Papas Pietro Lanza
2 minuti per la letturaIntervista a Papas Pietro Lanza che ha innescato la polemica sul nuovo panino di Mi ‘ndujo chiamato “u ghiegghiu” ad indicare l’Arberia
COSENZA – «Non possiamo avere un panino denominato “u ghiegghiu”. È semplicemente offensivo. Eleviamo la nostra protesta e chiediamo a chi ha avuto l’infelice idea di ritirarla». Papas Pietro Lanza non ci sta. E affida a Facebook la sua riflessione, che poi suona come un invito rivolto all’intera comunità arbëreshe a supportarlo in questa “battaglia” semantica contro una delle più note catene gastronomiche calabresi: Mi ‘ndujo.
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A meno di ventiquattro ore dalle celebrazioni dei 555 anni dalla morte del patriota Giorgio Castriota Skanderberg, il protosincello dell’Eparchia di Lungro affida al “Quotidiano del Sud” le sue “ragioni”, spiegando per quali motivi si augura che la rete di street food a chilometro zero ritorni presto sui suoi passi e cambi denominazione al nuovo prodotto lanciato sul mercato.
Papas, il suo messaggio sui social sta rimbalzando di bacheca in bacheca. È una polemica seria? O figlia dell’era della suscettibilità?
«Sono assolutamente serio. L’identità della comunità arbëreshe non si può racchiudere in un panino e in un termine che è sempre stato usato in maniera dispregiativa. Noi siamo arbëreshe, non “ghiegghi”. Non siamo un gioco. Tra l’altro “ghiegghiu” è un termine che si usava in passato, oggi ci sono tutti gli strumenti per capire chi sono gli arbëreshe e, ancora, per capire che gli arbëreshe sono i calabresi».
U GHIEGGHIU, PAPAS E IL PATRIMONIO CULTURALE DELL’ARBERIA
Ma, in particolare, cosa significa “U ghiegghiu”?
«L’Albania era divisa in due regioni, quella del nord e quella del sud. Con “ghiegghio” si soleva identificare l’abitante della parte settentrionale del territorio. Certo, qualcuno sostiene pure che sia l’accezione linguistica per esortare ad ascoltare. Non ci sono però studi a supporto di quest’ultima tesi. A ogni modo, ribadisco, la parola è offensiva e non dà l’idea dell’integrazione avvenuta, nonché di quel patrimonio culturale che è l’Arberia. Noi non siamo le briciole di un panino».
Per caso ha avuto modo di interagire con la catena gastronomica per illustrare le sue ragioni? O, più semplicemente, per raccontare di quel micro-mondo fatto di Madonne odigitrie, icone bizantine, nenie di pastori che, oggi, sempre più vanno preservate?
«No. Ma se avessi la possibilità chiederei quali siano gli ingredienti distintivi del panino “ghiegghiu”. Non abbiamo prodotti tipici, i nostri prodotti tipici sono quelli calabresi e la nostra integrazione è avvenuta a livello culturale, non per l’appunto su quello gastronomico».
Lei ha parlato di integrazione tra comunità. Cosa pensa del progetto del governo nazionale sull’autonomia differenziata?
«Non ne riscontro aspetti positivi. Bisognerebbe unire, non dividere. Crescere insieme, realizzare una progettualità condivisa».
Un’ultima domanda, Papas. Se le chiedessero di assaggiare il panino “ghiegghiu” cosa farebbe?
«Lo assaggerei, a patto che si chiamasse panino arbëreshe. Ci vuole rispetto».
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