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COSENZA – “Suicide Tuesday” è il titolo scelto da uno scrittore esordiente calabrese, Francesco Leto, nato trent’anni fa a Cirò Marina, per il suo libro d’esordio. Un primo lavoro nato dopo anni di incertezza e di autocritica su se stesso, dopo aver studiato all’estero e aver cercato altrove il suo futuro. Ma poi è arrivata l’illuminazione di un romanzo “che mi ha cercato” racconta Leto e che ora lo sta conducendo per mano fino al premio Strega, grazie alla segnalazione della sua casa editrice, la Giulio Perrone editore. Un esordio con il botto per un libro appena uscito: una candidatura eccellente e un romanzo già molto consigliato dal passaparola su internet. «Quando l’editore ha deciso di pubblicare questo libro non c’erano progetti così importanti, ma dobbiamo essere prudenti perché si tratta ancora di una candidatura probabile» Il romanzo parla di tre protagonisti le cui vite si intrecciano e la cui parola chiave è “La morte è una parola”. 

Come nasce questa idea narrativa? 
«Non saprei spiegare come nascono le storie che uno racconta. E’ un po’ come spiegare perché ti innamori di una persona, è un po’ un’alchimia, un’esperienza quasi mistica. Il mio interesse era quello di esplorare la natura umana. La letteratura per me non ha una funzione pedagogica, cioè non insegna niente a nessuno e soprattutto. Io mi lascio trasportare e ci metto dentro un aspetto del mio carattere, che è il romanticismo. La frammentarietà del libro, le tre storie separate, riflettono la necessità di scrivere un romanzo cubista. Ma nelle storie di questi tre protagonisti ci sono anche diversi riferimenti miei letterari. La difficoltà nello scrivere è stata soprattutto quella finale, cioè di rendere il libro linguisticamente fruibile. Ad esempio il fatto di scrivere in prima persona per tutti e tre i personaggi è stato complicato perché ogni “io” ha evidentemente un registro linguistico diverso, per cui alla fine ho dovuto comporre il mosaico. Lo definirei un tentativo temerario perché o riusciva bene o sarebbe stato un disastro». 
Finora le aspettative non sono andate deluse. Tra l’altro lei ha realizzato un book trailer molto suggestivo utilizzando un brano di Ornella Vanoni che ho scoperto essere anche una sua fan… 
«Ho conosciuto la Vanoni molti anni fa alla presentazione di una biografia su una cantante. Ed è nata un’amicizia, tanto che lei ha anche coniato un soprannome per me, ossia “Caetanino” perché quando ci siamo incontrati la prima volta lei mi aveva scambiato per Caetano Veloso. La cosa è continuata e ogni volta che ci siamo incontrati ormai mi aveva classificato come Caetanino. Quando poi durante un viaggio in Brasile altre persone hanno confermato questa somiglianza, allora ho deciso di adottare il soprannome con molta simpatia». 
Dove vivi attualmente? 
«A Bologna» 
E l’idea di tornare in Calabria non ti sfiora? 
«Sì, d’estate al mare di Cirò che è il posto più bello che ci sia. La mia famiglia vive a Cirò marina, mio padre, mia madre, una delle mie sorelle, cugini, zii. Ma per rispondere in maniera seria alla sua domanda, lo farò facendo ricorso ad una parte in un romanzo che amo molto che è “L’isola di Arturo” di Elsa Morante quando parla dei meticci. La Morante scrive che il meticcio è colui che sente la nostalgia di casa quando è lontano da casa e sente la nostalgia del mondo quando è a casa. Ecco, io mi sento proprio così». 
Al di là delle vacanze estive, tornerà in Calabria per farti conoscere in veste di scrittore? 
«Farò una prima presentazione del libro a Bologna il 23, poi andrò a Roma il 26 e a Milano. Poi in realtà le presentazioni nascono perché c’è qualcuno che ti chiama per farle, quindi sono sicuro che arriverò a farla anche nel mio paese e in altri posti in Calabria». 
E nel frattempo sta già lavorando ad un altro romanzo o si sta godendo l’onda d’urto di questo debutto? 
«Questo per me è un inizio, non lo considero un risultato. Ovviamente mi fa molto piacere che sia partito tutto così, soprattutto per il passaparola che sto vedendo intorno al mio lavoro, perché al di là dei premi io mi auguro che il libro piaccia e che le persone lo consiglino perché questa è l’unica possibilità che un esordiente ha di affermarsi. Perché in realtà l’industria dell’editoria che è in profonda crisi, come il resto d’Italia, ha rispetto ad altri settori una caratteristica che è ancora di più invalidante, cioè il fatto che tutti scrivono e nessuno legge. Se si pensa anche solo alla città in cui uno vive quante persone vogliono scrivere poesie, racconti, romanzi e poi moltiplicarli per tutta l’Italia, l’offerta complessiva che si ha è enorme di fronte alla domanda è davvero scarsa». 
Allora come mai ha deciso di scrivere? 
«Io ho iniziato solo adesso, quindi tardi, perché ho avuto il buonsenso di mettermi lì e dire che forse non avevo niente di interessante da aggiungere alla letteratura. Ma poi questa storia mi ha inseguito e ho dovuto scriverla. Ma già adesso non riesco più a rileggerla perchè troverei molti errori e vorrei cambiarla di nuovo. Per me la letteratura è questa, è organizzazione di parole, non è niente altro che parole. Le storie vengono dopo». Vedremo se questa geometria di parole riuscirà a trovare posto tra i finalisti dello Strega che saranno annunciati tra poco meno di un mese. Quest’anno via twitter.
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