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L'ospedale di Trebisacce

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TREBISACCE, Praia a Mare, Cariati: li chiamano gli “ospedali sospesi”. Due con poderose sentenze che ne ordinano la riapertura, rimasti sostanzialmente sulla carta. Uno in attesa che qualcosa venga definitivamente deciso nelle stanze dei ministeri, che arrivi l’approvazione di un piano di riorganizzazione al momento sotto controllo ministeriale. In un questo brutale nodo burocratico ci sono finiti tre ospedali che nel lontanissimo 2010 venne deciso di riconvertire in case della salute. Ambulatori e nulla più. Paradossalmente due territori enormi, sul Tirreno Praia a Mare e nell’Alto Jonio Trebisacce, si sono trovati senza più punti di riferimento se non a chilometri di distanza. Al “centro” della Calabria Castrovillari, sulla costa ovest Cetraro, sulla est Corigliano-Rossano.

I posti letto “spariti” con uno schiocco di dita. I reparti ridimensionati silenziosamente a partire più o meno dal 2008. Quello che è rimasto è un grumo di servizi tenacemente tenuto in piedi da chi è rimasto. Nel frattempo è infuriata la battaglia. A colpi di sentenze (Trebisacce e Praia a Mare) e attraverso una battaglia popolare, occupazioni, proteste che hanno superato confini impossibili (vi ricordate Ken Loach e Roger Waters?). Tutto per un solo obiettivo: riaprire gli ospedali sospesi senza “orpelli” burocratici per depotenziarne gli effetti. Ospedali con Pronto soccorso, non “Case della salute”, “Ospedali di zona disagiata” con annessi “Punti di primo intervento”. E ci sono le sentenze a dimostrarlo, i commissari nominati che si sono succeduti per far “funzionare” queste sentenze. Riportare reparti per avviare i pronto soccorso: Chirurgia e Anestesia in prima istanza.

Tutto rimasto, appunto, sulla carta. Perché mancano i milioni, tanti, necessari a riparare ad un danno enorme. Basta vedere quello che fa l’Asp di Cosenza ogni tre mesi nei decreti di impignorabilità delle somme, altrimenti cannibalizzate dai creditori. Nella lista delle cifre da non toccare ci sono anche le risorse necessarie a riavviare i due presidi ospedalieri. E’ un gioco di specchi tra tre pezzi sovrapponibili: manager inconcludenti e inerzia assoluta e denari “introvabili”. Perché le sentenze, la prima nel 2014, dicevano chiaramente una cosa: 120 giorni di tempo per riportare Praia e Trebisacce ai livelli di prima.

Su Trebisacce il giudizio è stato durissimo. “Il deficit strutturale delle reti di trasporto nel territorio, l’orografia e i correlati tempi di accessibilità ai distretti di Corigliano Calabro e Rossano Calabro, prima ancora di quelli al centro Hub di Cosenza, rendono impossibile un efficace trattamento di una ‘emergenza sanitaria’ partendo da Trebisacce o dai Comuni del suo distretto” scrissero i giudici. Come dire: qua si rischia di morire e non c’è possibilità di trattamento. E la storia di questi anni lo ha dimostrato più volte. Centoventi giorni che sono diventati anni, ulteriori giudizi di “ottemperanza”, commissari ad acta nominati dai tribunali per mettere in piedi un piano di rinascita, riordino che obbligasse la Regione e i vari commissari ad acta che si sono succeduti nel tempo a rispettare quelle sentenze. Uno di questi, gioco del destino, fu Andrea Urbani, ex subcommissario nella lunga stagione di Massimo Scura, che nel 2016 confermò il depotenziamento dei tre presidi. In altre parole riportare posti letto, funzioni e un pronto soccorso lì dove l’intera popolazione non trova un appiglio.

Al momento Trebisacce per esempio è indicato come “Ospedale di zona disagiata”. Le poche funzioni che si trovano al suo interno sono un’estensione del presidio di Castrovillari, a quaranta chilometri di distanza. Praia a Mare invece è indicato ancora come “Capt”, una Casa della salute. L’ultima riforma della rete ospedaliera, firmata da Roberto Occhiuto, sulla carta ha restituito il maltolto agli ospedali sospesi. Praia ospedale generale, Trebisacce resta di “Zona disagiata”. Questioni di burocrazia, ancora una volta, legate come al solito alla quantità di popolazione coinvolta in un determinato territorio. Ci sono anche i decreti di riconversione ma la questione resta dura: non ci sono i denari. Il problema è anche che al momento l’intero piano risulta inefficace. La riprogrammazione della rete ospedaliera è ancora sotto valutazione da parte dei ministeri. Gli atti al momento sono da considerarsi inefficaci in attesa di una pronuncia. Procedura ancora avvolta in un silenzio di tomba. E intanto continuano a passare gli anni.

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