Don Ernesto Piraino con il vescovo monsignor Leonardo Bonanno
4 minuti per la letturaROMA – “La scintilla fu l’inizio dell’adorazione eucaristica perpetua nella mia parrocchia di Scilla, in provincia di Reggio Calabria, nel 2006. Ho abitato a Scilla per un certo tempo e in quella parrocchia iniziò l’adorazione perpetua, la prima della Calabria. E giorno dopo giorno, rimanendo davanti all’eucarestia, qualcosa ha cominciato a muoversi nel mio cuore”.
Così all’AdnKronos don Ernesto Piraino, 43 anni, parroco della chiesa di Santa Maria Goretti di Guardia Piemontese, diocesi di Scalea-San Marco Argentano, in provincia di Cosenza, che ha lasciato la divisa da poliziotto, indossata per 17 anni, e rinunciato a sposare la sua fidanzata di allora per diventare prete.
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“Ho avvertito la vocazione nel 2010, quando avevo 31 anni – racconta don Ernesto all’AdnKronos -, e l’anno successivo sono entrato in seminario. Mi trovavo in una cappella a Messina per un momento di preghiera serale, perché io amo pregare di sera o la notte, quanto ho avvertito chiara, nel cuore, la chiamata a lasciare tutto per seguire Gesù. All’epoca avevo già iniziato, da laico, gli studi teologici, ma ero ancora un poliziotto, lo sono stato fino al 2016, poi l’anno dopo c’è stata la mia ordinazione sacerdotale. Ricordo che quel giorno, trovandomi nella cappella del seminario di Messina per un momento di preghiera dopo aver studiato coi miei colleghi di facoltà, è avvenuto il fattaccio”, afferma sorridendo don Ernesto.
“E’ vero che ero fidanzato e avevo in programma di sposarmi – aggiunge don Ernesto – ma le due cose non sono state conseguenziali, nel senso che la nostra storia si è interrotta nel 2006, e io poi mi sono immerso nel lavoro parrocchiale, ho cominciato a dedicare un pò più tempo alla realtà ecclesiale, e da lì si è avviato un percorso. Ma, per carità, dopo quella fidanzata ne sono arrivate anche altre, fino al 2010 la mia vita è proseguita normalmente. Ho lasciato la mia fidanzata storica con la quale sarei dovuto convolare a nozze, ma poi ne sono arrivate altre. Col senno di poi, però, direi che il motivo della fine del nostro fidanzamento è che capimmo, più che altro io, che non era quella la mia strada, e che quindi era meglio ricorrere ai ripari prima di fare danni”.
Quanto all’ipotesi di lasciare un giorno la Calabria per imboccare, da prete, nuove missioni lontano dalla sua terra, don Ernesto, scherzando, afferma: “Resterò qui, a meno che il Signore non disporrà diversamente. Se un giorno mi faranno Papa, allora dovrò trasferirmi a Roma, ma fino a quel momento immagino di vivere qui il mio ministero”.
La gente, in Calabria, ormai sa chi è don Ernesto, la sua storia è nota. “L’accoglienza – spiega -, è sempre positiva, almeno nella maggior parte dei casi. Poi magari c’è qualcuno un pò più reticente che ha paura di essere indagato”, scherza ancora il parroco, che poi ammette: “La vita da poliziotto con la divisa addosso un pò mi manca, perché ho vissuto questo lavoro per 17 anni, dai 19 anni in poi, con grande passione, quindi sicuramente mi manca, ma nel senso positivo del termine”.
In conclusione, sulla possibilità che il futuro possa riservare nuove e inaspettate sorprese, don Ernesto Piraino chiosa: “Ad oggi credo proprio di no. Poi certo, mai dire mai, il Signore ci sorprende sempre, ma se dipendesse da me non cambierei assolutamente nulla. Lasciamo fare a lui”.
“Non mi sono mai pentito della mia scelta – osserva don Ernesto -, sono assolutamente convinto e felicissimo di fare quello che faccio. Rifarei ogni scelta che ho fatto, compresa quella di essere un poliziotto. Rifarei tutto, non rinnego nulla del mio passato, anzi, considero ogni passo propedeutico, preparatorio a quella che poi è stata la mia scelta vocazionale”.
“La mia famiglia ha preso bene la mia scelta- racconta don Ernesto -, mio fratello magari all’inizio è rimasto un pò interdetto perché non si immaginava un cambio di passo così repentino. Quanto ai miei amici d’infanzia, per un certo tempo, quando io sono entrato in seminario e si è diffusa la voce della vocazione, erano convinti che si trattasse di una missione sotto copertura per scoprire chissà quali teatrini. Quando l’ho saputo mi sono fatto tante di quelle risate; poi hanno capito che era tutto vero e si sono resi conto che le opzioni erano due: o avevo battuto la testa o si trattava di qualcosa di serio. Per chi mi conosceva nella mia vita precedente non era così facile immaginare un salto simile”.
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