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RENDE (COSENZA) – Carlo Jean, generale dell’Esercito italiano e saggista, ha tenuto una lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.
Il Generale ha esordito affermando che «due dei più grossi guai russi sono la trascuratezza nella manutenzione dei mezzi e nel caos della logistica, dei particolari. I Russi hanno grandi idee, grandi scienziati, ma quando si giunge alla sicurezza minuta, al funzionamento degli impianti, cominciano i problemi. E l’andamento delle operazioni in Ucraina mostra come queste carenze siano condivise dalle forze armate russe. La logistica non funziona, la manutenzione dei mezzi non funziona, l’addestramento dei soldati è carente, il carburante e i viveri scarseggiano. Ciò spiega perché la Russia, in passato famosa per la sua fanteria, oggi debba ricorrere a militari ceceni, siriani e a mercenari. Nello stesso tempo, la Russia, messa alle strette sul piano convenzionale, si trova costretta a minacciare l’uso delle testate nucleari, per cercare di riequilibrare l’andamento convenzionale della guerra. Gli Ucraini, invece, sono bene addestrati, hanno strumenti bellici molto efficienti e combattono bene».
Relativamente all’intelligence, secondo l’analisi proposta da Jean, «l’impostazione iniziale dell’intelligence russa si è rivelata errata. Stranamente, responsabile dell’intelligence era e rimane la V divisione della FSB, cioè il servizio di intelligence interno, dato che Putin continua a considerare l’intervento in Ucraina un fatto interno alla Russia, non una guerra internazionale».
Sul ruolo dell’Italia, per il generale la soluzione prospettata dal presidente del consiglio Draghi «no NATO, si Ue per l’Ucraina“» non sara’ accettata dalla Russia a cui interessa avere un’Ucraina de-occidentalizzata, per evitarne il contagio della società russa».
Sul ruolo della Cina, per Jean, «essa costituisce una minaccia più per la Russia che per l’Occidente. Questo perché la Cina si sta espandendo in Asia centrale, verso il mar Caspio, e perché contesta la politica russa nell’Artico. Il grande gasdotto che dal Turkmenistan, attraverso il Kazakistan, arriva in Cina è strategico per il futuro di superpotenza globale della Cina. Ciò aiuta a comprendere l’atteggiamento ambiguo della Cina che, approfittando della guerra, sta facendo man bassa delle industrie russe, a partire proprio dal gas. Il sogno di Macron, condiviso dall’ex presidente Trump, di avere un “Triangolo di Kissinger” rovesciato (non più Stati Uniti e Cina contro URSS, ma Stati Uniti e Russia contro Cina) è pertanto ancora possibile, anche se deve necessariamente passare attraverso un’europeizzazione e un’occidentalizzazione della Russia, cosa che ad oggi è fuori discussione».
Il Generale ha poi proseguito sostenendo che «fallito il tentativo di un’integrazione Russia, Ue, NATO, checché ne pensi l’ex presidente del consiglio Romano Prodi, che vorrebbe subordinare il riarmo dell’Italia alla creazione di una politica estera di difesa comune dell’Unione europea, senza testate nucleari europee e senza il deterrente atomico americano, l’Unione europea non ha alcuna autonomia strategica e nessuna capacità di deterrenza».
Occorre precisare, nell’opinione del Generale, che «i rapporti di forza tra Occidente e Mosca, dopo la caduta del muro, si sono completamente rovesciati. Prima era l’Occidente in debolezza convenzionale, rispetto alle forze corazzate sovietiche ammassate in Europa centro-orientale. Di conseguenza, le armi nucleari americane giocavano un ruolo essenziale anche per la difesa avanzata della NATO. Attualmente, i rapporti di forza si sono invertiti e il caso ucraino lo dimostra ampiamente, con la Russia costretta a fare affidamento soprattutto sulla sua potenza nucleare».
