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I pescatori non hanno mai mostrato entusiasmo per l’investimento, poi saltato, della Baker Hughes nel porto di Corigliano-Rossano. Una giornata nello scalo della città jonica.
Un porto primo di vederlo dovresti sentirlo. Col brusio, le voci, i rumori, le sirene della solita frenesia quotidiana. A Corigliano-Rossano il copione è differente. Due furgoncini cabinati, uno giallo e l’altro bianco, parcheggiati davanti all’ingresso. A pochi metri due uomini, molto gentili, della Capitaneria all’interno di una casupola danno informazioni e vigilano sul traffico in entrata.
Traffico? In realtà poca traccia. Perché di mezzi se ne scorgono ben pochi. Una signora con una vecchia Ford Focus grigia si accosta, ha bisogno di qualche informazione per il rinnovo della patente nautica.
Due camion con rimorchio parcheggiati in parallelo all’esterno danno almeno il senso di uno scalo commerciale seppure senza tanti commerci. Senza nemmeno un bar dove bere un caffè, magari in uno di quei posti frequentati dai marinai a consumare vino o birra nei giorni di mare grosso, come i personaggi di Jean Claude Izzo sorseggiano pastis al vieux Port di Marsiglia.
In un certo senso un filo rosso lega questi due pezzi di Mediterraneo. Miracoli del calcio e di un ragazzo capace di vincere tutto, dalla Champions League al campionato del Mondo per poi approdare da allenatore sulla panchina dell’Olimpyque. Gennaro “Ringhio” Gattuso, figlio più illustre di Schiavonea, dove è ubicato il porto di Corigliano-Rossano, non ha fatto in tempo ad entrare nel cuore dei supporter della Virage Sud, una delle curve più calde della Ligue 1 e più a sinistra del mondo. Storie di fùtbol e di mare. Con l’ultimo atto consumato dopo la sconfitta di Brest, un altro porto carico di immaginario nel destino di Ringhio con la sua Schiavonea.
PORTO DI CORIGLIANO-ROSSANO, L’INVESTIMENTO SALTATO DELLA BAKER HUGHES
Nel destino del Porto di Corigliano-Rossano, invece, sembrava esserci un investimento della Baker-Hughes da 60 milioni di euro con la promessa di 200 posti di lavoro. Ossigeno per un luogo dove la disoccupazione – come nel resto della Calabria, raggiunge livelli altissimi. L’emergenza sociale ed economica la tocchi con mano già a pochi metri dal porto. Un misto di povertà e piccolo mondo antico e andato via. Sulla spiaggia due famiglie di nomadi parcheggiate con roulotte. Bambini giocano, una mamma li insegue perché è quasi ora di pranzo, il papà fuma in una vecchia Alfa 147, una pioggia fitta e fastidiosa fa da sottofondo. Intanto passa un gregge di pecore a pochi metri dal mare: si lasciano alle spalle nubi dense e nere. Cose che succedono qui in Calabria. La magia e l’incanto pasoliniano di una mattina durano poco.
Sono finiti anche i facili entusiasmi di chi sperava nell’arrivo della multinazionale. È saltato tutto, la Baker-Hughes diramato un comunicato stampa per si annunciare il dietrofront. Il centrodestra, governatore Occhiuto in testa, tuona compatto contro il primo cittadino Flavio Stasi. Il sindaco di Corigliano-Rossano ha le sue ragioni ma pure qualche responsabilità su quanto accaduto. Cerca di difendere con i denti la sua posizione che tiene conto di una serie di variabili importanti. La guerra dei comunicati stampa invade lo spazio mediatico calabrese per molti giorni. L’epilogo è lo spostamento dell’investimento della Baker-Hughes dalla Sibaritide al porto di Vibo. Saranno 25 milioni di euro e non 60 ma dallo Jonio questo flusso occupazionale arriverà in parte verso il Tirreno.
