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SE il fango di Sibari è stato un penoso simbolo dell’insipienza e dell’irresponsabilità dei pubblici amministratori, c’è un altro fango, non materiale ma altrettanto esemplare, che non va sottaciuto e che spiega meglio di qualsiasi inchiesta i motivi della deriva soporificamente autodisfattista di questa regione. Parlo, con il rispetto profondo di un non credente per chi ha fede, del disinteresse per il santo che rappresenta la Calabria e che è conosciuto e onorato in ogni angolo del pianeta. Mestamente, senza clamori, il cinquecentenario sta passando sulla storia calabrese come pioggia sui vetri. Silenziosamente come quando è iniziato, distrattamente come si sta svolgendo, monotonamente come si preannuncia la sua conclusione il prossimo 27 marzo 2016, seicentenario della nascita. Poteva, forse potrebbe ancora, essere un momento di straordinaria attività, di iniziative, di celebrazioni, di eventi, di attrattiva per i fedeli calabresi, italiani e di tutto il mondo. Invece, nulla o quasi. 

Prendete oggi, domenica 7 luglio. Ce lo ricorda padre Rocco Benvenuto, il rettore della Basilica di Paola, nell’articolo che potete leggere in queste pagine: sono cinquecento anni dalla beatificazione. Una delle date cruciali dell’itinerario del santo, che viene ricordata esclusivamente con iniziative di carattere religioso, in assenza totale di qualsiasi attività civile. Perché accade questo? E perché accade solo qui? Per anni, quando lavoravo al Mattino, ho seguito per quel giornale tutte le iniziative che riguardavano Padre Pio. Ero di casa a San Giovanni Rotondo, dalla più vicina Pietrelcina andavo e tornavo spesso. Allora, soprattutto quando ero sulla rossa e aspra montagna del Gargano, scrivevo articoli sui “miracoli” delle fede, che scorrevano copiosamente davanti ai miei occhi, ma anche sull’eccesso di turismo religioso che rischiava di snaturare il sapore autentico della missione del frate di Pietrelcina, con tratti di vera e propria commercializzazione. 
Mi confortai quando sentii le stesse preoccupazioni dalla voce di Renzo Piano nel giorno dell’inaugurazione della nuova chiesa, che oggi ospita le spoglie del santo. Troppo cemento per alberghi e case a San Giovanni Rotondo, i luoghi del santo risultavano e risultano oppressi da un’attività edilizia e commerciale che ne viola il carattere religioso. Ma gli amministratori e gli operatori economici pugliesi non si preoccupavano di questo perché erano consapevoli del valore strategico che quella presenza spirituale poteva avere sull’economia della zona. E hanno fatto i loro conti sui milioni di pellegrini che avrebbero riempito alberghi, case, ristoranti e negozi. Lo ricordo per rimarcare come qui accada esattamente il contrario. Il troppo si confronta con il nulla, o quasi. Ci dovrebbe essere sempre una via di mezzo. Ma i “tesori”, di cui la Calabria dispone per doni della natura e per le gesta di tanti suoi figli, sono generalmente dimenticati se non sciupati e feriti. Accade a Sibari con la storia che viene ricoperta dalla melma, succede nel mare che, una volta pulito, ora è deturpato quasi permanentemente (anche quest’anno, sebbene, per carità di patria e di turismo se ne parla poco) da una schiumetta che la natura non contemplava, si verifica nelle condizioni del territorio poco curato e sottoposto ad un inarrestabile dissesto idrogeologico. 
Si potrebbe continuare, ma una preghiera – è il caso di dire – vogliamo farla a chi ha responsabilità per operare: almeno per l’Eremita di Paola abbiate un po’ di rispetto e di riguardo! Fatelo in virtù delle fede che dite di professare, se non riuscite a trovare altre motivazioni! Ci sono meno di tre anni ancora per il termine dell’irripetibile anniversario. Si cerchi di recuperare il tempo perduto e si metta in piedi un programma che serva a onorare il Paolano e che riconcili anche la Calabria con il resto del mondo su un piano di cose belle e positive, di cui menar vanto al contrario di quelle di cui ci si vergogna e che sono sulla bocca e nella mente di tutti. L’altra sera – passiamo così dal sacro al profano – Sorrento ha celebrato in una memorabile serata televisiva il grande Caruso. Possibile che non si possa fare qualcosa di altrettanto importante per san Francesco? 
Intanto, una cosa da fare subito. Lo svincolo di Paola, che servirà per snellire il traffico sulla statale 18 ma che servirà anche il santuario, è un cantiere infinito. Il contatore quotidiano, che pubblichiamo nelle pagine della cronaca di Cosenza, oggi segna 1.253 giorni da quando sono iniziati i lavori. L’amministratore unico dell’Anas, Pietro Ciucci, che va e viene dalla Calabria, dovrebbe vergognarsi di un simile ritardo, perfino più odioso rispetto a quelli, in qualche modo giustificati dalla complessità delle opere, per l’ammodernamento dell’A3. Forse ci vorrebbe un miracolo. Ci vorrebbe l’intervento del santo. Ma lui, secondo me, se la ride e un po’ compiange, conoscendoli, i suoi conterranei.
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