C’è un altro fattore che, per Jean, bisogna prendere in considerazione: «Il riarmo dell’Europa è necessario, perché le forze convenzionali degli Stati Uniti si stanno spostando nel teatro dell’indo-pacifico. Oggi il bipolarismo non è tra la Russia e il blocco occidentale, peraltro estremamente più potente, economicamente, demograficamente, militarmente e tecnologicamente della Russia, bensì tra gli Stati Uniti e la Cina, con l’India sempre più inglobata all’interno del QUAD (USA, Australia, Giappone, India). È questo il nuovo confronto che sta determinando un nuovo ordine mondiale, una nuova guerra fredda, le cui caratteristiche sono molto differenti da quelle precedenti. Prima il problema era contenere militarmente l’Unione Sovietica, in attesa che la maggiore efficacia del capitalismo occidentale la erodesse economicamente dall’interno. Cosa che è di fatto avvenuta. Con la Cina, che economicamente è fortissima, si deve invece puntare sulla guerra economica, tecnologica e, solo marginalmente, militare, nonché sulla deterrenza nucleare. Attualmente la Cina ha in atto un forte potenziamento nucleare. Nel 2030 avrà 1000 testate nucleari, rispetto alle 350 testate attuali, molte delle quali strategiche, e cioè in grado di raggiungere il suolo americano. È per questo motivo che gli Stati Uniti, già con il presidente premio Nobel per la Pace Barack Obama, hanno rilanciato un consistente programma di riarmo nucleare. esso prevede una spesa di circa 1,5 trilioni di dollari im trenta anni. Dal punto di vista economico e tecnologico, poi, si sta ritornando alla politica degli embarghi commerciali e tecnologici, per evitare che la Cina entri in possesso delle più avanzate tecnologie americane, sia di uso civile sia di uso militare, sia di uso promiscuo o duale».
Jean ha ricordato che «a Pittsburgh è stata costituita l’agenzia sul commercio e la tecnologia, composta dagli USA e dai loro principali alleati europei e asiatici che svolge nei riguardi della Cina le stesse funzioni che svolgeva l’ufficio CoCom di Parigi, durante la guerra fredda nei confronti del blocco sovietico“. Praticamente si tratta di analisi di intelligence molto accurate, effettuate su fonti aperte, su informazioni industriali, sullo spionaggio delle capacità tecnologiche della Cina, per verificare dove la Cina è arretrata, dove ha bisogno di tecnologie occidentali (e ne ha ancora parecchio bisogno), dove ha dei buchi e embargare le tecnologie non disponibili a Pechino». Per il Generale, le analisi di intelligence tecnologica sono essenziali nel confronto USA-Cina che determinerà il nuovo ordine mondiale. è funzionale anche nella definizione delle sanzioni economico-finanziarie.
Ha quindi illustrato in che cosa consistano le sanzioni e quale ne sia l’efficacia. Mentre gli embarghi hanno lo scopo di impedire I trasferimenti tecnologi, le sanzioni «sono praticamente delle limitazioni di carattere economico-finanziario. hanno rilevanti effetti di natura sociale e politica. possono essere di vario tipo: primarie, se dirette contro lo stato nemico o contro le imprese e personalità politiche che si vogliono colpire, oppure secondarie (o extraterritoriali), quando colpiscono stati o imprese che violino il proprio regime sanzionatorio (in pratica quello degli USA). Entrambe possono essere generiche o mirate (dette anche selettive). Sanzioni ed embarghi esprimono la loro efficacia solo dopo un certo periodo e hanno sempre un costo per chi lei decide, dato che violano le regole del libero commercio. La loro efficacia va valutata in un contesto globale degli altri strumenti adottati dagli stati, che vanno dagli aiuti militari, di intelligence, dell’info-war, della cyber-war, agli aiuti politici, nei confronti dello stato in guerra con lo stato bersaglio delle sanzioni. Bisogna analizzare, pertanto, l’intero pacchetto. Inoltre le sanzioni non sono flessibili, nel senso che non si può programmare una successione di fasi con l’eliminazione progressiva di porzioni di sanzioni, anche perché esse comportano costi diversi per i differenti paesi alleati E, all’interno di ciascuno, fra le varie industrie e settori economici coinvolti. E’ difficicile effettuare compensazioni per quelli piu’ colpiti. Quindi, mentre è facile assumere la decisione di applicarle, è poi difficile modularle in maniera strategica. Bisogna attendere che producano tutti i loro effetti, indebolendo lo stato bersaglio o infuendo sulle decisioni dei suoi responsabili politici. È quindi improprio affermare che “le sanzioni contro la Russia di Putin non abbiano prodotto alcun effetto».
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