L'ingegnere Isidoro Mazzitelli
11 minuti per la letturaSe il rover Perseverance ha potuto prelevare campioni su Marte, questo lo dobbiamo anche a un talento calabrese, l’ingegnere aerospaziale Isidoro Mazzitelli made in Acquappesa, che ha guidato il gruppo di lavoro della multinazionale Skf nella realizzazione di cuscinetti a sfere a sezione sottile, Kaydon RealiSlim, sviluppati e prodotti dal centro di progettazione globale a Muskegon, negli Stati Uniti.
Questi componenti altamente tecnologici contribuiscono a mantenere in condizioni ottimali il braccio robotico principale, la torretta di prelievo, il portapunte degli strumenti e l’unità di movimentazione campioni durante un viaggio della durata di vari mesi nello spazio, nonché a garantirne le funzionalità previste su Marte.
La stessa azienda ha fornito anche cuscinetti critici per il veicolo di lancio della missione, che ha trasportato il rover e il suo lander, il veicolo di atterraggio, nello spazio.
Una vita di duro lavoro quella dell’ingegnere calabrese ma anche di prove personali importanti che lo hanno aiutato ad andare avanti per cambiare il corso della sua storia.
“Ho vissuto a Cetraro da sempre anche se la mia famiglia è di Acquappesa – spiega Mazzitelli -. Mio padre faceva il portalettere e la sua era una famiglia molto numerosa. Mia madre era un’insegnante di scuola materna. Ho sempre vissuto delle dinamiche familiari molto complicate perché mamma è sempre stata malata ed è dovuta andare in giro per gli ospedali di tutta Italia e persino d’Europa, considerate le condizioni della sanità calabrese che già trent’anni fa erano molto complicate. Mia madre per poter accedere alle cure è dovuta andare in giro da quando io avevo dieci anni. Poi, da quando ho compiuto diciotto anni, i viaggi li ha sempre fatti con me. Nonostante questi problemi ha potuto vedere e partecipare ai momenti più importanti della mia vita, lo stesso non posso dire di mio padre che ha avuto una malattia fulminante ed è morto a Pisa dove io ho studiato e ho tentato di farlo curare. Mio fratello ha sempre sofferto di disagio psichico e ha sempre avuto la necessità non solo di avere un supporto ma anche una vita organizzata senza la possibilità di una benché minima variazione. Io mi occupo di progetti tecnici e vivere con lui probabilmente è stata la scuola più importante della mia vita perché bisognava organizzare le cose al dettaglio e prevedere sempre anche un piano B o C. Ancora oggi, ovunque mi trovi nel mondo, organizzo la sua vita in base alle sue esigenze perché il supporto psichiatrico in Calabria è pressoché inesistente. Grazie alle cure che ha ricevuto a Pisa oggi riesce ad avere una vita sufficientemente autonoma nonostante per gli psichiatri calabresi mio fratello non dovesse fare assolutamente niente. Oggi lavora, ha degli amici e un’esistenza che trent’anni fa non era nemmeno lontanamente immaginabile. Questa, probabilmente, è l’impresa che mi è riuscita meglio nella vita. Io ho lavorato in India e in molti paesi del cosiddetto terzo mondo e posso assicurarle che in quei posti la sanità funziona infinitamente meglio che in Calabria. Certo, c’è il problema dei costi e di chi ha la possibilità di affrontarli, e anche in America le cure sono un benefit e non un diritto, ma chi può farlo ottiene un servizio di indiscutibile qualità. Io spesso devo alzarmi alle 2 che in Italia sono le 8 del mattino, per organizzare le cure di mia madre. Ho trovato difficoltà persino a farle mettere un catetere e alla fine ho dovuto farla portare da un chirurgo a Napoli. Racconto tutte queste cose perché credo che la mia dimensione umana abbia avuto un grosso ruolo nelle mie scelte professionali. E così a diciotto anni, con l’incoscienza tipica di quell’età e forse anche un po’ di coraggio, ho iniziato a pensare che la Calabria non era un posto per me e che se io ero venuto al mondo era per avere un altro destino rispetto a quello che mi si profilava davanti. Devo dire che mio padre spinse sempre molto perché io andassi via e mi ha sempre invitato ad andare il più lontano possibile”.
