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La città unica occupa i ragionamenti dei cosentini divisi tra favorevoli e contrari. E c’è chi teme di perdere le proprie radici


La clessidra è, ormai, capovolta e il tempo pare scorrere in maniera frenetica. I cittadini di Cosenza, Rende e Castrolibero dovranno rispondere alla chiamata alle urne per il referendum consultivo riguardo la fusione dei tre comuni il 1° dicembre. Il dilemma «città unica: sì o no?» agita gli animi, stuzzica la curiosità ed è oggetto di diversi spunti di riflessione. Una sorta di processione partita da piazza Valdesi e terminata a piazza Bilotti ha diffuso la domanda tra i cosentini e ognuno di loro ha contribuito condividendo la sua opinione. Tra prospettive e sensibilità diverse, quella della città di Cosenza è una risposta eterogenea e dissonante. Prima di passare al vaglio i motivi del sì e del no, un importante dato di cui tenere conto è la presenza di diversi dubbi che si traducono da una parte in indecisione, dall’altra nell’astensionismo.

CITTÀ UNICA, I COSENTINI INDECISI

«Sono indeciso in quanto non ho ben chiari vantaggi e svantaggi di una presunta fusione» spiega il signor Carlo e continua: «Mi interesserebbe capire, soprattutto dal mio punto di vista di commerciante, che risultati economici trarremmo da un eventuale sì. Occorrerebbero delle iniziative di sensibilizzazione da entrambe le parti per far luce sulla questione» è la sua conclusione. Dello stesso parere è un’altra commerciante, Sandra: «Non posso trarre una conclusione appropriata se non ho informazioni adeguate. Mi interessa votare con cognizione per il bene della mia attività».

«NON ANDREMO A VOTARE»

Altri, invece, palesano più cinismo. È il caso di Francesco e del suo amico, già decisi a non andare a votare. Una decisione così drastica è guidata, oltre che dalla confusione in merito ai pro e i contro, anche dalla mancanza di fiducia nei confronti di un’iniziativa epocale. «I presupposti su cui è stato indetto il referendum (l’assenza del quorum e la mancata consultazione dei cittadini) parlano chiaro: le carte sul tavolo sono scoperte e la decisione è già presa. Mi sembra chiaro che un disegno del genere non prenda in considerazione il bene della collettività, ma serva a rafforzare gli interessi di alcuni» è ciò che pensa il signor Francesco. Il discorso è proseguito dal suo conversatore: «Che vinca il sì o il no, non ci sarà alcun guadagno per la gente comune, ma solo per le classi dirigenti», è la sua conclusione.

CITTÀ UNICA, I COSENTINI CHE TEMONO «GLI INTERESSI POLITICI»

La categoria degli indecisi e degli astenuti, il cui eco nell’area cosentina va per la maggiore, non è da sottovalutare. È pur vero che mancano ancora tre settimane alla votazione e c’è ancora tempo per informare e informarsi, ma, qualora il dato rimanesse uguale, il voto risulterà, in maniera inevitabile, condizionato da esso.
Esistono diversi punti di contatto tra i soggetti presi in esame in precedenza e i cittadini che sono per il «no»: in primis, il referendum sarebbe dettato da interessi politici più che dalla volontà di giovare ai tre comuni, in secondo luogo le amministrazioni attuali non sarebbero preparate a gestire una città “triplicata”.

CHI PAGA IL DISSESTO DEGLI ALTRI?

«In teoria sarebbe bello avere delle infrastrutture e delle politiche condivise, in pratica ci sono dei secondi fini di natura politica, ad esempio il tentativo di risanare i comuni in dissesto sulle spalle degli altri», è il commento del signor Marco, esponente del «no».
«Prima di pensare a un orizzonte così ampio si dovrebbe pensare a delle migliorie da apportare ai singoli comuni. Il centro storico di Cosenza, per esempio, è trasandato: perché non pensare a restaurare queste piccole aree prima? Unità vorrebbe dire più problemi a cui pensare in contemporanea e tanta confusione. È una prospettiva che contemplerei in futuro, non certo adesso» è quanto dice il giovanissimo Christian. Seduto davanti a lui c’è Francesco, amico, coetaneo e cittadino di Castrolibero, anche lui contrario all’unione. Dal confronto tra i due emergono altre due questioni significative: una città unica sarebbe sinonimo di inconciliabilità di visioni (differiscono quella dell’abitante del centro più piccolo da quella dell’abitante del più grande) e perdita della propria identità.

LE RADICI SONO IMPORTANTI

«Unire i tre comuni significherebbe perdere il legame con le proprie radici» concorda Alice, indicando il centro storico alle sue spalle e continua: «Il centro storico diventerebbe marginale e la nostra storia, già abbastanza trascurata, rischierebbe di cadere nell’oblio». Infine, l’ottimismo appartiene a un’altra buona parte degli abitanti di Cosenza. C’è chi vede un grande potenziale in questo piano. Ne sono un esempio Walter Sorrentino e Vincenzo Belmonte.

«La fusione è l’occasione per sprovincializzare i nostri centri e gettare le basi per la costruzione di una vera e propria metropoli» sostiene Walter. Vincenzo prosegue sulla stessa scia: «Unire le tre città vorrebbe dire avere una gestione politica unitaria e meglio gestita. Inoltre, sul piano economico ci sarebbe un incremento dei finanziamenti per migliorare strutture, trasporti e la qualità di vita dei cittadini. La nuova Cosenza potrebbe competere a livello nazionale e internazionale con le altre realtà e non avrebbe nulla da temere».
Lo stesso pensiero è abbracciato dal signor Piero: «Avere un’amministrazione unica sarebbe ottimo. Inoltre, il potenziamento del settore viabilità e trasporti avrebbe risvolti economici importanti in collaborazione col settore turistico e commerciale».

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