INDICE DEI CONTENUTI
- 1 SEMINARIO «DEMOCRAZIA, POTERI OCCULTI E MAFIE. PER LO STATO DELLA COSTITUZIONE» CON LUIGI DE MAGISTRIS
- 2 IL PERCORSO PROFESSIONALE DI LUIGI DE MAGISTRIS
- 3 GLI INSEGNAMENTI DI FALCONE E BORSELLINO
- 4 LUIGI DE MAGISTRIS: IL CONCORSO IN MAGISTRATURA
- 5 LA CRIMINALITÀ ISTITUZIONALE
- 6 LA DENUNCIA DI DE MAGISTRIS
- 7 UN ANEDDOTO
- 8 IL LEGAME CON LA CALABRIA
- 9 LA RESILIENZA
Unical, “Democrazia, poteri occulti e mafie. Per lo Stato della Costituzione”: il seminario con Luigi de Magistris.
ARCAVACATA (COSENZA) – L’aula Nettuno del Dipartimento di Culture, Educazione e Società dell’Università della Calabria ha ospitato un incontro di grande valore civile e educativo: il seminario “Democrazia, poteri occulti e mafie. Per lo Stato della Costituzione”. L’evento ha coinvolto gli studenti del corso di laurea in Scienze dell’Educazione, offrendo loro un’attenta riflessione sui temi che segnano la società contemporanea: giustizia, corruzione, mafie e libertà. Protagonista d’eccezione: Luigi de Magistris, già pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e sindaco di Napoli dal 2011 al 2021. De Magistris ha condiviso con i presenti la sua esperienza diretta nella lotta contro la criminalità organizzata e contro quei “poteri occulti” che, come sottolineato nel titolo del suo ultimo libro, minano le basi della democrazia e della giustizia in Italia.
SEMINARIO «DEMOCRAZIA, POTERI OCCULTI E MAFIE. PER LO STATO DELLA COSTITUZIONE» CON LUIGI DE MAGISTRIS
Il seminario è stato guidato dal professor Giancarlo Costabile, docente di Antimafia e promotore dell’incontro. A introdurre il dibattito Luisa Giglio (avvocata e attivista per i diritti di prossimità) e Valentina Serianni (educatrice professionale socio-pedagogica). Luigi De Magistris ha catturato l’attenzione della platea con una testimonianza intensa, intrisa di passione civile e vissuta resistenza alle ingiustizie che caratterizzano il nostro Paese.
Luigi De Magistris non è solo un politico, ma un uomo che ha vissuto e respirato la realtà del Sud Italia, tra Napoli e la Calabria, con la determinazione di chi sa che il cambiamento, seppur arduo, è possibile. Con un tono deciso, ma mai arrogante, De Magistris racconta la sua esperienza di sindaco, di magistrato e di uomo radicato nella sua terra.
IL PERCORSO PROFESSIONALE DI LUIGI DE MAGISTRIS
De Magistris ha condiviso il suo percorso professionale e umano ricordando come, sin da giovane, avvertisse un’irrefrenabile “allergia alle ingiustizie”, sentimento che lo ha guidato verso la magistratura, ma soprattutto verso il Sud. «Sono venuto in Calabria non pieno di speranze, ma pieno di certezze» ha dichiarato con una forza che colpisce. Non parla di ottimismo cieco, ma di un impegno concreto e radicato, in un contesto spesso desolante. La sua scelta di restare al Sud, in un periodo in cui molti avrebbero preferito trasferirsi altrove, è una dichiarazione d’amore verso quelle Regioni e quelle persone che spesso sono considerate emarginate. «Amo il Sud» ripete più volte: è un atto di fedeltà a una terra che ha bisogno di essere cambiata, ma anche di essere amata per ciò che è, con tutte le sue contraddizioni.
GLI INSEGNAMENTI DI FALCONE E BORSELLINO
De Magistris non nasconde le difficoltà: la corruzione dilagante, la pervasività delle mafie, il degrado che sembra non finire mai. Ma sa che per contrastare tutto questo non basta lamentarsi, né fuggire. Da giovane, ascoltava le parole forti e cariche di significato di uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che gli insegnarono che per sconfiggere le mafie serve una rivoluzione culturale, un cambiamento profondo, una presa di coscienza collettiva. Questo è stato il faro che lo ha guidato.
