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QUELLO di Lea Garofalo è stato uno dei volti simbolo della giornata internazionale contro il femminicidio. Una donna uccisa due volte, come ha detto la presidente della Camera Laura Boldrini, “vittima di femminicidio e di ‘ndrangheta”. Un volto abbinato al rosso scelto come colore predominante lungo le strade e le piazze della Calabria. Tra convegni ed incontri, manifestazioni e scioperi, documenti e cortei. Ogni istante di questa giornata è diventato donna, nella sua accezione più pura del termine, con tante pause di riflessione. Deve essere stato così anche per Denise Garofalo, la figlia di Lea che oggi ha incontrato il presidente Boldrini. L’incontro, a 4 anni esatti dall’uccisione di Lea Garofalo, si è tenuto nello studio del presidente della Camera, alla presenza di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera. “Lea è stata uccisa perchè si era ribellata”, spiega Boldrini, “Denise è una donna in gamba, coraggiosa, porta con sè il peso e l’eredita della madre”. Un appuntamento riservato, poiché Denise, che ha denunciato il padre per l’omicidio della madre, vive ora sotto scorta. Una vita sotto protezione che però non è garantita a chi non è collaboratore o testimone di giustizia, ma comunque vuole uscire dal circuito della mafia e dello sfruttamento. “Questa giornata deve graffiare le coscienze”, sottolinea don Ciotti che si appella alla presidente Boldrini affinché “il parlamento si faccia carico di una proposta di legge, la legge Lea Garofalo, che estenda misure come il cambio di nome anche a chi non sia direttamente implicato nei delitti”. 

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Anche a Petilia Policastro, paese di natio di Lea, è stata la giornata della riflessione. Davanti al Comune è stata affissa la targa contro la ‘ndrangheta. Proprio lì, nel centro dell’entroterra Crotonese dove Lea è cresciuta, ha sognato la vita di donna, moglie e madre, ma da dove è partita per andare incontro alla morte. In serata le strade di Petilia sono state illuminate dalle fiaccole, nel tentativo di squarciare il buio pesto che avvolge e protegge la ‘ndrangheta. Le stesse fiaccole accese a Catanzaro, insieme a convegni, mostre e incontri. In piazza Prefettura è stata la Cgil a chiamare a raccolta tutti con l’obiettivo, ha detto Ernesta Taverniti, dirigente del sindacato, “di lanciare un appello anche sulla condizione delle donne nel mondo del lavoro”.

E poi Reggio Calabria, dove si sono ritrovate associazioni quali il Coordinamento 25 Novembre, Snoq, comitato Arcigay “i due mari”, Jineca – percorsi femminili, Il Bak, Snap, Centro antiviolenza “Margherita”, Energia Pulita, Fipav, Meetup Movimento 5S Rc Città Metropolitana e Associazione culturale “Due Sicilie”. L’atmosfera tra le scale del teatro Cilea e Piazza Italia (GUARDA LE FOTO) è stata quella di una festa, non di una commemorazione, con la novità di uno stop di 15 minuti dal lavoro anche casalingo per dire basta alla violenza. 

Anche a Cosenza la riflessione segnata dal colore rosso ha aperto incontri ed iniziative. A Castrolibero è stato allestito un cartellone con tre eventi rigorosamente in rosa per sensibilizzare la popolazione a questo tema. Nell’aula magna del Polo scolastico è andato in scena un recital dal titolo “Donne mie” a cura della compagnia Lalineasottile. 

Al rosso della giornata internazionale si è aggiunto anche il colore delle clementine, così come voluto da Confagricoltura Donna che ha proposto proprio il frutto calabrese come simbolo dell’anti violenza di genere. Un’idea segnata anche qui da un nome, quello di Fabiana Luzzi, la giovane studentessa di Corigliano Calabro, massacrata, in un agrumeto della cittadina ionica”. Le clementine anti violenza offerte dalle imprenditrici di Confagricoltura Donna Calabria sono in piazza, con le rispettive associazioni femminili di Confagricoltura, ad Asti, Bologna, Borghetto Santo Spirito (SV) e Cosenza ed il ricavato della vendita andrà a locali associazioni antiviolenza, raggruppate dal movimento Di.Re, donne in rete.
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