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Nel 1982 arriva Naranjito dalla Spagna per omaggiare il suo prodotto tipico, l’arancia: magliettina rossa e pallone in mano non ha portato fortuna ai padroni di casa. Quattro anni dopo è l’anno di Piqué e ci si trasferisce in Messico: un peperoncino verde con sombrero e lunghi baffoni. Nel 1990 si torna in Italia con il “Ciao” bastoncini tricolore con testa di pallone, forse la mascotte più criticata ma anche la più riconoscibile. Con un salto avanti si arriva 2002 con il trio Ato, Kaz e Nik ai tempi della Corea e del Giappone in stile film d’animazione. Nel 2010 Zakumi è la mascotte di Sudafrica: è un leopardo africano verde e giallo con una t-shirt con su scritto il nome della manifestazione. Il nome deriva da Za (acronimo di Sud Africa) e Kumi, parola che indica il numero 10. E arriviamo a oggi: il Brasile ha scelto l’armadillo non solo per il fatto che si raggomitola a palla, ma anche per fare luce sul suo rischio estinzione. Il nome della mascotte Fuleco deriva dalla contrazione delle parole futebol (calcio) ed ecologia. Qual è la mascotte che considerate meno riuscita? Ditecelo sul nostro sito www.ilquotidianodellacalabria.it.
Tra simboli e mascotte, c’è chi il Mondiale dell’82 non l’ha vissuto, perché sarebbe nato qualche mese dopo. Eppure potrebbe raccontare anche il suo aneddoto sull’avventura dei ragazzi di Bearzot, perché la mamma giura di averlo sentito scalciare nella pancia alle reti degli Azzurri. C’è chi ha cullato per tante notti magiche, nell’estate italiana del ‘90, il sogno mondiale e quando lo ha visto infrangersi in semifinale, ai rigori, ha capito che la canzone dell’anno non poteva che essere “Disperato” di Masini. I rigori, già, la maledizione dell’Italia. Almeno fino ai Mondiali del 2006. Intanto, però, quattro anni dopo Italia ‘90, è sempre sul dischetto che sfumano le speranze degli azzurri e si versano lacrime amare. Chi non ricorda Usa ‘94? L’inizio tutto in salita (come nella nostra migliore tradizione), la ripresa trascinata da Baggio (o solo Roberto, con l’inconfondibile erre di Bruno Pizzul), l’infortunio del “divin codino”, il ritorno insperato seppur malconcio per la finale e quel rigore calciato alto sulla traversa, che oggi diventa caricatura nello spot di un marchio di birra brasiliana.
Quello del 2002 è un Mondiale ancora più amaro, che termina agli ottavi per mano della Corea del Sud e con l’incubo di Byron Moreno. Per gioire di nuovo, dopo Spagna ‘82, bisogna aspettare il cielo azzurro sopra Berlino del 9 luglio 2006 e la vittoria contro la Francia, con i temuti rigori che questa volta non si traducono in una beffa per l’Italia. Del 2010 è meglio ricordare solo le fastidiose vuvuzela. Ciascuno di noi ha il suo Mondiale e la sua partita del cuore. Francesco Piccolo, finalista allo Strega, ne “Il desiderio di essere come tutti” racconta anche di essere diventato comunista al settantottesimo minuto di Germania Ovest – Germania Est. Il Quotidiano, mentre l’Italia si prepara a scendere in campo contro l’Inghilterra per il suo esordio in Brasile, vuole raccontare le vostre notti magiche. Quando avete gioito, imprecato, esultato o pianto, seguendo la nazionale.
Perché è vero che Spagna ‘82 negli amarcord va per la maggiore, ma è vero anche che una scottante delusione è difficile da cancellare. Mandate allora un breve ricordo (e se volete anche una foto) dei vostri Mondiali all’indirizzo ilquotidiano.cs@finedit.com. Lo pubblicheremo accompagnando l’avventura dell’Italia di Prandelli in Brasile.
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