Quando gli è stato chiesto perché non fosse andato via, De Magistris risponde con la stessa fermezza di Paolo Borsellino: «Non me ne vado perché non mi piace come stanno messe le cose, e voglio cambiarle». È con questo spirito che ha deciso di entrare in politica: «Napoli era bombardata dalla corruzione, da Gomorra, dai rifiuti, ma ho scelto di fare una follia: candidarmi a sindaco in una città senza partiti, senza soldi» racconta. Una scelta che, seppur vista da molti come audace, è stata anche il suo punto di partenza per un cambiamento radicale. L’ex sindaco di Napoli ha parlato con il cuore, delineando la sua visione, forte della sua esperienza nell’aver trasformato la città partenopea in un simbolo di riscatto, turismo e bellezza, grazie all’impegno e al sostegno di una squadra giovane e appassionata.
LUIGI DE MAGISTRIS: IL CONCORSO IN MAGISTRATURA
Un momento particolarmente toccante è stato il ricordo del concorso in magistratura, il 22 maggio 1992, poco prima della strage di Capaci in cui perse la vita Giovanni Falcone. De Magistris ha sottolineato che la commissione era presieduta dalla moglie di Falcone, Francesca Morvillo. L’assassinio del giudice ha rappresentato per lui un simbolico “passaggio del testimone” nella lotta contro la criminalità organizzata. La sua determinazione nello sfidare non solo il potere mafioso, ma anche quello politico e istituzionale, ha dato vita a un sistema di resistenza che, seppur a costo di sacrifici personali e professionali, ha sempre difeso i valori della giustizia e della legalità.
«La passione ti fa guardare lontano, ti fa sognare, ti fa essere visionario. Se mi fossi piegato- ha dichiarato de Magistris- avrei avuto le porte aperte per tutta la vita. Ma quali porte? Quelle della corruzione». «Si paga un prezzo a non avere prezzo, ma non c’è prezzo a non avere prezzo».
LA CRIMINALITÀ ISTITUZIONALE
Onestà, autonomia, indipendenza, libertà, coraggio, sacrificio, responsabilità, competenza, passione, amore e follia: sono questi i valori che hanno guidato la sua carriera. Valori che non si comprano con il denaro. Al centro del suo intervento, la “criminalità istituzionale”, concetto approfondito nel suo libro. Il sistema criminale, la corruzione e le mafie, ha spiegato Luigi de Magistris, non si limitano più a usare la violenza diretta come pistole, mitragliatrici o bombe per eliminare chi si mette d’ostacolo ai loro interessi, ma ricorrono a una strada più subdola e pericolosa: entrano nelle istituzioni e nella politica, condizionandole dall’interno. In questo modo, riescono a fermare le persone scomode.
Luigi De Magistris non ha mai avuto paura di dire la verità, nemmeno quando questa lo ha messo contro il sistema che ha governato il Sud per decenni. Con la stessa fermezza con cui ha affrontato la malavita, l’ex magistrato e sindaco di Napoli denuncia, oggi più che mai, un sistema politico che ha intaccato le fondamenta stesse delle istituzioni italiane. E lo fa con parole chiare, forti, che smascherano la realtà che troppe volte viene ignorata.
«Fino a quando mi occupavo di assassini, andava bene- dice De Magistris-. Quando ho iniziato a occuparmi dei corrotti, della mafia che entrava dentro la politica, delle istituzioni, non andava più bene». Il passaggio da un intervento contro i crimini “visibili” a una battaglia contro un sistema di potere invisibile, ma pervasivo, è stato cruciale per comprendere la sua visione della giustizia.
LA DENUNCIA DI DE MAGISTRIS
«Vi siete mai chiesti come mai da anni la sanità non funziona come dovrebbe funzionare? L’acqua non arriva in tutti i Comuni, le strade sono disastrate e altre cose non vanno?», chiede provocatoriamente, per poi rispondere con un’analisi spietata: «Non perché non ci sono i soldi, ma perché si sono mangiati tutto». A suo avviso, la causa di tutti i disagi del Sud è da ricercare nel malaffare che ha diviso e distrutto le risorse destinate alla collettività.
