Fiore Manzo con la nonna dopo la laurea
2 minuti per la letturaRENDE (CS) – Festa, oggi, per la comunità più antica di rom italiani di Cosenza: si è laureato presso la facoltà di Scienze dell’educazione dell’università della Calabria, Fiore Manzo, ventiquattrenne, attivista per l’identità e la dignità dei romanes cosentini. Con una tesi su: “Gli stanziali: modelli di insegnamento dei rom a Cosenza” che, appunto, smonta l’idea dei rom come popolo nomade.
“Una tesi – come ha detto il relatore, il professor Ciro Tarantino – che è uno strumento di indagine utile alle pubbliche amministrazioni”. Quella di Cosenza, dove si concentrano tutti insieme i modelli di insediamento rom conosciuti in Europa. L’unicità dell’evento sta anche nel fatto che in un’aula universitaria un tesista parla di baracche, dei campi rom, degli insediamenti di via degli Stadi, di via Popolia, di via Gergeri, di via Reggio Calabria, dicendo “noi”. Parlandone, cioè, da dentro, con coscienza di sé. Fiore è noto e apprezzato in città per la sua attività sociale – è presidente dell’associazione Lav Romanò – e per la passione per la storia e la lingua rom. Ama la poesia e scrive da anni.
Ha scritto la silloge poetica “Pezzi di cielo congiunto”; collabora alla redazione della rivista Roma Cultural Magazine e ha partecipato alla raccolta “I bambini si raccontano – racconti, fiabe e filastrocche” (edizioni Giopes 2010); al saggio “Uguali, diversi, normali – stereotipi, rappresentazioni e contro narrative del mondo rom in Italia, Spagna e Romania” (Castelvecchi 2014) e “Romanipè 2.0 – 99 domande sulla popolazione Romanì” a cura della fondazione Romanì Italia (Futura edizioni 2014); “Rappresentazioni sociali del romanès” – Un’inchiesta sulla lingua dei rom e dei sinti d’Italia” (Aracne editrice 2016); “Il Mio Nome è Rom – Tre Storie di Donne” (2014), di Piero D’Onofrio e “Fuori campo, storie di rom nell’Italia di oggi” (2014) di Sergio Panariello.
Fiore non è il primo della comunità cosentina a laurearsi; ed altri lo seguiranno a breve. Ma è certamente tra i primi, insieme agli altri attivisti dell’associazione Lav Romanò, Come Luigi Bevilacqua ed Enzo Abbruzzese ad invertire la secolare tendenza dei rom italiani a rimuovere o comunque a nascondere i segni esteriori della propria identità per sottrarsi, giustamente, a secoli di discriminazioni e pregiudizi. Fiore è orgoglioso delle sue origini: le riscopre, le rivendica e le condivide. Perché si tratta di un’affascinante e antica cultura che nulla o poco ha a che fare con la rappresentazione distorta che gli “altri” hanno fatto di quelli che chiamiamo spesso “zingari” (anche se a Fiore questo nome non dispiace) o, con più romanticismo ma sempre con scarsa aderenza alla realtà, il “popolo del vento”.
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