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COSENZA – Lo scorso anno lo slogan recitava: “Il teatro Rendano torna ad essere il teatro Rendano”. Oggi ci si chiede ancora quando quella promessa verrà mantenuta. Un teatro di tradizione, per definizione ministeriale, con un’etichetta che appartiene a quelli storici che programmano la lirica. Ma la lirica, si sa, costa. Specie se gli allestimenti sono seri e non “omaggi a”, “recital” o “gran galà”. Motivo per cui da più di un paio d’anni di opere memorabili i cosentini non ne ricordano più. Ma il Rendano è anche la grande prosa, la tradizionale e classica, da Eduardo a Medea, da Goldoni a Pirandello, con esperimenti di moderna e contemporanea. 

Quest’anno il teatro non ha ancora presentato la sua programmazione, e in bilancio i fondi sono sempre più risicati. La direzione artistica di Isabel Russinova è agli sgoccioli e per il terzo anno si annuncia una nuova gestione (il primo anno il sindaco Mario Occhiuto chiamò il compositore Albino Taggeo). Per il momento lo storico teatro, 800 posti, è popolato da spettacoli estemporanei, arricchito dai bambini delle scuole per le rassegne di teatro per ragazzi, o da esibizioni di musica classica e da corali, persino da master class di tango. Di tutto un po’. Ma della stagione canonica, finora, nessuna notizia. E siamo a dicembre. 
Certo, Cosenza è la città calabrese dei teatri per eccellenza. Se ne contano, solo nell’area urbana una decina che, con grandi sforzi di impegno da parte di compagnie, sempre giocando in equilibrio sul filo dei costi da coprire e dai bandi a cui attingere, offrono a una buona fetta di spettatori la possibilità di andare a teatro. Una fetta di pubblico, però, abbastanza settorializzata, che orbita proprio nell’area di quelle compagnie o di quei filoni di teatro contemporaneo e che raramente riesce ad intercettare il grande pubblico. Quello zoccolo duro di spettatori che ancora non riesce a rinunciare all’idea della prima al teatro, fatta anche di riti mondani, di abbonamenti in platea che si rinnovavano di anno in anno, sempre gli stessi posti, sempre con lo stesso circolo di persone. 
Certo un pubblico più agée, ma anche più agiato, pronto ad investire in cultura o nel prezzo di un biglietto pur di trovarsi in prima fila nel teatro più bello e più antico della città. Ma ormai sono più di sette anni che la lirica di qualità non risuona in platea. E il ruolo di centralità del Rendano sembra essere assorbito da tutto quel circuito di teatri che girano nell’orbita dell’area urbana. Un paio di anni fa, addirittura, il primato fu minato da un cinema, il Garden di Rende, che offrì il suo palco per le stagioni del Teatro stabile di Calabria. Furono un successo, tanto che l’emigrazione degli abbonati dal Rendano al Garden fu palpabile nei numeri. Quelli dello Stabile furono accusati di aver allestito cartelloni popolari, per palati di bocca buona ma i numeri diedero ragione Gleijeses e alla sua organizzazione che si trasferì per un anno al teatro Auditorium dell’Unical. Poi più niente. Ora Occhiuto sta mettendo in piedi un coordinamento proprio con l’Unical per risollevare le sorti del Rendano. Il pubblico, o quel che ne resta, attende.
 
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