L'autostazione di Cosenza
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COSENZA – Nella desolazione domenicale spiccano un’auto della polizia accostata al marciapiedi e un grande buffet tra due autobus rossi nuovi fiammanti, sembra la scena dell’orchestrina che suona sul Titanic che affonda: segno, comunque, che all’autostazione l’unico asset a prosperare è quello del pendolarismo.
Prima dell’“emergenza criminalità” – un’emergenza divenuta norma come molte altre in Calabria –, questo slargo dall’architettura a mezza spina di pesce condivisa con Bergamo faceva notizia solo una volta l’anno: la domenica di inizio gennaio in cui i “cervelli in fuga” ritornavano a nord. In pullman, appunto. Strada stracolma di gente, parenti che salutano. Tra video commossi o incazzati e la retorica delle condivisioni social.
Ora sui social finisce una rissa ripresa da due angolazioni; poi, l’altro ieri, la notizia del ragazzo che gira con la pistola giocattolo; infine il neosindaco che proprio sull’autostazione deve dettare il suo primo comunicato “politico” (nel senso di polis, non di toto-assessori) ufficiale: Franz Caruso è obbligato dallo scorrere della vita reale a spostare l’asse dell’agenda delle priorità dalle alchimie dei partiti e dal Tetris della viabilità alle molte, troppe sacche di degrado presenti in un centro città che sembra periferia. Una delle tante.
Uno sguardo alla realtà che cambia: l’Autostazione di Cosenza oggi
Ci sono tre kebab nel quadrilatero tra corso Fera e viale Mancini, e altrettanti alimentari con macelleria halal, cioè con prodotti a lavorazione fedele alle norme della legge islamica.
Fino a quindici anni fa il luogo era altrettanto esotico ma per le lanterne esposte dai grandi punti vendita cinesi, oggi anche quel settore arranca e altre bandiere si sono affacciate: scendendo da via Guido Dorso (dove un tempo c’era una stazione della polizia che oggi i più rimpiangono) un negozio rumeno, per dire, fa anche da ritrovo della popolosa comunità blugiallorossa.
I Money transfer sono un altro indice di meltin’ pot: è il metodo più facile e diretto per inviare soldi alle famiglie nella madrepatria senza andare in banca.
Un ristorante orientale sfida la piadina e Nutella a un euro e cinquanta. Lo slot food e le agenzie di scommesse, rosticcerie, negozi di libri usati e parrucchieri (Younes usa i caratteri arabi) completano il quadro.
L’autostazione è un collettore di marginalità già da tempi pre-Covid.
Uno sguardo alla realtà che cambia: l’Autostazione di Cosenza ieri
E dire che era un quartiere produttivo e operaio: zona di officine di elettrauti e carrozzieri, c’erano i bagni pubblici, il bar vicino alle pensiline aveva una ventina di flipper in fila, ai tempi Giannetto Alfieri – sua l’insegna di sport che da qualche anno è tornata qui dopo un paio di decenni in esilio volontario 100 metri più a est – gestiva un alimentari poi venduto a Mario Filice, il deposito della pasta Amato aveva lo scivolo usato anche come gioco dai bambini, c’era l’insegna Bulova dell’orologiaio Roberto, mastro Ciccio il calzolaio, la Croce Rossa all’angolo dell’attuale via Quintieri (quello dell’ultima rissa), la cartoleria di Antonio Visciglia e la trattoria di Davide De Luca, ricordano i gruppi di nostalgici su Facebook.
Resiste l’ultimo bar di Cosenza con la zuccheriera invece delle bustine (si segnalano «cuddruriaddri ogni venerdì» tutto l’anno nell’angolo dei 3 moschettieri Alfredo, Peppino e Pilerio), mentre il negozio cinese accanto ha chiuso: Vendesi.
Sul marciapiede opposto, quello di “Giordano il musichiere”, altro negozio-cult chiuso, ecco però un supermercato Cinque Continenti e un piccolo negozio di moda asiatico.
C’è un “African shop” (alimentari-cosmetici-casalinghi), molti negozi di telefonia che sembrano aggiornare il tempo dei telefoni a gettoni della Sip, già “Casa del lampadario” dei De Cicco poi trasferitasi in piazza Kennedy: questa scalinata tagliata dalla salita oggi sembra uno spazio dedicato alla differenziata del vicino McDonald’s, un tappeto di bicchieroni e sacchetti di carta con la grande M, mentre gli ampi locali interni sono la sede dell’Ispettorato ministeriale frodi alimentari Mipaaf.
Da corso d’Italia ex via Panoramica – dove da un anno è stato rimpiazzato anche il bar omonimo – passava uno dei torrenti che dalla parte alta della città confluivano a valle: fu poi tombato come accadde in altre zone (piazza Europa, piazza Zumbini) per formare lottizzazioni.
E proprio più a valle, a ridosso del rilevato ferroviario che ghettizzava via Popilia, c’erano il “campetto dei Pizzuti” – sostituito da un rifornimento di benzina oggi chiuso dopo una lunga vicenda giudiziaria – e il pantalonificio Valentini.
Un quartiere che pulsa diviso tra violenza e operosità
Periodicamente sentiamo il ritornello del trasferimento del “terminal bus” a Vaglio Lise (un tormentone elettorale come il nuovo ospedale, la corte d’appello, lo svincolo a sud…), intanto questo quartiere continua a pulsare tra violenza e operosità.
Donne delle pulizie, nuovi poveri in cerca di fortuna e working class varia dalla Presila e da tutto l’hinterland si riversano in città entrando da questa porta.
«Tutti italiani, di classe proletaria e sottoproletaria. È il proletariato e il sottoproletariato bianco, oggi, a rappresentare la classe sociale meno protetta di tutte, la meno “vista” di tutte» (la frase che Vitaliano Trevisan riferisce all’assistenza sanitaria e psichiatrica in particolare, in parte si adatta alle riserve di ultimi e dimenticati, non solo stranieri).
È domenica e l’esercito è a passeggio nel salotto buono musealizzato dove persino i cagnolini – lavati profumati e incappottati – hanno più tutele e diritti e privilegi delle persone, ma poi appena svolti l’angolo trovi la più totale a-nomìa. Rifiuti e abbandono.
Ai sindaci l’indifferibile compito: dedicarsi alle periferie in pieno centro
Al sindaco Salvatore Perugini, «una brava persona» come il suo attuale successore, si imputava un certo “indecisionismo”: invece di far rimuovere la palma precipitata su viale Parco la schivava, mentre faceva jogging.
Ecco, Franz Caruso – appena avrà finito di giocare col pallottoliere degli assessori – magari può partire davvero da via delle Medaglie d’oro per iniziare a dedicarsi alle periferie in pieno centro.
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