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CASTROLIBERO (CS) – La politica, per sua stessa ammissione, li usa in termini di rendita elettorale. L’opinione pubblica su di loro scarica agevolmente responsabilità perché «è più facile immaginare che il colpevole di una strage sia altro da noi». In mezzo i giornalisti che nelle cronache  sull’immigrazione devono imparare ad «allargare la lente». La pensa così Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati che ieri nella sede centrale del Quotidiano della Calabria a Castrolibero ha partecipato ad un seminario sulla Carta di Roma, il codice etico che deve guidare i giornalisti impegnati a raccontare le storie di immigrati, richiedenti asilo, rifugiati.

 

Non “clandestini”, termine usato con disinvoltura solo dalla stampa italiana come ha notato Valentina Loiero, presidente dell’associazione “Carta di Roma” e giornalista del Tg5.

 

«Non è un problema semantico. Si compie una scelta politica – ha spiegato la Boldrini alla platea di giornalisti, commentatori e ospiti del Quotidiano – quando si bolla un migrante come clandestino. È ovvio che un rifugiato, una persona che fugge da una guerra e da una persecuzione non abbia il tempo di portare con sé un documento. È ovvio che sia un clandestino: ma non può diventare uno stigma».

 

Allargare la lente significa quindi guardare la fotografia per intero, fermarsi a riflettere davanti alla tastiera, recuperare il senso critico. Quello che secondo la Boldrini è mancato nelle cronache degli sbarchi a Lampedusa. «Sembrava che l’Italia fosse sotto assedio. Sapete quante persone sono fuggite dalla Libia in guerra? Un milione e 300 mila. E sapete invece quante ne sono arrivate in Italia? Ventottomila. Certo, l’emergenza c’è stata ma solo perché gli immigrati non sono stati trasferiti subito da Lampedusa. È stata un’emergenza montata». I dati, a dispetto degli allarmi del precedente governo (quel «siamo stati lasciati soli» lanciato da Maroni all’Europa), dicono che si migra anche verso sud. «I rifugiati nel mondo sono 43 milioni. L’85 per cento vive nel Sud del mondo. Il più grande campo profughi è a Dadab, in Kenya, e ospita 500 mila persone. In Europa – ha continuato la Boldrini – i rifugiati sono 1 milione e 300 mila. In Italia sono meno di 60 mila: in Germania invece sono 600 mila e in Francia 200 mila. E siamo stati lasciati soli?».

 

Come comportarsi allora? «Con i ritmi frenetici del nostro lavoro c’è il rischio a volte di non fermarsi a pensare che dietro un migrante c’è la storia drammatica di chi non per scelta fugge dalla propria terra» ha detto il direttore del Quotidiano Matteo Cosenza, sottolineando l’importanza per la categoria di dotarsi di un codice etico. Per Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della stampa, il principio cardine resta il rispetto della verità sostanziale dei fatti, obbligo inderogabile per i giornalisti. I numeri anche qui sono impietosi. «Le statistiche dicono che il 60 per cento degli stupri avvengono tra le mura domestiche: gli aggressori quindi sono nostri connazionali. Dal racconto dei media invece emerge un rapporto inverso: in tre casi le violenze hanno per protagonisti degli stranieri e in un caso – ha detto Natale – un italiano. Qui viene meno il rispetto sostanziale dei fatti e si alimenta il razzismo».

In sala anche una delegazione di rifugiati e richiedenti asilo, ospitati nei centri di Rogliano e Amantea che hanno consegnato alla Boldrini un’accorata lettera sulle condizioni di «indifferenza e discriminazione» in cui vivono.

 

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