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Nel Premio Nobel per la pace vinto da Memorial c’è anche un po’ di Unical. Il prof dell’ateneo cosentino, Marco Clementi, nel comitato scientifico dell’ong russa
COSENZA – C’è un po’ di UniCal nel Premio Nobel per la pace 2022. Il professor Marco Clementi, che insegna Storia delle relazioni internazionali all’ateneo cosentino, ha fatto parte per una decina d’anni del comitato scientifico di Memorial, ong russa per i diritti umani, premiata insieme all’attivista bielorusso Ales Bialiatski e all’organizzazione ucraina Centro per le libertà civili.
Romano, 57 anni, metà dei quali vissuti in Russia, nell’ambito dell’attività svolta per Memorial portò la presidente dell’associazione, Irina Frige, all’UniCal, nel 2007, per un convegno. Su sua proposta UniCal ha finanziato due pubblicazioni, in lingua russa, in occasione del decennale dell’attività.
La storia dell’ong russa Memorial premiata con il Nobel per la pace
Istituita nel 1987 da attivisti in Unione sovietica che volevano assicurare che le vittime delle oppressioni del regime comunista non fossero dimenticate, fra i fondatori ci sono Andrei Sakharov e Svetlana Gannuchkina.
Dopo il crollo dell’Urss, Memorial si è consolidata come la principale organizzazione per la difesa dei diritti umani in Russia, essendo ritenuta la fonte più autorevole di informazioni sui prigionieri politici. Nelle ore successive al conferimento del Premio gli uffici di Mosca dell’associazione sono stati posti sotto sequestro. Fino al 2018, del comitato di San Pietroburgo ha fatto parte lo storico che insegna all’UniCal.
Nel 2012 fu lui a ritirare il Premio Index per la libertà d’espressione consegnato proprio al comitato di San Pietroburgo di Memorial. Nello stesso anno fu arrestato durante una manifestazione di protesta per la rielezione di Eltsin. Ha insegnato anche Storia e istituzioni dell’Europa orientale ad UniCal e i suoi studenti si sono spesso interfacciati con Memorial. Nell’aprile scorso, hanno seguito a distanza il convegno annuale. Ovviamente in russo.
L’intervista al prof Unical Clementi, storico dell’ong Memorial Nobel per la pace
Professor Clementi, lo sente un po’ suo il Nobel?
«Lo sento come il Premio della mia organizzazione. Eravamo già stati candidati in passato, la proclamazione è arrivata quando forse non ci speravamo più. Certo, lo sento anche un po’ mio».
Che significato ha il Nobel a Memorial?
«Ha un significato straordinario. Anche perché arriva nell’anniversario della morte di Anna Politkovskaia, la giornalista uccisa il 7 ottobre del 2006 a Mosca. Lavorava per la Novaja Gazeta il cui direttore era Dmitrij Muratov, che ebbe il Nobel per la pace lo scorso anno. Il riconoscimento a Memorial si muove nella stessa direzione, va a quello stesso ambiente che crede nei valori della democrazia e della libertà in Russia».
Putin ha dichiarato come “agente straniero” Memorial e poi l’ha costretta a chiudere. UniCal ha finanziato pubblicazioni di Memorial quindi è come se fosse anch’essa sgradita al regime. Che rapporto c’è tra Memorial e la Calabria?I
«Su mia proposta UniCal finanziò due volumi, Biografie del Ventesimo secolo e Diritto al nome. Era l’antologia di dieci anni di attività. Sono volumi in russo da me curati. Nel corso di questi anni il comitato di San Pietroburgo di Memorial ha realizzato una serie di convegni sul tema del recupero del nome delle vittime del terrore staliniano. Ci siamo occupati di ricostruire le biografie degli scomparsi negli anni dello stalinismo. I fascicoli erano secretati. È stata un’attività molto vasta. Qualche copia dei volumi c’è ancora in Dipartimento (il dipartimento di Scienze politiche e sociali, ndr)».
Come è organizzata Memorial?
«Sorge in diverse città della Russia, ogni sede ha un proprio direttore e comitato scientifico. In genere è attiva nei luoghi in cui sono esistiti gulag o comunque vi è stata una forte repressione negli anni Trenta. Ci siamo occupati di mettere a posto gli archivi di pubblicazioni illegali che circolavano negli anni della censura, fino alla Perestroika. Quando cadde la censura il fenomeno venne meno.A San Pietroburgo abbiamo riordinato l’archivio privato di un dissidente che ha lasciato un’enorme eredità di pubblicazioni».
LA STORIA DI MARCO CLEMENTI
Parliamo delle sue origini…
«I miei nonni sono del Donbass, della cittadina che oggi si chiama Jenakijeve, mia nonna si chiama Janina, mio nonno Victor. Il mio bisnonno Anton fu represso, fu ucciso nel 1937. Durante la seconda guerra mondiale mia nonna riparò come profuga in Italia, venne riconosciuta rifugiata politica e divenne italiana in seguito al matrimonio con mio padre».
La sua famiglia vive a Roma. Cosa è cambiato per lei e la sua famiglia dopo il conflitto?
«Attualmente ospitiamo a Roma una famiglia di profughi ucraini che non conoscevamo. Ed è stato come se si chiudesse un cerchio per mia madre profuga, che ha 80 anni e ora ospita una famiglia di profughi, in cui ci sono bimbi di otto e undici anni. La storia si ripete, ma è una storia che non finisce mai».
All’Unical al via i convegni sul tema “Guerra e pace”
L’intervista finisce qua. Da lunedì nell’ateneo cosentino prende il via una serie di convegni sul tema “Guerra e pace” in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico del dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’UniCal. Si parlerà, tra l’altro, del linguaggio della guerra nella Russia di Putin, del ritorno dei conflitti nella società globale e di costruzione della pace. Ma forse c’è stata una svista, perché tra i relatori non figura proprio Clementi, che all’UniCal ha insegnato Storia dell’Europa orientale e ora insegna Storia delle relazioni internazionali e tiene un corso specialistico sui conflitti. Ed è stato nel comitato scientifico di una ong insignita del Premio Nobel per la pace.
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