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UNA vita piena di sliding doors. Marco Taranto le ha imboccate tutte, alcune per caso altre per precisa scelta e ora è in gara a Project Runway, in onda ogni mercoledì sera su Foxlife, come uno degli stilisti più promettenti di questa edizione, sotto gli occhi di ghiaccio della Herzigova. Marco sa già come andrà a finire, dato che il programma è stato registrato a febbraio, ma ha la bocca cucita.
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Si lascia invece andare alle confessioni sulla sua vita privata, la sua infanzia ad Acri con i nonni, la difficoltà di dichiarare la propria omosessualità in un ambiente di provincia, la scoperta del mondo del ballo e della moda.
Partiamo dall’inizio. Hai vissuto l’infanzia con i tuoi nonni, ma i tuoi genitori dove sono?
«Io sono nato in Germania, all’età di tre anni ho avuto una seria forma di asma per cui mi hanno imposto di andare a vivere o in una zona di mare o di montagna. E così i miei nonni Rosa e Salvatore hanno deciso di tornare al loro paese originario, Acri e di portarmi con loro. Nel frattempo i miei si erano separati e sono rimasti lì. Ho fatto tutte le scuole ad Acri, fino all’università: mamma avrebbe voluto che io facessi l’avvocato, mio padre non lo sento mai. Ma non faceva per me. Mi sono iscritto al Dams e studiavo all’Accademia di moda».
Ma tu spiavi le creazioni della nonna che era sarta?
«No, lei non mi faceva mai vedere quello che faceva. Al contrario mi diceva che se davvero avessi voluto fare questo mestiere, avrei dovuto studiare in Accademia. E forse anche questa curiosità che lei ha acceso in me, mi ha convinto ad intraprendere questo mestiere»Hai vinto anche uno dei tuoi primi concorsi a Moda Movie, a Cosenza.«Sì, poi altre affermazioni le ho avute oltre che in Italia a Berlino e in Cina».
Che esperienza è stata quella di Project Runaway?
«Il programma mi è servito molto di più che fare anni di gavetta. Ho avuto la possibilità di confezionare con le mie mani un abito a settimana e di toccare con mano tutte le fasi del lavoro. Mi ha fatto crescere molto anche la questione del tempo, della velocità che in questo programma è determinante».
Qual è il tuo stile?
«Tutto ciò che guardo, lo trasformo nella mia mente. Mi ispiro al mondo della chiesa, è uno dei misteri che mi fa viaggiare con la mente. Che può essere un viaggio sia blasfemo che spirituale. Non sono praticante, comunque. La mia è un’ispirazione estetica».Ma è il solo mondo al quale ti ispiri?«No, in passato mi sono ispirato a Mozart e al mondo della musica classica, poi ho aperto altri capitoli».
E il prossimo?
«Parte da un uomo black block ma che è distruttore di un’umanità che non gli piace, ma per crearne uno nuovo. Fino a poco tempo fa amavo vestire le donne, mentre ora sto esplorando l’universo maschile, trasferendo su di lui anche concetti della moda femminile con l’abito a sirena».
Non credi sia troppo audace, chi porterebbe mai questi abiti?
«Potrebbero essere personaggi del mondo dello spettacolo, ma tutto passa dal costume. Nelle epoche passate era l’uomo a portare le tuniche, il mantello e poi si sono diventati capi femminili»
E tu li indossi senza problemi?
«Certo, ma quando abitavo in Calabria il mio stile faceva molto parlare».
E la cosa ti faceva male?
«Mi davano della femminuccia, del gay, un po’ me la prendevo, ma quando ho capito di essere davvero gay mi sono sentito libero».
Hai avuto problemi a dichiararlo?
«Per me è stato molto più facile dirlo ai miei nonni che agli amici. Persone di 60 anni che ti dicono “a me non interessa la tua sessualità, ma ti voglio bene per come sei” è una delle conquiste più belle che puoi avere nella vita».
Attualmente sei fidanzato?
«Lo ero. Una storia che è durata 4 anni e mezzo. Ora non più. Ma ora è una delle mie ultime preoccupazioni…».
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