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La direttrice artistica, Anna Catalano, racconta il Fotografia Calabria Festival focalizzato sul tema della famiglia


VENERDÌ 26 luglio è stata inaugurata ufficialmente la terza edizione di Fotografia Calabria Festival, il primo festival diffuso dedicato alla fotografia contemporanea in Calabria, ideato e promosso dall’Associazione Culturale “Pensiero Paesaggio”.

Il festival, in programma fino al 25 agosto, è ospitato dal comune di San Lucido (CS), uno tra i più suggestivi centri del basso Tirreno cosentino, che si prepara ad accogliere in location uniche e speciali, tra le proprie strade e i vicoli del centro storico, i numerosi progetti – alcuni inediti, altri in anteprima italiana – dei fotografi internazionali ospiti del Festival, oltre ad eventi, talk e workshop dedicati al mondo della fotografia. Anche quest’anno, ci si immerge nell’esplorazione della fotografia come linguaggio della contemporaneità, focalizzandoci sul tema della famiglia e le sue rappresentazioni.
La fotografia si configura come uno strumento che ci invita a riflettere sul presente e diventa un mezzo attraverso il quale innumerevoli famiglie di tutto il mondo immortalano attimi significativi, preservando emozioni e sentimenti e custodendo piccole storie. Per parlarne meglio abbiamo intervistato Anna Catalano, direttrice artistica del festival

Quali sono le coordinate artistiche dell’edizione di quest’anno del Fotografia Calabria Festival?

«Il tema di quest’anno è Fotografia di Famiglie, un tema che apparentemente può sembrare molto semplice, ma che ci regala delle riflessioni inaspettate su quello che è l’universo dei legami familiari. Avremo in mostra tredici autori, sia italiani sia stranieri. Per la prima volta devo dirti che ho scelto di inserire tre autori calabresi, un autore di San Fili, Pierluigi Ciambra, due fotografe, Noemi Comi, di Catanzaro e Sofia Uslenghi, originaria di Gerace, per cui la Calabria è ben rappresentata. Sono tutti autori emergenti molto bravi. Inoltre, abbiamo fotografi che vengono dalla Corea, da Melbourne in Australia e da molte altre parti del mondo ed utilizzo il verbo “vengono” proprio perché hanno partecipato all’inaugurazione.
Si tratta davvero di un Festival Internazionale nella scelta dei lavori, nella partecipazione effettiva dei fotografi e quest’anno poi abbiamo anche previsto per il weekend inaugurale dei momenti di incontro, di approfondimento con dei momenti seminariali, ad esempio il workshop tenuto da Filippo Venturi, che è anche esposto al Festival, e che spiegherà l’utilizzo della dell’intelligenza artificiale nel mondo della fotografia. Inoltre, abbiamo anche delle letture di portfolio, ovvero un momento di confronto tra fotografi e dei lettori che sono esperti nel mondo della fotografia, che possono dare loro dei riscontri immediati a chi propone il proprio lavoro, indirizzarli, magari suggerire dei cambiamenti».

Fotografia di famiglie. È qualcosa che ha un sapore di passato, però in realtà racconta molto il presente della nostra epoca, che non è solo quella del selfie, ma anche di un racconto personale attraverso la fotografia. Come si coniuga qui il plurale e il singolare?

«Fotografia di famiglie, abbiamo scelto volutamente questa denominazione, perché questo sia un modo per raccontare i legami storici ma anche per restituire un’istantanea di quella che è la famiglia, in particolar modo la famiglia italiana oggi. Per questo motivo ho commissionato un lavoro inedito ad una giovane fotografa, la calabrese Noemi Comi, che ha raccontato con i testi giornalistici di Chiara Gargioli l’universo delle famiglie omosessuali, monogenitoriali in Italia, che cos’è oggi la famiglia italiana, come è rappresentata ancora da unioni, che vengono, si realizzano, si possono concretizzare soltanto in una chiesa od unioni civili.
Oppure è qualcosa che va oltre la giurisprudenza o al di là della classica benedizione e del sacramento del matrimonio. Noi vogliamo aprire una riflessione, non vogliamo dare delle risposte. Stiamo cercando di riflettere insieme ai visitatori su che cos’è oggi la famiglia italiana. Siamo andati in casa, letteralmente, di diverse famiglie di coppie omosessuali che hanno figli, di coppie omosessuali che non hanno figli, sposati e non sposati.
Abbiamo incontrato, ad esempio, anche Luca Trapanese, che ha fatto la scelta coraggiosissima di diventare papà adottando una bambina, Alba, che ha la sindrome di Down è che nessuno voleva adottare. Siamo andati a casa loro e abbiamo conosciuto Alba e Luca. Siamo andati a casa anche di Katia, che è una giovane donna, un’imprenditrice italiana, la quale ha scelto di diventare madre da sola e ha potuto permetterselo perché c’è anche un discorso economico. È diventata mamma attraverso la fecondazione eterologa. Ecco che cos’è la famiglia italiana oggi, ecco perché fotografia di famiglie».

Ci sono molte mostre e molto interessanti, dagli italiani fino al coreano a Hyun-min Ryu. Come è stato selezionare i progetti?

«Questa è a parte più bella che faccio io personalmente, la parte più bella, ma anche quella più delicata della direzione artistica. Io mi documento molto, vagliando riviste italiane ed estere. Mi faccio a volte suggestionare dal semplice lavoro fotografico in sé per sé. Quando una fotografia mi arriva alla pancia dico, ha qualcosa da raccontare. Altre volte, invece, cerco di andare oltre approfondisco il progetto. Magari al primo impatto non mi emoziona, non mi racconta nulla in particolare. Andando avanti mi rendo conto che invece ha della sostanza per cui è un lavoro di grande ricerca. Cerco di operare nella maniera più responsabile possibile, restituendo una visione che deve essere necessariamente globale e non troppo locale».

Una domanda che ti volevo fare era proprio sul workshop di Venturi fra fotografia e intelligenza artificiale, tu come vedi questo rapporto?

«Nel progetto di Filippo Venturi l’utilizzo dell’intelligenza artificiale riesce a creare e colmare dei vuoti in maniera virtuale, magari sono dei vuoti emotivi. Nella sua storia personale Filippo he perso il papà dieci anni fa. In questo progetto lui racconta come, attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, sia riuscito virtualmente a far incontrare suo papà con suo figlio. Crea delle suggestioni, è chiaro che stiamo parlando di fotografie inventate e di prodotti artificiali, ma che comunque creano delle riflessioni, delle suggestioni vere e proprie. Una fotografia ha anche il compito di emozionare, non solo di documentare, e ti garantisco che si viene colpiti dalla veridicità di alcune di queste immagini mentre altre meno, si vede che c’è la mano pesante dell’intelligenza artificiale, ma abbiamo scelto nei lavori, nelle fotografie che abbiamo esposto di alternare foto che sono oggettivamente frutto di un software ad altre che sembrano proprio foto vere».

Che rapporto c’è fra la Calabria e la fotografia?

«Ancora, siamo un po’ indietro, ci sono delle regioni in cui ci sono già diversi Festival, ma c’è tempo. Stiamo aprendo degli spiragli sulla fotografia di ricerca, che parli un linguaggio anche più internazionale e per quanto riguarda anche il lavoro di allestimento di quest’anno deve dire che siamo davvero molto soddisfatti».

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