FRONTE DEL PORTO, LA VOCE DEI PESCATORI
Non basta questa vicenda per scalfire in maniera significativa il consenso di Stasi in città, persino a Schiavonea. Persino tra i pescatori. Non sono ancora le 14,30 di giovedì quando iniziano ad arrivare le prima barche in porto. Quattro chiacchiere con chi torna dal mare dopo un giorno o più di pesca. E c’è chi sorprendentemente dice: «Sono di destra ma su questa storia della Baker-Hughes il sindaco ha ragione».
In realtà la cosa non sorprende più di tanto. Stasi ha vinto le elezioni contro la candidata del centrodestra (ex sindaco di Corigliano e ora consigliere regionale di Forza Italia) Pasqualina Straface con percentuali molto alte. Qualcuno, anzi, forse più di qualcuno non di sinistra deve averlo votato. E poi nella comunità dei pescatori non c’è tutto questo entusiasmo per la multinazionale. Il porto di fatto è un po’ casa loro. Sono poche le altre presenze natanti, a parte i mezzi della Finanza e della Guardia costiera. Si intravede qualche traccia di nautica da diporto e una nave di discrete dimensioni, quasi fuori contesto. Se ne sta ferma lì come una grande pancia in attesa di essere riempita dal materiale ferroso accumulato sulla banchina.
SCHIVANEA-RAMSCHEID E RITORNO
Prima del pomeriggio il porto è un contenitore vuoto, a tratti alienante nella sua calma. Intanto arrivano gli ultimi squarci di luce e approdano le barche. Come quella di Damiano Marinò, il cognome è quello di una delle famiglie storiche di pescatori di Schiavonea. «Siamo al buio totale nel porto – spiega – e nessuno se ne frega. Noi facciamo la differenziata a bordo ma non ci sono secchi per la spazzatura quando tocchiamo terra».
Sulla vicenda Baker-Hughes commenta: «Noi non siamo mai stati contrari, ma non dobbiamo dimenticare che campiamo di turismo e di pesca. Non sappiamo che impatto ambientale può avere una cosa del genere». Secondo Marinò: «Più di 4mila persone campano con la pesca a Schiavonea. E parliamo solo di famiglie dei pescatori».
Se aggiungiamo grossisti e venditori in giro o nei mercati si arriva a «quasi novemila persone». Ma è ogni giorno più difficile sostenere i costi: «Usciamo alle 11 di sera – sottolinea – e rientriamo alle 2 del pomeriggio. Consumiamo dai 5-600 litri di carburante, che costa sempre di più».
Eppure l’amore per il mare è una forza troppo grande per gente come Domenico: «Abbiamo iniziato con barchette piccole. Poi nel 1971 sono andato in Germania, avevo 16 anni. Ho lavorato due o tre anni a Remscheid in una fonderia dove si producevano assi di nave, ruote di treni. Sono tornato qui il 1975. Abbiamo comprato coi miei fratelli una barca di undici metri. Siamo in nove. Abbiamo acquistato col tempo altre barche».
L’anno prima del suo ritorno nella terra natale, Schiavonea ha vissuto la grande tragedia. Qui nessuno l’ha dimenticata. E il 31 dicembre saranno 50 anni da quel terribile giorno del 1974. Il mare si portò via 12 pescatori. Alcuni morirono non lontano dalla spiaggia sotto gli occhi di amici e familiari. Intanto in questo giovedì uggioso il pesce è già fuori dalle barche, compresa quella dei Marinò, diretto all’asta. Qui il banditore dà inizio a questa specie di rito che sembra portare indietro le lancette dell’orologio. Poco dopo grossisti, venditori e ristoratori hanno terminato i loro acquisti. Si chiudono le porte posteriori dei tanti furgoncini bianchi arrivati per l’asta. Una pioggia lieve mista a salsedine ti entra nelle ossa. E il silenzio torna ad essere padrone assoluto del porto.
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