Lontano dagli affetti e da una Calabria che poco aveva ed ha da offrire ai suoi giovani. C’è rabbia ma anche tanta amarezza nelle parole di Mazzitelli che ha sempre avuto con la sua terra un legame profondo e soffre nel vederla ancora martoriata da una politica che la considera soltanto terra di conquista.
“Ho frequentato il liceo scientifico a Cetraro ed è stata un’esperienza straordinaria perché ho imparato tantissime cose – ricorda -. Ho avuto grandi maestri che mi hanno insegnato innanzitutto ad essere libero e a guardare la realtà con occhi sgombri da ogni pregiudizio. Ricordo in particolare il professore Gaetano Bencivinni con i quali parlavamo di poesia, di scrittura creativa, del ruolo della storia nel cambiamento e nella costruzione del futuro. Riusciva veramente a fornire gli strumenti per arrivare a comprendere le radici più profonde della conoscenza. A lui, al docente di filosofia Antonio Cosentino, a Paola Serranò di matematica e fisica e alla professoressa Novello di latino e letteratura, non avrò mai detto grazie abbastanza per tutto ciò che mi hanno dato”.
Isidoro Mazzitelli dopo il liceo decise di iscriversi alla facoltà di ingegneria aerospaziale all’università di Pisa ma senza avere la consapevolezza della scelta che stava effettuando e che era abbastanza impegnativa. Infatti, a suo dire la casualità giocò un ruolo importante: sentiva di essere nato per un altro destino e non voleva occuparsi soltanto di problemi familiari, ma sentiva come impellente la voglia di sperimentare qualcosa di grande, capace di portarlo lontano.
“Io non sapevo veramente su quali binari mi stavo mettendo e quali difficoltà avrei potuto incontrare – continua Mazzitelli -. Mi sembrava di vivere in una realtà esotica con le navicelle spaziali, l’osservazione delle stelle, il sistema solare, la via lattea. Ma tutto mi sembrava abbastanza lontano dai problemi che dovevo affrontare ogni giorno. A Pisa comunque continuai ad occuparmi come sempre dei miei familiari: mio fratello veniva a trovarmi spesso per le cure e per vincere la sua battaglia di indipendenza, lo stesso faceva mia madre e anche papà mi raggiunse in seguito alla sua malattia. Studiavo la notte e cercavo di aiutare loro durante il giorno, non è stato semplice, ho anche dovuto lavorare per mantenermi. Ricordo che il giorno dei funerali di papà, una delle mie vecchie zie, anche lei una grande maestra di vita, mi disse di non preoccuparmi e che avrei potuto continuare a studiare perché tutti i miei familiari mi avrebbero sostenuto economicamente. E se io sono riuscito ad andare lontano, persino su Marte, è perché c’è una radice da dove tutto parte, un’identità che è indispensabile per creare quello spirito di appartenenza da dove tutto parte. A volte mi chiedo quale sarà l’identità delle mie figlie nate una in Olanda e l’altra in Svezia, che sono venute in giro per il mondo insieme a me e mia moglie Sonia, che parlano perfettamente l’inglese e che hanno già conosciuto tutti e cinque i continenti ma che non sono cresciute in una famiglia matriarcale come la mia”.
Un progetto di riscatto e di indipendenza, questo fu il periodo pisano per il giovane Isidoro, che cercò di misurarsi con tutte quelle nuove e grandi esperienze grazie anche al prezioso contributo di maestri come Enrico Ciulli, Paola Forte ed Enrico Manfredi. Incontri e combinazioni fortunate che aprirono la mente dello studente tanto desideroso di imparare quanto di mostrare il proprio valore. E in questo lungo e faticoso cammino non lo abbandonarono mai soprattutto le parole del maestro più maestro di tutti, suo padre, che spesso gli ripeteva: “Non t’ha spagnà mai”, o come gli anglosassoni dicono in modo molto più appealing: “Never give up”.
