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COSENZA – È trascorso un anno dalla scomparsa di Jole Santelli, prima donna eletta dai cittadini in Calabria come presidente della Regione, ma anche nell’intero Mezzogiorno.
Era morta all’improvviso, lasciando di sasso e con le lacrime agli occhi parenti, amici, stretti collaboratori, mondi politici di riferimento, elettori che solo 8 mesi prima l’avevano premiata con il 55 per cento dei consensi; ma anche gli avversari leali e quelli ostili che non gli avevano risparmiato malvagità atroci sul tribunale del popolo dei social.
La morte a soli 51 anni, da sola, nella sua casa di Cosenza, con i dossier in mano che con determinazione seguiva, commosse quasi tutti. Fu un lutto condiviso. Nelle classifiche Google del 2020 il suo nome e cognome in Italia figurerà tra i più cliccati dopo la morte insieme a personaggi come Maradona, Kobe Bryant, e Gigi Proietti. Una principessa del popolo dagli occhi allegri Jole Santelli.
Per la politica aveva rinunciato al matrimonio, decidendo pur in presenza di richieste di non mettere da parte quell’impegno che la vedrà deputata, sottosegretaria, coordinatrice di Forza Italia e infine presidente della Regione della sua amata Calabria, che con profonda convinzione voleva far uscire dalla sua pessima reputazione di ultima della classe. Ha pesato nel tributo popolare il finale triste e solitario di una donna che, invece di pensare a curarsi, fino alla fine ha pensato al bene pubblico, non risparmiando neanche un minuto alla sua cagionevole salute.
A rileggere la rassegna stampa di un anno fa, colpiscono le parole dl direttore dell’Espresso, Marco Damilano, antiberlusconiano militante che la definisce nel suo tombau «politica di razza e amante della vita».
Nei Palazzi non aveva riscaldato le poltrone considerato che l’archivio di Montecitorio custodisce 151 progetti di legge e 578 atti d’indirizzo e controllo con la sua firma. È il primo politico calabrese che per la prima volta sarà ricordata in effige con un francobollo. Ma per non ridurla ad un santino laico, pur con i limiti e gli errori che ogni donna e uomo commettono, l’ultima stagione della sua giovane vita merita alcune considerazioni. La presidente della Calabria, fin dalla campagna elettorale, si era mossa felpata sulla questione della legalità e della contaminazione con poteri criminali.
Lo ribadirà da governatrice in televisione intervistata da Peter Gomez: «L’avvicinamento di forze criminali alla politica regionale è forte. In tutta la campagna elettorale non ho mai partecipato a una cena e non sono mai andata a casa di qualcuno, ho fatto solo incontri pubblici».
Durante gli otto mesi di governo aveva avuto costante interlocuzione con il Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, scambiandosi informazioni e ricevendo preziosi suggerimenti. Gratteri non dimenticherà, e il 24 novembre 2020, a Di martedì dirà in diretta: «In questi anni ho fatto migliaia di intercettazioni e Jole Santelli non è mai uscita in nessuna di queste. È dal 1986 che faccio questo lavoro. Jole Santelli era una persona onesta».
Pochi giorni prima il senatore Nicola Morra aveva dichiarato a Radio Capital: «Era noto a tutti che la presidente della Calabria Santelli fosse una grave malata oncologica. Umanamente ho sempre rispettato la defunta Jole Santelli, politicamente c’era un abisso. Se però ai calabresi questo è piaciuto, è la democrazia, ognuno dev’essere responsabile delle proprie scelte».
Fu bufera, anche i 5 Stelle si dissociarono dal loro esponente calabrese. Jole Santelli appena insediata si era trovata a fronteggiare la pandemia. Contarono molto le sue relazioni istituzionali con diversi esponenti del governo giallorosso. Nel libro mastro di quegli otto mesi furono di gran lunga superiori le scelte giuste rispetto a quelle poco opportune. Tra queste la tarantella ballata a San Giovanni in Fiore, per festeggiare l’elezione del sindaco Succurro. Santelli senza mascherina e tutti assembrati. Pochi giorni prima di morire. Forse,
Jole Santelli voleva esorcizzare la sua malattia come una moderna tarantolata. Nel disegnare la sua giunta fu decisionista. Un assessore gay e una lesbica dichiarati (mai accaduto prima), all’ambiente Capitano Ultimo, colui che aveva arrestato Totò Riina. Dai partiti scelse Gallo, Orsomarso e Spirlì. Quest’ultimo era suo amico personale. Tutto sommato uno stratagemma politico per evitare i nomi di Salvini, la nomina a vicepresidente e assessore della cultura del molto politicamente scorretto Spirlì la lasciava più tranquilla.
Chiamò Minoli per la politica audiovisiva. Ora rimasto a continuare l’opera.
Lascia la macchia del cortometraggio di Muccino bocciato a furor di popolo. Ma la morte le impedì di gestire la strategia comunicativa e il prodotto finale che doveva essere fruito e montato in modo diverso. Progettava programmi di sviluppo turistico per la Locride e la Sila, una politica molto pop per cambiare l’immagine triste e criminale della Calabria. I dossier sul sostegno all’economia e per dotare la regione di infrastrutture adeguate avevano ricevuto l’apprezzamento del mondo produttivo. Otto mesi furono solo un rodaggio. Le sorelle ne hanno impedito lo sfruttamento d’immagine nella campagna elettorale.
Ha detto il suo successore Roberto Occhiuto: «Vorrei che la Calabria fosse raccontata in modo diverso. Quando ci riuscirò dirò che non sono stato il primo. Jole lo ha fatto prima di me. Questa è la sua eredità». Se la Calabria un giorno, sarà diversa da come la si racconta, Jole Santelli ne avrà il giusto merito. Comunque vada, è stata una donna in politica che ha provato a cambiare lo stato delle cose.
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