esperienza e lavoro. Lì, nella freddissima e piovosa città, trova sistemazione ed una occupazione davvero importante: nella catena degli hotel di lusso della Marriott.
Strutture alberghiere, tanto per intenderci, per ricchi; solo il coperto e la seduta su uno dei tavoli della hall, costa intorno alle 25 sterline. In pochi mesi, oltre che imparare la lingua, Lorenzo si fa strada. Viene apprezzato dai colleghi e dal management. Da Londra poi si trasferisce a Manchester, sempre nella stessa catena di hotel e sempre nelle medesime condizioni lavorative, ben retribuito e sostanzialmente appagato. La possibilità di far carriera è nelle corde di Lorenzo; i suoi “capi” glielo lasciano capire, intuire. Epperò, la lontananza dalla sua famiglia, dalla sua terra, dai suoi affetti si fa sentire, eccome.
Lorenzo ci dice che il suo sogno del cassetto, sin da piccino, è sempre stato quello di coltivare la sua terra, le sue piantagioni, i suoi frutti.
Il papà Francesco dalla Sila, dalla rinomata e forse poco pubblicizzata Camigliatello, forse solo una volta si lascia “scappare” che quei 112 ettari di terreno, un’enormità a queste latitudini, avrebbero bisogno di mani e sudore. E Lorenzo, neppure il tempo quasi di riattaccare la cornetta telefonica, prenota il primo “British Airways” e vola in Italia.
«Ho deciso di tornare», ci spiega nella sua fattoria ai piedi della Sila.
Sì, perché Lorenzo ha davvero lasciato tutto e tutti in Inghilterra e ha deciso di emigrare verso la Calabria.
Una storia all’inverso, una storia che lascia ben sperare per qualche giovane della sua generazione.
«Da bambino, con mio nonno, venivo qui e per tutta la giornata giravo in lungo e largo su questa terra meravigliosa ed in quest’aria così bella», dice.
Raggiungiamo Lorenzo insieme a Franco Laratta, uno dei componenti del Cda Ismea che si occupa di agricoltura ed imprese in tutta Italia. Siamo a 6 chilometri da Camigliatello, forse due dal lago Cecita. La località di chiama “Aceretto” ma non perdete tempo su Google maps: non compare da nessuna parte. Qualche chilometro più avanti si trova il parco nazionale della Sila ed il bellissimo Parco del Cupone.
«Da oltre 30 anni questa terra è stata lasciata a se stessa. Mio padre, lavorando altrove, non si è potuto occupare a tempo pieno di così tanta terra. E poi come avrebbe potuto fare se sono rimasti tre soli trattori vecchi di 50 anni?», ci spiega Lorenzo. Ecco allora la svolta, la volontà di proseguire, ripartire da qui. Al diavolo il caos frenetico londinese; evviva l’aria e l’ambiente calabro-silano. Lorenzo sale su uno dei trattori a sua disposizione; è quasi un cimelio, con un rumore incredibile ma quel che deve fare, quel piccolo trattore, lo fa bene.
Avanti ed indietro, su e giù. Lorenzo è instancabile.
Un po’ per la giovane età, un po’ per accelerare quel sogno nel cassetto che sta cercando di realizzare. Nella sua terra ha coltivato patate, manco a dirlo. Aderendo al Consorzio è sicuro che poi il suo prodotto sarà veicolato e acquistato nei supermercati e discount di tutta Italia. Non solo patate, ovviamente.
«Coltivo altri ortaggi e da qualche tempo anche frutti di bosco: fragole, ribes, more, mirtilli. Spero di arrivare un giorno anche alla trasformazione di questi frutti in confetture. Punto sul biologico e sulla qualità», asserisce con orgoglio.
Il papà Francesco lo aiuta, sale su un altro trattore (un po’ meno vecchio, “solo” del ’97) e gira sui campi anche lui. Un bel quadretto familiare che però va sostanzialmente aiutato. Da chi? Dallo Stato, dalla regione Calabria, dalle Istituzioni più in generale (l’Ismea, ci riferisce Laratta, ha finanziato tantissimi progetti tanto che la Calabria è la seconda regione in Italia per domande accolte, ndc).
Lorenzo ci racconta che ha fatto la domanda al Psr regionale ed è in attesa di risposte; non basta, è evidente.
«Il problema qui da noi è la lenta burocrazia. Mille carte per una domanda. L’esperienza all’estero mi ha insegnato che invece snellendo tutto si riesce ad aiutare chi vuole realmente fare. Oggi dobbiamo remare tutti nella stessa direzione – ci racconta ancora Lorenzo, tra un pausa e l’altra del suo lavoro. Valorizziamo i nostri prodotti, senza invidie e gelosie stupide. La Calabria offre poco ma può dare davvero tanto. Io ci credo,ecco perché sono tornato. Per il mio sogno, per la mia terra, per i ricordi di nonno e papà e perché la speranza di realizzarmi qui non può morire».
Si fa tardi, entriamo in una casetta vicino il campo, vecchia ma con travi dell’800 che fanno restare a bocca aperta. Mangiamo pasta e patate con altri amici, in un clima di festa e confronto.
Un’altra Calabria è possibile, Lorenzo ne è testimone.
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