“I miei professori – prosegue Mazzitelli – mi diedero fiducia già prima che mi laureassi facendomi pubblicare degli articoli accademici su un tema all’epoca innovativo, molto legato a quello che oggi si chiama intelligenza artificiale. Feci anche parte insieme a Salvatore Manconi, Michele Amorena e Francesco Guerrieri, del gruppo che fondò un’azienda spin off dell’università di Pisa che si occupava di questioni sperimentali in ambito ergonautico e anche questa fu un’esperienza eccezionale durante la quale imparai veramente tanto perché eravamo degli scalmanati con la testa piena di sogni e la voglia di cambiare il mondo. Ho appreso come si fa a sviluppare un business e mi sono sporcato le mani di olio per capire come montare una scatola di ingranaggi o come smontare un motore aeronautico. All’epoca facevo anche il dottorato di ricerca alla scuola “Leonardo da Vinci” di Pisa e avevo la possibilità di capire sia la parte teorica di quello che facevo che sperimentarla alla stregua di un tecnico e fu grazie a questa esperienza che imparai cosa volesse dire avere il coraggio e l’umiltà di portare avanti i propri progetti. Volevo anche approfondire gli studi sulla diagnostica, capire cioè in che modo prevenire i guasti per esempio al motore di un aereo, analizzando prima un grande volume di dati. Oggi tutto questo è la normalità, pensiamo ad Amazon che sa prima di un acquisto ciò che io e lei desideriamo”.
Tra gli articoli scientifici che Mazzitelli studiava con particolare dedizione, c’erano degli studi fatti in Texas alla A&M University dai professori Dara Child, un guru della dinamica dei rotori ad alta velocità e Luis San Andres, tribologo e direttore della scuola di ingegneria meccanica. Seppe di un convegno in cui li avrebbe trovati entrambi e investì i pochi soldi che aveva per avere la possibilità di incontrarli e parlare con loro. Al professore Child fece la seguente proposta: “Io voglio venire qui e lavorerò gratis per voi, mi pago le spese di soggiorno e tutto quanto, resto finché volete e sono pronto a fare ogni cosa mi chiederete. L’unica cosa che chiedo in cambio è la possibilità di studiare, durante il tempo libero, tutte le vostre attrezzature per capire i metodi sperimentali che utilizzate”.
L’ingegnere calabrese rimase in Texas quattro mesi, il tempo necessario per capire ciò che le serviva, e poi insieme alla sua fidanzata pisana, oggi sua moglie, ritornò in Europa. Fu poi contattato dalla multinazionale Skf, quarantacinquemila dipendenti in tutto il mondo e diversi centri di ricerca e di sperimentazione, che le offrì un lavoro in Olanda e un contratto a tempo indeterminato. Partì con Sonia, la sua roccia inossidabile, e la Fiat Punto alla quale il giorno prima della partenza avevano rubato il navigatore satellitare, e per sei anni continuò i suoi studi sui processori oltre che gestire molti progetti di ricerca avanzata. Non fu facile per loro avere una figlia, Sofia, in terra straniera senza alcun supporto familiare ma grazie allo spirito di condivisione della coppia, tutto fu affrontato nel migliore dei modi.
Dopo l’Olanda Mazzitelli fu mandato in Svezia per occuparsi del settore sperimentale dell’azienda e lì nacque anche Viola, la sua seconda figlia.
“Nel 2019 l’azienda mi chiese di trasferirmi ancora, questa volta negli Stati Uniti, – continua – per organizzare tutto il settore ricerca del continente americano con diversi team distribuiti in varie città. Come direttore della ricerca e sviluppo mi sono occupato di tecnologie green, di tecnologie a minimo impatto ambientale e con emissioni minime o azzerate di CO2, prodotti per energia green: torri eoliche, Tidal marini, tecnologie per auto elettriche e a guida autonoma, treni ad alta velocità e attrezzature mediche: ventilazione, macchine a scansione elettronica, Tac e risonanza magnetica. Ma è stato particolarmente entusiasmante lavorare allo sviluppo di alcune applicazioni come il rover che è andato su Marte. In quell’occasione ho avuto la possibilità di confrontarmi con i più grandi ingegneri al mondo ed è stata questa un’occasione di arricchimento professionale ed emotivo enorme. Sono stati loro a realizzare il primo mars rover nel 2004 e il secondo nel 2012, hanno anche realizzato il braccio meccanico che è ancora sulla stazione orbitale e vedere in loro l’entusiasmo di un adolescente e l’umiltà nel continuare a sfidare sé stessi, è straordinario”.
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