Il cuore della denuncia dell’ex magistrato è un altro: «Chi se li è mangiati? Il potere ha mangiato, ha lasciato le briciole e tiene i cittadini al guinzaglio». I cittadini, ridotti in una condizione di dipendenza, devono “chiedere il permesso” per ogni diritto fondamentale, come la sanità, l’istruzione, i servizi pubblici. Ogni azione diventa un favore, ogni accesso a un diritto una questione di “gentile concessione”.
UN ANEDDOTO
Luigi de Magistris ha raccontato un aneddoto che riflette la realtà della sua esperienza come magistrato sotto scorta. Per diciotto anni, dal 2005 al 2023, ha vissuto con la protezione delle forze dell’ordine, ma, come sostiene, non ha mai pensato che qualcuno volesse ucciderlo direttamente, in quanto avrebbero trovato altri modi per «farmi fuori. Mi hanno cacciato dalla Calabria, mi hanno strappato le inchieste e il ruolo da pubblico ministero. Non è stata la ‘ndrangheta con la coppola e la lupara ma la ‘ndrangheta che sta dentro lo Stato».
De Magistris racconta: «Quando avevo la scorta che mi seguiva ovunque e, spostandomi da Catanzaro per i processi a Lamezia, Cosenza, Paola, Crotone, Locri, gli altri temevano un attentato. Ma un giorno dissi a uno dei carabinieri che mi stava sempre vicino: “Quando siamo fuori, stai tranquillo. Ti do un foglio con dei nomi. Ogni volta che entro nel Palazzo di Giustizia e poi ritorno la sera, fammi sapere come si comportano le persone che incontro. Se mi guardano in un certo modo, se fanno smorfie o abbassano lo sguardo. Devi descrivermi tutto. Perché se mi succede qualcosa, i mandanti e gli esecutori sono in quel palazzo”. Questa è la criminalità istituzionale: il crimine che si infiltra nei luoghi del potere. Abusa del potere e crea leggi per sfuggire alla giustizia. Ecco perché parliamo di ‘poteri occulti’».
IL LEGAME CON LA CALABRIA
«Quando giro per l’Italia e dicono che i calabresi sono conniventi omertosi, dico che non è così. Avevo la fila di calabresi fuori dal mio ufficio: donne e uomini che denunciavano il potere. Avevano avuto fiducia nei poliziotti, nei carabinieri, in me come magistrato. Non guardavamo in faccia a nessuno. Perciò ci hanno fatto fuori: stavamo dando un elemento di forza alla gente perbene di questa terra», afferma con amarezza. Nonostante tutto, de Magistris non si è mai considerato sconfitto. Con orgoglio, ricorda che: «Nel 2007, ben 100mila calabresi firmarono una petizione per non farmi trasferire. I calabresi si schierarono». E sebbene abbia subito un’ingiustizia, non ha mai smesso di credere nel valore della sua lotta: «Questa è stata una partita che apparentemente abbiamo perso. Ma io non mi sono perso».
LA RESILIENZA
De Magistris ha condiviso una riflessione sul suo percorso: «A me hanno interrotto il sogno di fare il magistrato, però è stato un modo per rialzarmi e mi sono reinventato: sono uno scrittore, giurista, opinionista, attivista».
La sua resilienza lo ha portato a trasformare la sua esperienza in un messaggio di speranza. De Magistris ha scelto di raccontare la sua storia in tutta Italia, attraverso libri, testimonianze e il teatro civile per dimostrare che «c’è gente che non si fa comprare». «Devo rappresentare con il sorriso l’incubo per questo sistema». Infine, ha invitato gli studenti a non cadere nel “morbo dell’indifferenza” e a non perdere mai la propria umanità. «Se rimanete umani e continuate a credere nei vostri valori, avrete un bel futuro. Non c’è cosa più bella di rimanere liberi», ha dichiarato, sottolineando l’importanza di rimanere fedeli ai propri principi. Infine, ha ricordato come la differenza tra belle parole e storie vere sia fatta proprio dalle storie stesse, esortando gli studenti a scegliere con cura le storie in cui credere, approfondendole e vivendo con consapevolezza.
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