X
<
>

Nino D'Angelo durante un concerto

Share
6 minuti per la lettura

Il cantautore napoletano sarà in concerto il 19 ottobre al teatro Rendano: «Sono nato per non essere e invece sono stato»

COSENZA – «Ciao Nino, il mio nome non ti dirà nulla ma io sono il ragazzino che 35 anni fa portava il caffè quando eri ospite da zì Luigi Mosca a Radio Casola. Oggi quel ragazzino del caffè è passato al taccuino per intervistarti». È un susseguirsi di emozioni e di ricordi del profondo passato. Nino D’Angelo, a 60 anni, è sempre lo stesso. Si emoziona quando fa un tuffo nel passato. È una persona vera. Quando da bambino aprivi gli occhi al risveglio, dalle finestre delle abitazioni dei vicoli “usciva” una canzone dell’ex caschetto biondo. Poteva piacere o meno ma la voce di Nino D’Angelo era talmente di casa da essere considerato, di diritto, uno di famiglia. Ancora oggi, Nino resta saldamente l’indimenticabile scugnizzo di San Pietro a Patierno (periferia nordorientale di Napoli), uno degli ultimi figli della cultura partenopea verace.

Il nuovo tour teatrale “Il concerto 6.0” prevede una tappa importante al Rendano di Cosenza. Giovedì 19 ottobre, alle ore 21, per la prima volta nella sua carriera, l’artista partenopeo si esibirà nella prestigiosa struttura della città dei Bruzi. Al posto delle rituali domande colloquiamo con l’artista partenopeo attraverso i testi di alcuni suoi successi.

Quanta strada aggio fatto, pe’ sagli ’sta furtuna, mmiez ‘a gente distratta, io nun ero nisciuno (Senza giacca e cravatta)

«Con la fatica e la forza della passione sono riuscito a raggiungere il successo. La mia è la storia di uno scugnizzo autodidatta. Sono stato molto fortunato nella vita. Mi ritengo un privilegiato: ero uno nato per non essere e invece sono stato. Ringrazio la famiglia e il pubblico delle mie canzoni. Senza il loro sostegno non sarei mai stato il Nino D’Angelo di oggi. Con la fatica si ottengono quasi sempre risultati. Il mio pensiero, però, va anche a quelle persone che nonostante impegno e passione non sono riuscite ad ottenere nella vita quanto avrebbero meritato».

Mò si campione e tieni tutto attuorno e pure ‘o cchiù nemico te vo bbene! (Forza Campione)

«Esiste il male e il bene nella vita. E immancabilmente le delusioni e le cattiverie fanno parte di un percorso. Non tutti riescono a diventare Nino D’Angelo. E a questo punto in alcune persone prende il sopravvento l’invidia e la gelosia. Penso che uno che fa successo non possa permettersi di trascorrere giornate, ore, a badare a ciò che dice e pensa certa gente, altrimenti non ha il tempo per scrivere i testi delle canzoni. Sono uno che non ha fatto mai compromessi nella vita e per questo motivo posso camminare a testa alta e affrontare con serenità tutto e tutti».

Vai dove il sole non c’è mai, dove niente troverai nella nebbia resterai cercando quello che hai (Vai)

«L’esordio a Sanremo nel 1986 ha rappresentato il momento della consacrazione nazionale e successivamente internazionale. Mai smetterò di ricordare l’amore e la passione del mio pubblico. Mi hanno conosciuto in Italia. Sono arrivate critiche sul mio essere napoletano verace in ogni sua espressione. In quel momento è prevalso in me, ancora di più, l’orgoglio di essere del Sud. I meridionali sono un popolo eccezionale e io sono figlio della gente dei sentimenti».

L’onore ‘e chesta gloria è dedicato ‘a…(Celebrità)

«A mia mamma, alla mia famiglia, al pubblico napoletano che ha creduto in me, garantendomi questa celebrità. Gestire il successo dopo quarant’anni non è facile. Hai sempre paura del crollo. Nei miei confronti, però, ci sono continue manifestazioni di affetto. La gente si è innamorata prima della persona e poi dell’artista. L’umiltà e la genuinità prevalgono sui testi delle canzoni».

E scrivimmelo ‘nzieme stu romanzo d’ammore (Nu jeans e ‘na maglietta)

«Il romanzo più bello è quello della mia vita e quello che ho scritto con mia moglie. Siamo insieme da quando lei aveva 16 anni. E’ anche un record per un artista. Stare con la stessa persona per tanti anni vuol dire che insieme abbiamo sposato un progetto di vita. I valori della famiglia per me sono sacri, la famiglia è il luogo in cui trovo amore e serenità. Dalla nostra unione sono nati Antonio (oggi regista, ndr) e Vincenzo (oggi giornalista alla Gazzetta dello Sport). Sono loro che hanno arricchito e arricchiscono le mie quotidianità».

Meridionale. Simmo terra chena ‘e mare Ca nisciuno pò capì. Stammo buono o stammo male. Jammo annanz’accussì. ‘A fatica è nu regalo. E’ a speranza è partì (Jammo Jà)

«Amo il Sud come la mia vita. Adoro le persone perbene del Sud che lavorano onestamente e quelle senza lavoro che hanno la dignità di sopravvivere onestamente. In Germania, in America, dove ci sono tanti emigranti napoletani, viene fuori sempre l’orgoglio di un popolo che ha un suo orgoglio identitario. I Meridionali e i Napoletani song n’ata cosa. E’ questo un testo di denuncia, molto critico nei confronti della mia generazione. Noi dovremmo chiedere scusa a tanti giovani per il mondo che gli abbiamo consegnato e per le tante incertezze sul futuro. Avere un lavoro è un diritto sancito dalla carta costituzionale, non si può elemosinare. E’ davvero triste vedere tanti ragazzi lasciare il Meridione e l’Italia per garantirsi un futuro, per mettere su una famiglia dignitosamente».

Puortame cu te…e fa ca io song a paura…’e chill’abbraccio ca nun vene…chillo ca nun te fa durmì ‘a sera.. (colonna sonora di “Falchi”, Toni D’Angelo)

«Mio figlio Toni, che è davvero in gamba come regista, mi ha chiesto una mano per la colonna sonora di “Falchi”. Non ho esitato un attimo a dirgli sì, l’avrei fatto anche se non fosse stato mio figlio. Comunque con un figlio ogni cosa la fai con il cuore. Devi essere pronto a subire un giudizio più duro e vero, perchè, un figlio, sa che può esprimersi liberamente senza temere conseguenza nel rapporto. I figli sono una cosa talmente grande che sono fatti per essere solo amati, e non criticati e demoralizzati».

Viecchie e giuvane cercano rint’a nu pallone. Nu poco ‘e pace nu juorno nuovo ca se chiamma libertà (Quei ragazzi della curva B).

«’O pallone è na malatia. Amo il Napoli come la musica. Non posso farne a meno. Quando c’è la partita del Napoli interrompo ogni impegno. Sono passionale. A Napoli una vittoria va oltre lo sport, è un riscatto sociale di una città. Quando il Napoli vince è come se anche le sofferenze di una città si alleviassero. E’ una sensazione difficile da far capire a chi non è napoletano. Diego Maradona, a cui sono legato da profonda amicizia, ci ha regalato il momento storico del riscatto. Con Diego ci accomunano le origini umili, il provenire dal poco: conosciamo bene le sofferenze e i sacrifici. Napoli è la passione nel volto della gente che non vince mai. Per questo adesso servirebbe un altro riscatto col calcio. Napoli merita di raggiungere grandi traguardi e di essere sul palcoscenico internazionale. E speriamo che questo sia l’anno buono….».

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE